Guido Crosetto chiama alle armi: «Il mondo è cambiato. Serve una riserva militare italiana». Le notizie del giorno

Conte posticipa l'alleanza con il Pd. Pelosi evoca legami tra pro Palestina e Putin. L'Unrwa replica allo stop dei fondi: "Notizia shock". Zelensky: Europa sola contro Putin. I fatti da conoscere

Guido Crosetto: «Il mondo è cambiato. Serve una riserva militare italiana»
Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, in una intervista a La Stampa osserva che gli attacchi alle navi nel Mar Rosso non sono solo un'offensiva militare, ma un nuovo capitolo «di guerra ibrida». La decisione degli Houthi di non colpire le navi cinesi e russe di fatto «altera le regole del commercio mondiale». E quindi la missione europea è ancora più urgente «per gli interessi italiani». Il ministro spiega che «l'Italia manderà una nave nel Mar Rosso, che si aggiunge a quelle già presenti in zona per le altre missioni. Per andare più rapidi abbiamo trovato un accordo con Francia e Germania. Poi, però, per dei puri dettagli, si perdono settimane e ora non ce lo possiamo permettere».

Ha influito il fatto che la Spagna abbia frenato su un intervento europeo: «Quella del governo spagnolo è una diffidenza ideologica. (Il presidente del governo spagnolo Pedro) Sanchez ha fatto prevalere l'interesse dei suoi accordi politici su quelli della sicurezza internazionale». Crosetto si sofferma poi sull'aspetto più preoccupante di questa crisi: «C'è una guerra commerciale in atto che vuole alterare le regole globali. Le navi russe e cinesi non vengono attaccate e la cosa viene annunciata apertamente. Questo crea un disallineamento commerciale, perché le loro merci hanno costi di trasporto e di assicurazioni inferiori, cosa che si riflette sui prezzi. È una guerra che si innesca su un'altra guerra».

Quanto alle navi italiane: «Noi non possiamo bombardare, a meno che ci sia una risoluzione internazionale o la richiesta di un Paese amico. Possiamo rispondere agli attacchi, magari anche anticipandoli». Verrà coinvolto il Parlamento: «Di sicuro. Ci saranno delle comunicazioni o passaggi formali, a seconda della configurazione della missione, con un voto dell'Aula». Le azioni di Stati Uniti e Gran Bretagna stanno ottenendo risultati concreti: «Sì, ma non è facile: gli Houthi sono molto organizzati e non facili da sconfiggere. Io spero che passi il messaggio che siamo davanti a uno scenario nuovo, che ci riguarda da vicino e che ci dobbiamo attrezzare. Abbiamo costruito regole - argomenta il ministro - con l'idea di un mondo sempre pacifico, di nazioni che non invadono le altre, di guerre che non incidono sul benessere dei nostri cittadini. E invece ci ritroviamo in un mondo diverso, in cui gli attori che lo stanno destabilizzando, Iran, Russia e Corea del Nord, hanno una capacità produttiva militare superiore a quella della Nato».

Deve cambiare il ruolo delle forze armate italiane: «Sì, abbiamo trasformato le forze armate con l'idea che non ci fosse più bisogno di difendere il nostro territorio e che la pace fosse una conquista di fatto irreversibile. Le Forze armate, in questo quadro, al massimo partecipano a missioni di pace, senza arrivare a scontri veri e propri. Ora i recinti sono stati abbattuti, non ci sono più regole». Sono discorsi che generano allarme tra i cittadini ma «il ruolo del ministro della Difesa presuppone di prendere in considerazione gli scenari peggiori possibili». Come «doversi difendere sul proprio territorio. Altra cosa che va prevista è intervenire in Paesi lontani per difendere gli interessi italiani. So che è un discorso difficile da accettare perché tutti noi tendiamo a nasconderci in una confort zone». Per questo propone di creare una riserva militare: «Sì. Noi non vogliamo la guerra, i riservisti non servono per fare la guerra, ma per difendersi, in supporto alle forze armate regolari, e solo nel caso, poco probabile, di un attacco diretto. Non c'è una visione ideologica, ma pragmatica. Come in Svizzera che non partecipa a conflitti da secoli ma è pronta a difendersi». Si tratta «di volontari che, in caso di necessità, possono essere attivati per affiancare le forze armate. I militari dovranno specializzarsi sempre di più, ma poi serve un bacino più ampio», ha concluso Crosetto.

 

Giuseppe Conte: «Con il Pd non è ancora matura una forza alternativa di Governo»
Contro il governo «non c'è un'opposizione unica nella misura in cui non c'è un'alleanza, una federazione, tra M5S e Pd. Siamo due forze, quelle più consistenti in questo momento, che si iniziano a trovare su alcune battaglie importanti. C'è un percorso, c'è una traiettoria, non c'è domani mattina da offrire - e questo è anche positivo - un'alternativa di Governo. Abbiamo bisogno, lo diciamo chiaramente ai cittadini, di offrire un'alternativa di Governo credibile che significa che, se dovessimo avere questa investitura da parte dei cittadini, il giorno dopo dobbiamo sapere cosa fare e non possiamo litigare. Non possiamo fare come loro: una riforma a me, un'altra a te e la terza a te. Ci mettiamo d'accordo e sfasciamo l'Italia». Così Giuseppe Conte a Che tempo che fa su Nove. «Vorrei ricordare che quando c'è stato Draghi qualcuno l'ha detto anche "qui non andremo più alle elezioni e qui non serve votare". Comunque avremmo votato dopo 5 mesi. Quindi probabilmente la situazione sarebbe peggiorata. Il M5S con grande responsabilità ha sostenuto un Governo che nasceva come tecnico di un super-banchiere accreditato e prestigioso che non era di certo nelle nostre corde, ma l'abbiamo sostenuto per responsabilità politica. Poi è successo che su tanti passaggi, a partire dalla Riforma Cartabia e tanti altri momenti, non siamo stati ascoltati. Eravamo il partito di maggioranza relativa. Abbiamo posto un documento, se ricordate, il 7 luglio del 2022 con questioni politiche molte serie e non abbiamo avuto soddisfazione. A quel punto lì, permettetemi, c'è stato uno smottamento che non fu dovuto al M5S. Perché sia Draghi che il Pd appoggiarono nei fatti la scissione di Di Maio. A quel punto lì si è incrinato il rapporto di lealtà e fiducia. Se avessimo continuato l'esperienza di Draghi ancora 5 mesi, probabilmente la Meloni sarebbe arrivata al 35%, visto che era all'opposizione e godeva di questo smarcamento». Inoltre ricorda: «Il Governo Conte 1 è stato un governo di necessità, non di elezione. Ricordiamo che il Pd rifiutò all'ultimo, io non c'ero ancora, negoziazioni in corso, ci fu lo scarto di Renzi che abbandonò il M5S dopo varie negoziazioni riservate. A quel punto lì, dopo tre mesi o andavi con un contratto di governo dettagliato, provavi questa esperienza di governo, o si tornava a votare». 

 

Alessandro Zan: «Lo stop al fine vita è una ferita per il Veneto. Pd darà battaglia»
«Anche per me - come per la nostra segretaria - rappresenta una ferita la decisione della consigliera regionale veneta Anna Maria Bigon di partecipare al voto sulla legge regionale sul fine vita lo scorso 16 gennaio, invece di uscire dall'aula, ponendosi in contrasto sia con la linea nazionale del partito, sia con quella del resto del gruppo consiliare Pd, il cui dialogo con la segreteria nazionale è stato costante. Bigon, uscendo dall'aula, avrebbe esercitato la propria libertà di coscienza secondo quanto deciso dal gruppo: invece, astenendosi e dunque di fatto aggiungendosi al fronte dei contrari, insieme all'ala più reazionaria del consiglio regionale, si è resa corresponsabile del suo affossamento». Lo scrive in una lettera a La Repubblica il deputato e responsabile Diritti del Partito democratico Alessandro Zan. «Invocare la libertà di coscienza senza considerare le ripercussioni politiche sulla comunità di cui si fa parte non è coerente con quella responsabilità e, in questo caso, ha ripercussioni concrete su persone e famiglie che lanciano un grido di dolore e chiedono rispetto per la propria libertà e dignità. Come responsabile diritti nella segreteria nazionale del Pd - conclude Zan - ribadisco che siamo pronti e orgogliosi di farci carico di questa battaglia, in Parlamento e nel Paese, per dare una risposta non solo alla Corte costituzionale, ma alla domanda di giustizia e civiltà di tante persone».

 

Zelensky: senza aiuti Usa a Kiev, Europa sola contro Putin 
«Se gli Stati Uniti ritardano il loro sostegno all'Ucraina, ciò avrà un impatto sull'Europa unita. Il primo è la carenza di armi e di finanziamenti in Ucraina. Poi, l'alleanza tra Usa ed Europa verrà meno. In terzo luogo, l'Europa capirà che questo è un segnale che se l'Ucraina fallisce e Putin avanza, questo è un segnale degli Stati Uniti che l'Europa sarà lasciata sola tra i Paesi della Nato ad affrontare la Russia». Lo ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky in un'intervista che ha postato su Telegram. «È possibile fermare la Russia. Dobbiamo impedire la distruzione dell'Ucraina. Per evitare una terza guerra mondiale».

 

Pelosi evoca legami tra pro Palestina e Putin: «L'Fbi indaghi»
La deputata dem Nancy Pelosi, ex storica speaker della Camera, ha chiesto che l'Fbi indaghi sui manifestanti filopalestinesi che negli Usa chiedono un cessate il fuoco nel conflitto a Gaza, suggerendo senza prove che alcuni attivisti potrebbero avere legami con la Russia e Vladimir Putin. È la prima volta che un importante parlamentare Usa accusa il leader russo di sostenere i manifestanti americani che chiedono una tregua. «Chiedere un cessate il fuoco è il messaggio di Putin», ha detto la Pelosi durante un'intervista alla Cnn. «Non fate errori, questo è direttamente collegato a ciò che (Putin, ndr) vorrebbe vedere. Stessa cosa con l'Ucraina. Riguarda il messaggio di Putin. Penso che alcuni di questi manifestanti siano spontanei, naturali e sinceri. Alcuni, penso, sono collegati alla Russia». Quando le è stato chiesto se crede che alcuni dei manifestanti siano «piante russe», Pelosi ha risposto: «semi o piante. Penso che alcuni finanziamenti dovrebbero essere investigati. E voglio chiedere che Fbi indaghi su questo».

 

L'Iran nega il suo coinvolgimento nell'attacco contro le forze Usa in Giordania
La missione dell'Iran alle Nazioni Unite ha diffuso oggi un comunicato per negare il coinvolgimento di Tehran nell'attacco sferrato sabato contro un avamposto delle Forze armate Usa in Giordania, che ha causato la morte di tre militari statunitensi e il ferimento di altri 34. Nella nota, rilanciata dall'agenzia di stampa ufficiale iraniana "Irna", la missione afferma che «l'Iran non ha alcun collegamento e non ha nulla a che fare con l'attacco contro la base Usa. C'è un conflitto tra le forze Usa e gruppi di resistenza nella regione, che si scambiano reciprocamente attacchi di rappresaglia», prosegue la nota.

Gli Stati Uniti risponderanno all'uccisione di tre militari Usa di stanza in Giordania. Lo ha dichiarato ieri il presidente Usa Joe Biden, nel corso di un comizio in South Carolina. Dopo aver chiesto un minuto di silenzio per i militari uccisi, Biden ha dichiarato che «ieri è stata una notte difficile in Medio Oriente. Abbiamo perso tre anime coraggiose in un attacco a una delle nostre basi, e risponderemo». In un precedente comunicato, l'inquilino della Casa Bianca aveva imputato l'attacco a »gruppi militanti radicali sostenuti dall'Iran». Secondo il Pentagono, si e' trattato di un attacco con droni suicidi contro «un avamposto» delle forze Usa. I tre militari morti sabato sono le prime perdite registrate delle forze Usa in Medio Oriente dall'inizio del conflitto tra Israele e Hamas.

 

New York Times:  «Nel dossier di Israele accuse dettagliate contro Unrwa»
Israele ha trasmesso agli Stati Uniti il rapporto che accusa 12 dipendenti dell'Unrwa di essere coinvolti nell'attacco di Hamas del 7 ottobre. Lo ha riferito il New York Times, riportando una serie di dettagli sullo staff in questione. In particolare, un consulente scolastico dell'agenzia Onu di Khan Younis, nel sud di Gaza, è «accusato di aver collaborato con suo figlio per rapire una donna da Israele. Un assistente sociale di Nuseirat, nel centro di Gaza, avrebbe contribuito a portare a Gaza il corpo di un soldato israeliano morto, nonché avrebbe distribuito munizioni e coordinato i veicoli il giorno dell'attacco», si legge nel rapporto, mentre un terzo dipendente avrebbe «partecipato al massacro in un kibbutz dove morirono 97 persone», il Kibbutz Be'eri.

Un altro dipendente è indicato come responsabile di un magazzino di armi e uno avrebbe distribuito munizioni. Secondo quanto riferito dal New York Times, Israele ha identificato dieci dipendenti come membri di Hamas e uno della Jihad islamica. Tra questi, sette di loro sono stati identificati come insegnanti che lavorano nelle scuole dell'agenzia Onu per i palestinesi. Il rapporto afferma che sei dipendenti sono stati catturati in territorio israeliano il 7 ottobre, e altri hanno raccontato le loro azioni in conversazioni telefoniche intercettate da Israele; tre hanno ricevuto messaggi per presentarsi ai punti di incontro la mattina dell'attacco, e a uno è stato persino detto di portare con sè i razzi anticarro conservati a casa. Alla luce del dossier, l'Unrwa ha licenziato nove dipendenti, un altro è morto e di altri due sta verificando l'identità. Diversi Paesi donatori hanno sospeso i fondi all'agenzia, tra cui l'Italia. 

 

Unrwa: «Shock lo stop ai fondi. 2 milioni di persone dipendono da noi»
«Scioccante», questo l'aggettivo utilizzato da Philippe Lazzarini, a capo di UNRWA, l'Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l'occupazione dei profughi palestinesi nel Vicino Oriente, per la sospensione dei finanziamenti deciso da otto Paesi, in particolare Australia, Canada, Finlandia, Germania, Italia, Olanda, Gran Bretagna e Stati Uniti. Il dirigente dell'Onu ha sottolineato che dalle attività umanitarie di UNRWA nella Striscia di Gaza dipende la «pura sopravvivenza» di oltre due milioni di persone.

La sospensione al trasferimento dei fondi ha seguito accuse rivolte dal governo di Israele, secondo le quali alcune persone stipendiate da UNRWA sarebbero state coinvolte negli assalti dei commando di Hamas del 7 ottobre.

L'Agenzia è stata creata nel 1949. Da allora fornisce servizi di assistenza medica, supporto scolastico e aiuti umanitari sia a Gaza che in Cisgiordania, Giordania, Libano e Siria. Solo nella Striscia, per questo tipo di attività, impiega circa 13mila persone. Rispetto alle accuse di Israele, UNRWA ha riferito di aver avviato un'inchiesta e di aver già allontanato le persone sospettate in relazione ai fatti del 7 ottobre. In un comunicato, Lazzarini ha sottolineato: «È scioccante vedere una sospensione dei fondi all'Agenzia in risposta ad accuse che riguardano un piccolo numero di persone dello staff, specialmente alla luce dell'azione immediata intrapresa da UNRWA ponendo fine ai loro contratti e chiedendo un'inchiesta indipendente e trasparente».

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