Il 5 marzo, un maiale gigante "firmato" Greenpeace è spuntato in Piazza di Monte Citorio, a Roma. Gli attivisti chiedono l'approvazione di una legge contro gli allevamenti intensivi. Una proposta di legge per chiedere una transizione agro-ecologica del comparto zootecnico era stata presentata un anno fa alla Camera dall'ong insieme alla Lega italiana protezione uccelli (Lipu), Isde–Medici per l’ambiente, Terra! e Wwf Italia. La scritta sull’istallazione è chiara: “Onorevoli non potete più ignorarmi”. Le associazioni chiedono che il testo, fermo in Commissione agricoltura, sia calendarizzato e discusso quanto prima.
Gli allevamenti intensivi, oltre a non rispettare i diritti degli animali, costituiscono un problema ambientale non indifferente. In tutta Europa, circa il 70% dei terreni agricoli e oltre due terzi dell’acqua impiegata in agricoltura vengono utilizzati per produrre i mangimi destinati agli allevamenti intensivi. Risorse che, secondo l'organizzazione ambientalista, “potrebbero essere destinate al consumo diretto umano o al ripristino degli habitat naturali”.
Gli animali allevati in modo intensivo sono più di 700 milioni all’anno, di cui gran parte viene utilizzata per l’export o sfruttata dai marchi della grande distribuzione. "L’attuale comparto agro-zootecnico soffre di grandi iniquità: l’80% dei fondi europei per l’agricoltura italiana finisce attualmente nelle casse di appena il 20% di aziende agricole. Questo sistema, di fatto, penalizza le piccole aziende e favorisce quelle di maggiori dimensioni", spiega l'organizzazione.