Nel giorno del gran voto sulle unioni civili, la senatrice Monica Cirinnà tenta di dare un qualche afflato all'intera faccenda, appellandosi ai colleghi incerti: "Sappiano che oggi scelgono da che parte stare della Storia". Ma per la verità, tre quarti dei suoi colleghi stanno più che altro cercando di sbrogliare questioni meramente tecniche, sperando che siano queste, in vece loro, a scrivere la storia.
Nelle fasi che precedono l'inizio delle votazioni al Senato, con l'Aula chiamata a pronunciarsi anzitutto sul famoso emendamento-canguro firmato dal dem Marcucci, la situazione non potrebbe essere più ingarbugliata. Si materializzano tutti gli spettri, vengono al pettine tutti i nodi (affrontati e non) dai democratici in queste settimane. E, infatti, durante il dibattito in aula, il Movimento 5 Stelle decide di sfilarsi e di dire no all'emendamento Marcucci, il cosiddetto «canguro». E' stato il senatore Alberto Airola ad annunciarlo. Senza i voti dei 5 Stelle il «canguro», di cui Marcucci è primo firmatario, rischia di non passare.
A tenere banco nel Pd c'è ovviamente sempre il tema dello strappo dell'ala cattolica. Ma quello è dato ormai per assodato. Al primo posto c'è ormai altro: il timore che siano i Cinque stelle, a lasciarli per strada. A Palazzo Madama quel timore diviene una voce che passa di bocca in bocca: si dice che l'ultima riunione grillina abbia fatto emergere una non-linea, che più di uno stia valutando l'ipotesi di votare sì allo spacchettamento del super canguro. Proprio come vogliono fare - in contrasto con l'orientamento del Pd - i cattolici del Pd in asse con i centristi di Ap, determinati a cercare fino all'ultimo lo stralcio della stepchild adoption. Non che tutti i Cinque stelle siano d'accordo, e anzi il senatore Airola, uno dei più attivi pro-ddl Cirinnà, pare stia tentando "di tutto" per persuadere i suoi colleghi di partito a votare contro lo spacchettamento. Ma come si è poi visto, le cose sono andate diversamente.
C'è poi il problema della Lega. Si è chiuso con un nulla di fatto l'ultimo vertice tra capigruppo per vedere se era possibile tagliare la valanga di emendamenti presentati dal Carroccio. "La parola del Pd vale un peto", ha elegantemente detto il capogruppo leghista Centinaio a significare che non c'era accordo. Adesso la linea di fuoco si sposta un po' più in là: i leghisti dicono tenteranno in ogni modo di rovesciare l'ordine di votazioni stabilito per l'Aula, in modo da far votare per ultimo l'emendamento Marcucci, invece che per primo, e far ballare un po' tutti intorno ai loro, numerosi, emendamenti soppressivi e premissivi. Anche il capogruppo di Ap Renato Schifani avverte che la discussione su questo passaggio "sarà ampia". Certo, bisognerà vedere quali scelte farà il presidente del Senato, ma significa che nulla è dato per scontato. Si cercherà di fare in modo che sia la seduta meno tranquilla possibile.