Lo scorso anno alla presentazione dei palinsesti il soldato Pino Insegno si sentiva un filo sotto attacco perché la sua connessione con il nuovo corso della Rai sembrava non riscuotere il meritato apprezzamento. Così appena possibile sottolineava la sua identità e i suoi punti di forza: «L’empatia non cambia mai, l’importante è fare le cose anche un po’ analogiche. C’era un signore che è morto a trentatré anni che aveva solo dodici follower, uno solo l’ha tradito». Ora il paragone con Gesù poteva sembrare un po’ fortino ma d’altronde come diceva Woody Allen a qualcuno bisognava pure ispirarsi.
Così per la nuova stagione Insegno mantiene fede ai suoi principi vintage e dopo aver cambiato giacca e scenografia per regalare un altro passo alla sua “Reazione a catena” («Il mio è un pubblico intelligente» dichiara a Libero) si butta dal vertiginoso trampolino della programmazione estiva con un programmino che più che analogico sembra disegnato con carta e penna.
“Facci ridere” (Rai Due) è una scampagnata domenicale negli anni Novanta televisivi mentre sventolano le faccine gialle degli Smiles, una gita fuori porta coi panini comprati il giorno prima che lasciano briciole sulla tovaglietta di nonna, un pezzetto qua e l’altro là, un recupero temerario delle barzellette in stile Gigi Sabani di “Stasera mi butto”, un pizzico di Corrida ma senza campanacci, e soprattutto la sua coperta di Linus, ovvero La premiata ditta, o almeno una quota, tanto prima o poi questa réunion tanto attesa da loro stessi prima o poi arriverà. Che poi sia da leggere come promessa o come minaccia è tutto da capire.
Pino Insegno e Roberto Ciufoli dunque, gli storici amichetti, anche se parola non gradita, si regalano al pubblico con battute del tipo «Ridere è la percezione dell’opposto -osto-osto. E chi lo diceva? Umberto Eco-eco-eco» e per qualcuno ci si potrebbe anche fermare qua. Invece il programma scivola via, indomito, in una discesa vertiginosa di canzoncine e barzellette facilissime, tra signori di Abbiategrasso, il paese dove tutti stanno a dieta e altre facezie da sagra della visciola.
E Pino gongola, mentre elogia le forze armate, i chirurghi che sanno suonare il pianoforte da cui si farebbe operare volentieri (questa è un po’ ostica ma pazienza) e un ringraziamento al pubblico tutto di questa splendida nazione, divisa sì in centro nord e sud ma alla fine unita sotto la stessa bandiera, in un crescendo di entusiasmo sotto il tricolore dell’allegria.
Alla fine, le malelingue potrebbero eleggere il titolo del programma a sintetica descrizione di Tele Meloni. Ma anche in questo caso la battuta sarebbe troppo facile.

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DA GUARDARE
In un mondo che vacilla può essere utile aggrapparsi a seppur blande certezze. Ovvero che i panni sporchi (di coppia) è meglio lavarli in televisione. “Temptation Island” (Canale 5) è tornato, con le consuete baruffe chiozzotte, le gelosie a favore di camera e le mise discutibili. E il piacere è sempre a portata di mano.
MA ANCHE NO
Si sa che la verosimiglianza è sopravvalutata. Ma il gran finale (si spera) di “Squid Game” (Netflix) si è lasciato un po’ andare. Inetti che si confermano cecchini esperti, buoni buonissimi, cattivi da macchietta e un concorrente a sorpresa (no spoiler) a cui non serve neppure mangiare. Il potere della serialità di successo.