Per rafforzare il processo democratico nell’Unione è necessario sviluppare una sfera di dibattito comune. Che superi le differenze culturali e linguistiche fra i Paesi

L’Unione europea sta affrontando grandi sfide. Dopo la crisi bancaria e la pandemia, l’attacco russo all’Ucraina ha fatto capire a noi europei quanto siamo dipendenti da partner commerciali rivelatisi inaffidabili e quanto il nostro sistema economico sia fragile. Dobbiamo gestire questa situazione, garantire la sicurezza energetica, rafforzare la nostra difesa, proteggere la nostra economia e mitigare i disagi sociali. Ma il rischio di un blocco reciproco è grande perché ogni Paese persegue e difende i propri interessi, come comprensibilmente si aspettano le rispettive popolazioni.

 

Allo stesso tempo, è chiaro che le soluzioni nazionali non saranno sufficienti. I compromessi europei possono essere accettati a livello di opinione pubblica nazionale solo se si è consapevoli della situazione politica, economica e sociale dei vicini europei.

 

Si pone quindi una domanda centrale per l’Ue: come possiamo, in quanto europei, scambiare opinioni su temi di interesse pubblico che ci riguardano tutti? Come possiamo discutere insieme della res publica, percepire il punto di vista dell’altro, soppesare le argomentazioni e quindi capire perché una certa decisione merita la nostra approvazione o il nostro rifiuto?

 

Fin dai tempi di Jürgen Habermas sappiamo dell’importanza di una “sfera pubblica”, uno spazio al di là della sfera privata in cui i cittadini possono discutere di questioni di interesse generale. Solo in questo modo, nella competizione per l’argomentazione migliore, le posizioni possono emergere discorsivamente e si può sviluppare un’opinione democratica, sulla base della quale è poi possibile una decisione di maggioranza. Per Habermas, l’esistenza di una sfera pubblica, supportata da pubblicazioni, media, giornali e organi di stampa, è il prerequisito per la transizione dall’Ancien Régime, dalle società aristocratiche feudali, alle società democratiche di massa della modernità nei secoli XVIII e XIX.

 

L’argomentazione di Habermas ha ancora una grande rilevanza per l’Unione Europea di oggi. Non sono le differenze linguistiche, storiche, di ricchezza o di nazionalità tra gli europei a determinare il successo o l’insuccesso dell’esperimento democratico dell’Ue. Si tratta piuttosto di rendere possibile un dibattito democratico sulle soluzioni a problemi comuni al di là dei confini linguistici e nazionali.

 

Un ordine democratico ha bisogno di uno spazio pubblico comune dove i cittadini possano discutere e confrontarsi, dove si possano scambiare argomenti e formare opinioni. Come nel contesto nazionale, ciò non significa omogeneità negli argomenti o nel modo in cui i media possano parlare o scrivere. L’esistenza di una sfera pubblica comune significa che gli europei attribuiscono importanza alle stesse questioni pubbliche nello stesso momento, ne riconoscono la rilevanza e ne discutono tra loro. Questo implica il dialogo tra opinioni e punti di vista diversi e il dibattito per l’argomento migliore.

 

Tuttavia, affinché ciò avvenga, i cittadini devono avere la possibilità di percepire e far propri anche i dibattiti, le discussioni e le opinioni su un tema espressi negli altri Stati membri dell’Ue. Nonostante Internet e le migliori possibilità tecniche, ad oggi esistono solo rudimentali mezzi di comunicazione europei che sarebbero disponibili e fruibili in tutta l’Unione. In particolare, le barriere linguistiche tra gli europei sembrano rappresentare ancora un ostacolo in questo campo. Allo stesso tempo, a partire dagli anni ’50 e dai dibattiti sulle prime comunità europee e sul riarmo della Germania, è stato dimostrato che un’opinione pubblica europea può svilupparsi molto rapidamente: per questioni ed eventi che riguardano tutti noi, c’è stato e c’è interesse e attenzione oltre i confini nazionali.

 

La storia dimostra che già in passato le sfere pubbliche nazionali sono state in grado di “europeizzarsi”: per fare degli esempi, le riviste, e in particolare i giornali, hanno riferito contemporaneamente e con la stessa attenzione della visita di Stato di Theodor Heuss, il primo presidente della Repubblica Federale Tedesca, in Italia nel 1957, o dei viaggi del cancelliere Adenauer in Francia e del presidente de Gaulle in Germania.

 

Oltre alla crescente importanza dei mezzi di comunicazione e di informazione paneuropei, spesso su Internet, questa base di una sfera pubblica mediatica transnazionale rimane un prerequisito cruciale per il successo dei dibattiti europei. Per evitare che le discussioni sulle questioni europee rimangano un fenomeno d’élite, è necessario diffonderle, tradurle e pubblicizzarle reciprocamente.

 

La discussione sull’Europa rischia altrimenti, di disintegrarsi in dibattiti di nicchia condotti a livello nazionale. Anche nelle sfere pubbliche pro-europee degli Stati fondatori, Francia, Italia e Germania, negli ultimi anni si è sviluppata una crescente politicizzazione del dibattito sull’Europa. Ciò comporta il pericolo di una spaccatura tra le élite pro-europee ed uno schieramento euroscettico o addirittura anti-europeo della “gente comune”. Il consolidamento di una tale divisione sarebbe fatale per l’Ue, poiché incoraggerebbe la politicizzazione lungo linee di conflitto nazionaliste.

 

È troppo facile incolpare sempre “l’Ue” di tutti i mali e ripiegare sugli interessi nazionali. L’ampiezza delle sfide rende indispensabili posizioni comuni, che possono essere raggiunte solo se i cittadini conoscono e comprendono anche i punti di vista dei Paesi partner. Un panorama mediatico più connesso, lo scambio di articoli di opinione su diversi media di qualità nei grandi Stati membri potrebbe essere un approccio efficace per dinamizzare il dibattito pubblico sul futuro dell’Europa.

 

A cura di Amélie Baasner, traduzione di Nicholas Teluzzi e Amanda Morelli

 

Stefan Seidendorf è vicedirettore dell’Istituto franco-tedesco di Ludwigsburg. Studia l’effetto di comportamenti culturalmente e socialmente radicati sul processo di integrazione europea. Inoltre esamina le strutture di governance europee e l’impatto delle strutture istituzionali

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