Dopo la legge sul divorzio del 1970, gli anni Ottanta videro un netto calo dei matrimoni sia civili che religiosi. Il nostro settimanale diede una lettura sociale del fenomeno

Matrimoni per convenienza - La copertina de L'Espresso del 1981

Siamo nel giugno 1981: gli anni di piombo erano appena passati lasciando una scia di sangue e insicurezza e c’era nel Paese una grande voglia di leggerezza. Forse anche da questo nacque la copertina de L’Espresso dal titolo “Sposarsi è meglio”. Dopo la legge sul divorzio del 1970 c’era stata una netta flessione delle cerimonie sia civili che religiose, ma adesso la tendenza si era invertita. Rita Cirio nel suo articolo notava come si volesse con questa scelta smitizzare - o minimizzare - il rito matrimoniale: «Ci si sposa», dichiarava lo psicanalista Cesare Musatti, «abitudine, perché non si dà più tanta importanza alla cosa». Ma - più realista del re - la giornalista sottolineava anche come con un matrimonio si acquisissero molti punti in graduatoria per gli avanzamenti di alcune carriere. E poi la testimonianza dell’allora assessore alla Cultura di Roma Renato Nicolini, che “sposava per allegria”, e anche quella del compianto Massimo Troisi che - tra il serio e il faceto - ne faceva invece una questione di accettazione sociale.

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