Il Fuorisalone rappresenta, è e contiene tante cose insieme. La sua storia è plurale e complessa, ma sulle sue origini non vi è alcun dubbio. «Nel settembre del 1990 non si sarebbe tenuto il Salone del Mobile, quindi pensai a qualcosa che potesse mostrare la vitalità dei progetti creativi in città, in modo da richiamare gli addetti ai lavori e anche il pubblico generico». Lo racconta Gilda Bojardi, direttrice della rivista Interni, che quell’anno decise di organizzare la prima Designer’s Week come rete di showroom in città, raccolti in quella che verrà riconosciuta come la prima guida ufficiale al Fuorisalone.
«L’effetto fu evidente: prima ancora dell’arrivo dei grandi investitori, mutò la percezione della città. Alcune zone, furono riqualificate, altre inventate di fatto, tramite una serie di poli di design e il recupero di officine in disuso». Lo scrive in XXX-Y. 30 Anni di Fuorisalone, un libro edito da Skira che celebra le persone, le immagini, i ricordi, i progetti e gli eventi più memorabili che hanno segnato la nascita e lo sviluppo di una manifestazione – ma sarebbe più corretto definirla una piattaforma di eventi – che è diventata l’evento simbolo della città di Milano e il più importante appuntamento al mondo per il design internazionale. Un’azienda italiana storica come Cappellini e Cassina, furono tra le prime a credere nello spirito dell’iniziativa e a creare eventi esterni alla fiera e se ne aggiunsero tantissime altre. Che dire, poi, di quel termine – Fuorisalone – che venne invece ufficialmente adottato nel 1997? «Lo avevo pensato ispirandomi a Off Broadway e all’idea dei percorsi alternativi, fuori dai circuiti istituzionali», spiega la direttrice, nata a Fiorenzuola d’Arda, in provincia di Piacenza ed approdata a Milano negli anni’70 per studiare Giurisprudenza proprio all’Università Statale, oggi tra i punti nevralgici del Fuorisalone. Nonostante il conseguimento della laurea magistrale, capì presto che la sua strada era un’altra: «Avevo bisogno di altri stimoli. A Milano fui aiutata dalla mia curiosità e da una certa capacità di mettermi in gioco», racconta. «La curiosità vince sempre e consente incontri straordinari. Un consiglio che do’ sempre? Essere curiosi. È grazie a quella curiosità che ho avuto la possibilità di fare degli incontri a dir poco straordinari».

Il suo obiettivo? «Creare, fertilità e sollecitare le menti, dare ai creativi e alle aziende l’impulso iniziale affinché le cose succedano», volendo citare la laudatio di Michele De Lucchi al Politecnico di Milano nel 2022, quando le fu conferita la Laurea ad Honorem magistrale in Interior and Spatial Design, un riconoscimento che si è andato ad aggiungere ai tanti ottenuti nel corso degli anni, tra cui l’Ambrogino d’Oro nel 2007, il Compasso d’Oro alla Carriera nel 2020. «La mia grande passione è anche il mio lavoro che mi stimola e mi arricchisce», continua lei. «Il design non è solo il disegno degli oggetti, ma il progetto e metafora dello stesso, grandi idee e ricerca, la capacità di osare cercando di recuperare anche vecchie tradizioni riutilizzando materiali diversi per altri progetti. Nessuno, io per prima, si aspettava un successo del genere. Tutto è cresciuto al di là delle aspettative». Del resto, quella del Fuorisalone è una storia fatta di storie diverse che non riguarda le vicende degli oggetti esposti di anno in anno, «ma più quella del loro contorno e delle persone che lo costruiscono». Una storia che si sovrappone quasi perfettamente con quella di Milano e della sua cultura del progetto, del suo cambiamento e miglioramento. «Trent’anni fa, a New York, durante una cena parlavo di Milano con una persona molto nota che non sapeva neanche dove fosse, aggiunge». «Oggi è diventata una città internazionale di eccellenze con nuove zone costruite accanto ad altre che lo sono meno e il mix, non solo visivo, è straordinario». Tante, varie e inusuali sono state le location utilizzate a partire dagli anni Novanta, tra cui la Fabbrica del Vapore, il Superstudio, l’ex Ufficio delle Poste in Stazione Centrale, lo Spazio 56 in via Savona. Che dire, poi, di Zona Tortona, il primo progetto di marketing territoriale del Fuorisalone, inaugurato ufficialmente nel 2022? «Sono spazi nuovi e sorprendenti che aiutavano a creare un’atmosfera di grande impatto emotivo, spesso sconosciuti anche dagli stessi milanesi».
All’Orto Botanico, restaurato anche grazie al Fuorisalone, verrà ospitato dal 7 al 17 aprile prossimi uno dei progetti più attesi organizzato da Interni per la mostra Cre-Action: la mostra “politica” War Flags by Philippe Starck con Rémi Babinet & Co per ABS Group. Nello Strettone della Pinacoteca di Brera, Marco Balich porterà invece l’opera It Means Peace, realizzata da Balich Wonder Studio con il supporto di Pasquale Bruni. Un grande progetto con oltre 50 designer e oltre quaranta progetti in sei location complessive (oltre alle due menzionate, ci sono anche l’Università Statale, l’Audi House of Progress al Portrait Milano, Eataly Milano Smeraldo e l’Urban Up) per ricordare che il know-how italiano è tale anche grazie al confronto costruttivo tra diverse culture, differenti sensibilità e linguaggi. Tantissimi anche i giovani coinvolti, «intelligenti e fluidi», dice Bojardi, perché «trasmettono energie nuove, è fondamentale lavorare con loro».