Visioni
10 settembre, 202598 anni fa un giovane inventore americano mostrò al mondo una semplice linea luminosa trasmessa a distanza. Da quel segnale fragile nacque la televisione: non solo un’invenzione tecnica, ma una rivoluzione culturale che avrebbe trasformato il modo di informarsi, di sognare e di guardare il mondo
Nel 1927 la televisione era ancora un’idea vaga, quasi una fantasia. Non apparteneva al linguaggio comune né tantomeno alla vita quotidiana. Ma in quell’anno, in un laboratorio di San Francisco, un giovane di 21 anni tracciò la prima linea di un futuro che avrebbe attraversato tutto il Novecento. Philo Farnsworth riuscì a trasmettere a distanza un segnale elettronico: un segno luminoso, semplice e intermittente quasi impercettibile, un segno semplice, ma sufficiente a inaugurare una nuova era e che avrebbe cambiato per sempre il nostro futuro in un evoluzione senza fine. Fino a quel momento c’erano solo esperimenti, soluzioni ingegnose, ma fragili e limitate. L’intuizione di Farnsworth fu diversa: la scomposizione elettronica dell’immagine, capace di restituire l’illusione del movimento.


Cosi il 7 settembre 1927, davanti a pochi testimoni, una linea comparve su un monitor: la prova che la visione a distanza poteva funzionare Da quel momento la televisione smise di essere un esperimento di laboratorio e divenne conquista per inventori, industrie e governi che ne intuirono il potenziale. Negli anni successivi emersero visioni e pareri contrastanti: c’era chi la vedeva come uno strumento educativo, chi come una nuova vetrina commerciale, chi come un mezzo politico per la propria propaganda sulle masse. La vera novità, però, era culturale: per la prima volta immagini in movimento potevano entrare nelle case di tutti, come una finestra sul mondo.



La diffusione su larga scala arrivò solo dopo la Seconda guerra mondiale, quando i primi apparecchi iniziarono a comparire nei salotti delle città occidentali. In poco tempo, la televisione divenne parte integrante dell’arredamento e della quotidianità. Era un oggetto che non solo informava e intratteneva, ma scandiva i tempi della giornata: l’orario dei pasti, le serate in famiglia, i momenti collettivi tutti attorno ad uno schermo. Il suo impatto fu immediato. La televisione cominciò a raccontare eventi che un tempo avremmo conosciuto solo attraverso i giornali o la radio. La differenza era radicale: ora si poteva vedere. La conquista della Luna, la caduta del Muro di Berlino, i Giochi Olimpici, i mondiali di calcio. Avvenimenti lontani geograficamente divenivano immediatamente condivise nello stesso istante da milioni di persone. L’occhio elettronico permetteva di vivere tragedie e trionfi in diretta, azzerando improvvisamente le distanze. Cronaca, news, varietà, quiz, cartoni animati, ogni generazione ha il suo ricordo legato a una trasmissione.



La tv è la scatola della memoria collettiva, un archivio che ha segnato l’infanzia, l’adolescenza, la maturità di intere generazioni. La televisione ha ridefinito il consumo culturale. Non più solo cinema e teatro, ma uno schermo personale e quotidiano. Non più comunità raccolte in piazza o in sala, ma famiglie attorno a un apparecchio domestico. Un linguaggio nuovo, capace di mescolare informazione, spettacolo e pubblicità, fino a generare un flusso continuo che ha trasformato le abitudini e perfino il lessico. A quasi un secolo da quel giorno del 1927, l’invenzione di Farnsworth sembra una lontana idea, ma è la radice di tutto ciò che oggi diamo per scontato. Dagli schermi digitali agli streaming globali, dai social network alle dirette online, ogni immagine che attraversa il pianeta in tempo reale nasce da quella prima linea luminosa tracciata a San Francisco. La televisione non è stata soltanto un’invenzione tecnica. È stata un nuovo alfabeto visivo che ha cambiato il modo di informarsi, di divertirsi, di fare politica. Ha ridisegnato il nostro modo di guardare e di ricordare. Tutto cominciò con un segno, un lampo sullo schermo. Da allora il mondo non ha più smesso di guardarsi in diretta.

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