Milano decide di tagliare i prati meno degli anni scorsi. E scoppiano le polemiche. Segno di una crescente diffidenza, da Roma a Bologna, verso la gestione di parchi e giardini pubblici

Anche l’erba alta è questione di sostenibilità

Milano non l’ha presa bene: al risveglio dopo un inverno caratterizzato da un record di piogge, gli spazi verdi della città si sono riempiti di piante. Come sempre in primavera: quest’anno però le erbacce hanno avuto campo libero. Qualche fiordaliso e molte ortiche e poi cicoria, tarassaco, cerfoglio: parchi e aiuole di sono coperti di un manto erboso alto anche un metro, come in una Roma qualsiasi. 

 

Malva, calendula e altri fiori spontanei hanno spodestato il monopolio cittadino delle begoniette. I cartelli di spiegazione piazzati previdentemente dal Comune – «Qui l’erba è alta per tutelare la biodiversità» – non sono serviti a molto. Mentre il malumore dei cittadini cresceva, la Lega si è tuffata nella polemica: «A Milano sfalci ridotti dei prati: questo non è ecologismo, è un’operazione furba per fare cassa», ha commentato la neo-vicesegretaria Silvia Sardone. «I cittadini vogliono decoro, ordine, parchi utilizzabili e la sinistra risponde con la giungla».

 

Anche vip come il virologo Roberto Burioni hanno perso la pazienza, lanciandosi in commenti preoccupati sulle conseguenze dell’incremento di biodiversità: «Se tra gli insetti di cui si favorirebbe la presenza ci fossero le zanzare, questa sarebbe letteralmente una follia autolesionista in vista del pericolo Degue». Salvo fare pubblica ammenda, con un post altrettanto corposo, quando l’entomologo Leonardo Forbicioni ha spiegato gli effetti positivi dell’erba alta: «Un aumento della diversificazione vegetale farebbe aumentare sicuramente il numero di specie di artropodi presenti in una determinata area. Tra questi aumenterebbero anche, ad esempio, gli antagonisti e i predatori delle zanzare. Aumentare il tasso di biodiversità anche in piccole aree come aiuole o giardini, non può che far bene all’equilibrio generale tra le specie».

 

La querelle milanese non è isolata, ed è il segno di una diffidenza ormai diffusa: i cittadini non si fidano più della gestione pubblica nemmeno per quanto riguarda parchi e giardini. Se un Comune decide di tagliare un albero, ormai, la prima reazione degli abitanti del quartiere non è «doveva essere malato e quindi pericoloso» ma «fondiamo un comitato». Uno dei più concreti e battaglieri è il Gruppo d’Intervento Giuridico che a Roma si è recentemente opposto alla potatura drastica degli olmi a Monteverde. 

 

Dai pini e dalle altre piante d’altro fusto, però, la contesa si è abbassata all’erba. E ha trovato terreno fertile: perché la gestione dei prati è da tempo un campo di battaglia tra ambientalisti e giardinieri, amanti della natura selvaggia e fautori dell’ordine incarnato, guarda caso, nel famoso “giardino all’italiana”. Non è più il tempo in cui Marguerite Yourcenar, nel giardino della sua Petite Plaisance a Mount Desert Island nel Maine, lasciava incolta metà del prato per favorire fiori, farfalle e uccellini. E Pia Pera firmava con Antonio Perazzi un saggio epistolare sulla rivalutazione di erbacce e piante infestanti e lo intitolava “Contro il giardino”. E il filosofo Daniele Fazio dedicava un meticoloso reportage, “Giungla sull’asfalto”, a capperi, portulaca e acetosella che colonizzano ogni crepa di muri e strade delle nostre città.

 

Adesso il gioco si fa duro, e come sempre inizia dagli Stati Uniti. Prima la guerra contro i tosaerba a benzina, troppo inquinanti: una presa di posizione che ha portato a uno scontro di civiltà, visto che la casetta di legno con il prato verde intorno è un must dell’integrazione nell’America wasp (il razzismo nascosto nella gestione dei giardini lo spiega bene la poetessa afroamericana Camille T. Dungy nel suo memoir “Soil: the story of a black mother’s garden”). 

 

Poi è arrivato l’allarme pesticidi, che non riguarda solo l’agricoltura: l’inquinamento da Pfas, gli “inquinanti eterni” accusati di provocare tumori dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell’Organizzazione mondiale della sanità, nasce dal praticello sotto casa. E arriva ai famigerati campi da golf, con i loro tappeti verde pisello morbidi e perfetti che costano, a chi abita nelle vicinanze, un rischio raddoppiato di ammalarsi di Parkinson (lo segnala uno studio pubblicato su Jama da un gruppo di ricercatori della statunitense Mayo Clinic).

 

Contro tutto questo, la soluzione è un prato incolto “con giudizio”. La pratica dello “sfalcio ridotto” non riguarda solo Milano ma anche Bologna, Roma e molte città italiane, sempre accolta da uno scetticismo più o meno chiassoso. Il risparmio, stigmatizzato da Sardone, in effetti c’è: lasciar crescere le piante erbacee fino alla dispersione dei semi permette di risparmiare non solo sul carburante dei tosaerba e sul lavoro dei giardinieri, ma anche sulla necessità di seminare il prato per la primavera successiva. 

 

E questo è solo uno dei vantaggi: l’erosione del suolo, aumentata per la frequenza delle bombe d’acqua, viene tenuta a bada dalle radici; il terreno coperto dall’erba assorbe meno calore dal sole e contribuisce a mantenere fresche le città; gli insetti più numerosi fanno aumentare il numero dei tradizionali uccelli cittadini, aiutando a tenere a bada l’invasione di specie onnivore come gabbiani e parrocchetti. 

 

Vallo a far capire ai cittadini, però. Sempre più convinti che i prati selvaggi facciano aumentare gli insetti nocivi e diano rifugio alle zecche e persino ai serpenti (anche se, a parte la riconoscibilissima vipera, tutti i serpenti d’Italia sono innocui). Quando poi il tosaerba comunale arriva per eliminare le erbe prima che secchino, diventando esca per incendi, c’è chi rimpiange le onde colorate e chi invece commenta: «E l’acanto? Come mai lo hanno lasciato lì, l’acanto?». Perché la differenza tra “pianta” ed “erbaccia” segue le mode, varia con il tempo. L’acanto immortalato nel marmo dei capitelli corinzi e dei soffitti dell’antica Roma oggi è una pianta spontanea, vista come un’infestante. Vuoi mettere con un bel prato inglese?

L'E COMMUNITY

Entra nella nostra community Whatsapp

L'edicola

Referendum 8-9 giugno, una battaglia per i diritti - Cosa c'è nel nuovo numero de L'Espresso

Il settimanale, da venerdì 30 maggio, è disponibile in edicola e in app