Silvio Berlusconi l’aveva annunciato alle cinque e mezza del pomeriggio, ben prima che la Cassazione si pronunciasse: “Oggi si apre una nuova era”. Scaramanzia? Veggenza? Sette ore più tardi, a mezzanotte, dopo una camera di consiglio fiume, i magistrati dicono la stessa cosa: la sesta sezione penale della Cassazione conferma infatti l’assoluzione nel processo Ruby, rendendo così definitiva la sentenza d’appello e rigettando invece il ricorso del pg di Milano, che ne aveva chiesto l’annullamento.
[[ge:rep-locali:espresso:285516578]]Fine del processo Ruby, dunque, inizio di una nuova era. Niente più condanna a sette anni, stabilita in primo grado. La concussione non c’è, anche perché la legge Severino l’ha riformulata in un modo tale da renderla inapplicabile al caso; la prostituzione minorile nemmeno, perché non è provato che Berlusconi sapesse l’età di Ruby.
L’ex Cavaliere esulta, dice per una volta frasi semplici come “sono felice”, rivede finalmente l’orizzonte dell’eleggibilità che si riavvicina e di certo quasi tocca con mano la cosiddetta agibilità politica. Perché, comunque, si allontana per lui la spada di Damocle di una nuova condanna che magari avrebbe finito per sommarsi ai tre anni (ora indultati) di pena per frode fiscale. Il processo di Bari contro Tarantini, che lo vede imputato per induzione alla falsa testimonianza, così come l’indagine Ruby ter, che lo vede a Milano indagato per corruzione di testimoni (insieme con Ghedini e altre 43 persone), sono ancora alle primissime battute. Il processo di Napoli per corruzione di senatori, è destinato alla prescrizione.
Con la decisione della Cassazione si chiude così quello che è stato il processo più imbarazzante, e mediaticamente condito, di Berlusconi. Quello che ha dato origine ad altri due filoni (Ruby bis e Ter) e ha raccontato, in qualche modo completando il quadro – non penale - ciò che vicende precedenti come il caso di Noemi Letizia e processo pugliese contro Tarantini e Began, avevano in modi diversi tratteggiato. Il mondo delle Olgettine e del Bunga bunga, il cosiddetto “sistema prostitutivo di Arcore”, fatto delle Maristhelle Polanco travestite da Boccassini, da D’Alema e tutto il resto. Contesto e abitudini sostanzialmente accertate: “Nemmeno noi difensori contestiamo” che “ad Arcore avvenivano fatti di prostituzione con compensi”, ha detto l’avvocato di Berlusconi Franco Coppi, davanti ai giudici di Cassazione.
Il processo è cominciato nell’aprile 2011, quando l’ex premier faceva ancora il premier, e ha visto in primo grado una condanna a sette anni per concussione e prostituzione minorile, e poi una assoluzione con formula piena in appello. In entrambi i casi, è stato incentrato su due interrogativi. Fondamentali dal punto di vista giudiziario, ma che non alterano granché la percezione della gente comune su tutta la vicenda: Berlusconi sapeva o no che Ruby era minorenne (prostituzione minorile), quando la frequentava? Ha ordinato o solo suggerito, parlandogli al telefono da Parigi, al capo di gabinetto della questura di Milano Pietro Ostuni, di affidare Ruby alla consigliera regionale Nicole Minetti (concussione)?
A queste due domande, il processo di primo grado, conclusosi nel giugno 2013, ha risposto di sì: Berlusconi era consapevole che Ruby non aveva diciott’anni, e ha esercitato una pressione costrittiva, una minaccia (anche implicita) sul funzionario di polizia. All’epoca, infatti, nello stabilire la condanna, il tribunale di Milano scavalcò il reato contestato dalla procura, ossia la “concussione per induzione”, optando per quella che allora era la versione più dura dello stesso reato: la concussione per costrizione, quella nella quale il concusso è privo di margini di autonomia.
In appello, con sentenza del luglio 2014, il giudizio si è capovolto: i giudici infatti hanno considerato non provato che Berlusconi conoscesse la vera età di Ruby, come pure che abbia minacciato o intimidito in qualsiasi modo Ostuni. Nemmeno i giudici di appello hanno messo in discussione il quadro generale: “atti di natura sessuale retribuiti” sono dati per certi, così come il “concreto interesse” di Berlusconi a ottenere l’affidamento della ragazza a Nicole Minetti. Ma questi elementi non sono sufficienti a condannare. Anche perché, nel frattempo, il reato di concussione è cambiato per via dello spacchettamento contenuto nella legge Severino: e il nuovo reato di “induzione indebita”, secondo l’interpretazione data dalle corti unite di Cassazione , richiede “necessariamente il concorso di due soggetti” e in sostanza che anche l’Ostuni di turno abbia un “indebito vantaggio”. Cosa che, secondo il tribunale d’Appello di Milano, mancava: non è provato che Ostuni abbia agito per un proprio tornaconto personale. E anzi, è scritto nella sentenza, semmai ha “peccato di eccessivo ossequio”, “timore reverenziale, debolezza, timore auto indotto”. Niente minacce, comunque.
Da qui è ripartito ieri il procuratore generale di Milano, nella sua arringa, confermando il quadro di “irresistibile”, “violenta” pressione verso Ostuni” e la “non casuale minore età” di Ruby, rievocando quella tesi sulla “nipote di Mubarak” che sembrava roba da “film di Mel Brooks” e chiedendo quindi l’annullamento dell’appello con rideterminazione della condanna. Da qui è ripartito pure il collegio difensivo di Coppi e Dinacci, con la richiesta ovvia di conferma dell’assoluzione. A quanto pare, la versione della difesa ha convinto la Cassazione: fino a che punto, e in che modo, si potrà dirlo solo quando la sentenza sarà depositata.