È un rapporto dolceamaro quello tra l’Eurovision Song Contest e l’Italia. Le parti dolci, che deliziano la storia della nostra musica, sono le tre vittorie finora conquistate. La prima a portare a casa il trofeo è stata Gigliola Cinquetti, nel 1964, con l’ormai grande classico Non ho l’età. Ci sono voluti poi 26 anni per la seconda medaglia d’oro, arrivata nel 1990 grazie a Toto Cutugno con la sua Insieme: 1992. Sono dovuti, infine, passare ancora 31 anni prima del trionfo dei Måneskin che, nel 2021, con Zitti e Buoni, hanno fatto cantare il mondo intero, ritagliandosi un posto tra le band più influenti degli ultimi anni. A parte questi tre bonbon dal valore indiscutibile, nella storia della kermesse, che comincia nel 1956, sono molte di più le caramelle amare che l’Italia ha dovuto mandare giù. Tra colpi di scena, polemiche, pronostici disattesi e qualche rammarico, i nostri artisti hanno sfiorato il primo posto per tre volte e si sono aggiudicati il bronzo in altre cinque occasioni.
Le medaglie d’argento e la censura di Gigliola Cinquetti
Dopo la vittoria del ’64, Gigliola Cinquetti riesce quasi a fare il bis nel 1974. Il brano Sì arriva al secondo posto, dietro Waterloo degli Abba. Perdere contro la leggendaria band svedese può essere accettabile, ma il singolo è rimasto celebre anche per la storia di una censura particolare. La finale viene trasmessa il 6 aprile, ma gli italiani la vedono esibirsi solo dopo il 12 maggio. In quel periodo è in corso il dibattito sul referendum per l’abrogazione della legge sul divorzio e la Rai decide di non mandare in onda la finale, per timore che la parola “Sì”, ripetuta nel brano, potesse influenzare il voto. A raccontarlo è la stessa Cinquetti, che in un’intervista a LaPresse del 2021 spiega: “Pare sia stato Fanfani a decidere di rimandare la messa in onda, proprio lui che, da democristiano, voleva il sì. Ma temeva si potesse accusare la Dc di manovrare il voto. Io sono contenta di essere stata censurata, perché al referendum vinse il no e io festeggiai”.

Con meno polveroni, ma più sorprendente, è il secondo posto nel 2011. Dopo 13 anni di assenza, anche grazie al sostegno di Raffaella Carrà, l’Italia torna in gara. A rappresentarla è Raphael Gualazzi, vincitore di Sanremo Giovani di quell’anno. Un po’ contro pronostico, l’anima jazz della sua Madness of Love conquista il pubblico e lo porta appena sotto gli azeri Ell & Nikki. Nel 2019 è poi il turno di Mahmood. Il cantautore milanese sembra imbattibile: ha vinto Sanremo Giovani a dicembre 2018 e Sanremo Big a febbraio 2019. Soldi fa cantare tutta l’Europa, ma arriva seconda per appena 27 punti: 465 contro i 492 di Duncan Laurence (Paesi Bassi).
I bronzi e il caso dei Jalisse
Tra i terzi posti, il più clamoroso è quello di Domenico Modugno nel 1958 con Nel blu dipinto di blu. Una delle canzoni italiane più famose al mondo si deve accontentare del bronzo, dietro a Giorgio di Lys Assia e alla vincitrice Dors Mon Amour di André Claveau. Ferita sanata dai due Grammy vinti l’anno successivo. Meno eclatanti i terzi posti di Emilio Pericoli nel 1963 e di Wes e Dori Ghezzi nel 1975. Molto diverso, invece, il caso di Raf e Umberto Tozzi. Gente di mare è ormai una hit, ma nel 1987 deve cedere il passo a Johnny Logan. A consolare resta il buon riscontro internazionale, con cover in portoghese e persino islandese. Nel 2015, infine, Il Volo sembra destinato a vincere a mani basse. Grande Amore è potente, ben eseguita, e il trio incarna l’ideale del “bel canto” italiano. Secondo la classifica dell'Ogae (che raccoglie oltre 40 fan club del contest), erano i favoriti. Ma nella realtà arrivano terzi, dietro a Russia e Svezia.

Non si tratta di un podio, ma il caso Jalisse merita comunque una menzione. Dopo la vittoria a Sanremo 1997, il duo parte favorito anche all’Eurovision di quell’anno. Ma si ferma al quarto posto. Si parlò di boicottaggio, ma non ci sono mai state prove o conferme a riguardo. Se la classifica, dunque, ha spesso lasciato l’Italia con l’amaro in bocca, il successo degli artisti italiani all’Eurovision racconta un’altra storia. Nella top ten dei brani non vincitori più ascoltati in streaming, l’Italia domina con quattro nomi: Angelina Mango, Marco Mengoni, Mahmood insieme a Blanco e Mahmood da solista. Segno che la nostra musica continua a parlare una lingua che va oltre i confini. E forse, alla fine, è questa la vittoria che conta davvero.
