Televisione
9 dicembre, 2025Fabio Caressa e Benedetta Parodi presentano la versione italiana del format in cui individui tutti uguali decidono di sposarsi dopo un corteggiamento al buio. Sembra l'invasione degli ultracorpi. Invece è solo l'ennesimo dating show
Ci sono dei casi, neanche così rari, in cui viene da credere che Don Siegel sia appostato dietro la porta, pronto a usare il buco della serratura come una cinepresa. Ha debuttato su Netflix l’ennesima versione italiana dell’ennesimo dating show, condotto (più o meno) da Fabio Caressa e Benedetta Parodi. In cui le solite coppie, deluse dalla vita e dal sentimento, cercano l’anima gemella rivolgendosi alla tv. Ma con “L’amore è cieco” quel timore bruciante che l’invasione degli ultracorpi sia finalmente in atto si affaccia con una disturbante evidenza.
L’assunto del format è che delle persone rigorosamente vestite da red carpet decidono che l’apparenza non conta. Così si rinchiudono a turno in delle stanzine bene arredate, altrimenti dette “capsule”, si attaccano a delle coppe dorate per sorseggiare dell’utile alcol e, attraverso una parete sottile, conversano amabilmente con la loro plausibile metà.
Dopo due giorni di chiacchiere del tipo «ma tu preferisci sciare o giocare a padel», decidono che sì, dall’altra parte c’è proprio la persona giusta. A questo punto, lui si inginocchia, sfodera l’anello e lei, senza ancora aver visto altro che una vaga ombra, dice ovviamente sì.
“L’amore è cieco” nasce come “Love is blind” negli Stati Uniti un bel lustro fa, e ha talmente successo che viene esportato in giro per il mondo. Ma con caratteristiche identiche, Paese dopo Paese, ovviamente Italia compresa.
Uomini e donne giovani ma non giovanissimi, rigorosamente etero, molte unghie decorate, molti malleoli in bellavista, capaci di volantinare frasi da cioccolatini come macchinette spara punti, puntano alla solidità della famiglia tradizionale come fosse una figurina dell’album. Vogliono il matrimonio. Vogliono rendere fieri i rispettivi genitori. Pensano alla riproduzione, rigorosamente plurale, ai principi da condividere.
«Ma quando nostra figlia a sedici anni chiederà di tornare da una festa dopo mezzanotte tu cosa le dirai?», chiede una lei all’ombra deputata. «Le darò i soldi per il taxi», risponde lui ingenuo, un attimo prima dell’indignazione della futura madre: «Tu l’aspetterai fuori in macchina. Punto». Perché due tizi a caso che si sposano al buio devono stare molto attenti al buon esempio educativo, e la forma, si sa, è sempre più importante della sostanza.
Insomma, in breve sintesi, individui clonati, privi di sentimenti, personalità e individualità, confusi in una massa confusa anch’essa, fuoriescono dai baccelloni e prendono il loro spazio a forza sostituendosi agli umani. Come dire, oltre il film di fantascienza può solo la televisione.
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