Alitalia ha rinunciato agli hangar per la manutenzione. E ora negli aeroporti milanesi i tecnici lavorano sulle piste. Facendo luce con le torce

Nel piazzale deserto staziona un Airbus 320 con il motore in bella vista: probabilmente alcuni uccelli sono finiti nel reattore, le turbine appaiono danneggiate e c'è una vistosa lesione nella parte superiore. Un tecnico lo sta ispezionando, una lampada in mano e una a terra: sembra quasi un minatore d'altri tempi. Un altro specialista insieme a lui verifica il corretto funzionamento del motore, sempre illuminato dalla stessa lampada. L'aereo doveva decollare all'alba, resterà invece fermo per tre giorni. Benvenuti a Malpensa e Linate, dove il piano di risanamento della nuova Alitalia ha investito anche la manutenzione, facendola letteralmente brancolare nel buio. O almeno così sostengono i sindacati.

Il disimpegno delle attività al Nord ha subito una brusca accelerazione a metà maggio, quando la compagnia ha trasferito a Roma gran parte dei tecnici e disdetto l'affitto degli hangar: le riparazioni da allora avvengono direttamente sui piazzali, all'aperto. Seguono una procedura che è ammessa dai regolamenti internazionali solo per la manutenzione 'leggera' (sostituzione di ruote, componenti dei freni, pompe idrauliche) ma che in alcune occasioni avrebbe finito per coivolgere anche quella più 'pesante' (dai piccoli interventi al motore alle revisioni).

C'è di più. Tolte di mezzo le strutture di ricovero, la nuova compagnia ha puntato a massimizzare i profitti ricorrendo anche a un altro espediente: riparare gli aerei durante la sosta notturna per farli girare di continuo durante il giorno. Perfettamente logico dal punto di vista economico, difficoltoso da realizzarsi al buio. Questa scelta aumenta il livello di fatica sui cosiddetti 'giri macchina', cioè i voli in movimento intorno allo stesso aeroporto, che non rientrano mai a Fiumicino dove è rimasto il grande centro per le riparazioni. Dal 23 luglio, ad esempio, alcuni Airbus 319 e 320 volano solo su rotte da e per Malpensa. Mentre nei due scali milanesi rimangono 90 dei 270 lavoratori presenti fino a maggio, costretti dalle nuove procedure a intervenire di notte e direttamente sul piazzale, in qualsiasi condizione meteorologica e sempre più spesso in regime di straordinario. Su di loro incombe lo spettro della cassa integrazione e del mancato rinnovo dei contratti a termine: "Con queste condizioni ambientali e psicologiche il rischio di errore umano aumenta in modo esponenziale", sostiene Aldo Pignataro, responsabile regionale del trasporto aereo Sdl: "Non si capisce perché l'Enac chiuda gli occhi su queste procedure di manutenzione".

In realtà, gli ispettori dell'Enac, l'ente per la sicurezza dei voli, hanno fatto un blitz a Linate a metà settembre, ma il primo controllo non ha evidenziato situazioni di pericolo. L'unica nota riguarda il magazzino dei ricambi, che è risultato incustodito di notte, privo cioè di personale addetto alla consegna dei pezzi e alla sicurezza. In pratica, il tecnico delle riparazioni è costretto a cercare da solo i ricambi. Altre ispezioni non sono escluse. Ma la questione potrebbe essere inserita dai sindacati, dalla Cgil alle sigle Sdl e Uilt-Utpl, nella vertenza aperta presso la Prefettura di Milano sulle assunzione di Alitalia che non rispetterebbero la prelazione per i cassintegrati. In autunno si potrebbe arrivare addirittura allo sciopero. Perché una volta negli scali milanesi il problema era la nebbia sulle piste, mentre adesso rischia di pesare anche il buio.

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