La scoperta del bosone di Higgs è un'altra vittoria postuma di Galileo: si può fermare il Sole ma non la scienza. È stato lui a demolire, in nome della sperimentazione, la convinzione radicata nelle sacre scritture che la Terra fosse il centro dell'universo. Il globo che abitiamo è solo un frammento di roccia nel cosmo, disse. E abolì l'idea che il cielo fosse dimora di Dio e sede del Paradiso. Galileo ha restituito al creato la struttura complessa che la Chiesa cattolica, depositaria al tempo di certi dogmi dell'Occidente, aveva semplificato. E quella struttura può essere esplorata: basta avere curiosità, coraggio e strumenti adeguati (nel suo caso, il telescopio).
A quasi 400 anni dalla scoperta che ha ridisegnato le nostre mappe, oggi la fisica, camminando sulle spalle di quel gigante, ha fatto un altro passo enorme: si è avvicinata al piccolo nucleo di materia che, con ogni probabilità, sta all'origine di tutto.Quell'energia minuscola che si fa massa è l'alfa delle cose sottratta alla credenza cristiana per cui c'è Dio all'origine? O, all'opposto, l'uomo ha trovato il segreto di Dio, con ciò implicitamente ammettendo la sua esistenza? Le domande non sono oziose. Ogni volta che la scienza sposta più avanti le colonne d'Ercole della conoscenza si ripropongono perché contengono il nucleo della questione essenziale: che ci facciamo qui? Quasiasi fisico, anche ateo, ammette che la curiosità per le dinamiche e i misteri dell'universo ha a che fare con la metafisica. Lo steso filo conduttore, lo stesso quesito («Perché esiste il mondo?») unisce la filosofia e la poesia alla scienza. Persino Einstein non negava l'esistenza di Dio e la sua affermazione «Dio non gioca a dadi» allude alla necessità che l'ordine dell'universo corrisponda a determinati calcoli di probabilità. Per una parte della mistica ebraica in ognuno di noi alberga la scintilla divina. E se quella scintilla fosse il bosone?
Antonio Bianconi insegna all'università La Sapienza di Roma, è autore di trecento pubblicazioni, tre brevetti e sette libri. È citato oltre seimila volte nelle pubblicazioni internazionali: un fisico che ha i numeri per il Nobel. Da scienziato non credente non parla della scintilla divina ma conferma, in sostanza, che quel termine può servire da metafora per il bosone: «L'universo non è altro che un sistema relazionale». E argomenta con un paragone sportivo: «Immaginiamo che le piccole particelle, fotoni, neutroni, protoni, siano una squadra di calcio. Gli undici giocatori sono privi di massa, in altre parole di identità. Il pallone che si scambiano e che dà loro massa e identità è il bosone. Noi esistiamo in virtù dello scambio di informazioni e questa regola vale per il cosmo intero». Spiega che in principio l'universo era più piccolo della particella più piccola sinora conosciuta (il protone), un puntino insignificante che si espande all'infinito, grazie al bosone. La fisica oggi sa che non esiste né la particella più piccola in assoluto né un soggetto unico, un deus ex machina. E l'universo è appunto una rete di rapporti. Come Internet. Il bosone dunque, mettendo in discussione la gerarchia verticale del creato e sostituendola con una struttura orizzontale e dinamica, mette in dubbio tutte le fedi. Soprattutto quelle monoteiste.
Monsignor Vincenzo Paglia, ex vescovo di Terni, vicino alla comunità di S. Egidio, è stato appena nominato dal papa presidente del Pontificio collegio per la famiglia. E individua due ambiti diversi della ricerca per poi unirli con un ponte: «La scienza ci dice come è fatto il cielo. La fede ci dice come lo si raggiunge. Nella Bibbia Dio crea il mondo con logos e agape, cioè ragione e amore. In questo senso non c'è contraddizione tra le due prospettive. Scienziato e credente si incontrano nello stupore che unisce le due dimensioni».
Entrambi però hanno dei limiti da non superare per il rispetto reciproco: «La fede non deve mettere limiti alla sperimentazione e la sperimentazione non deve violentare la vita. In ogni caso, nessuno può abolire il mistero». E tutti devono tendere al «bene comune». Gli ambiti vanno rispettati: «La scienza non può dire ciò che è bene o male, questo spetta alla filosofia e alla politica perché altrimenti si arriva allo scienziato che scopre come modificare l'uomo e decide di farlo solo con occhi blu e capelli rossi». Sta di fatto che, a ogni scoperta ulteriore sul cosmo, Dio viene messo in discussione. E Paglia trova in questo una tendenza atavica: «Da sempre la tentazione dell'uomo è quella di sentire Dio come colui che limita la libertà e vuole sostituirsi a lui. Mentre per la rivelazione cristiana è l'opposto. Io credo che, dopo la dialettica feroce durata secoli, sia tempo di un nuovo incontro tra scienza e fede».
Riccardo di Segni è uomo di scienza e di fede. Medico, ricopre da 11 anni la carica di rabbino capo della comunità ebraica di Roma. Anche lui, come Paglia, pensa vadano separati i due campi che invece unisce nella quotidiana esistenza. Se la fisica nega ciò che la Torah e le scritture affermano sulla creazione avverte: «La Bibbia non è un libro di scienza. Nell'ebraismo è prevalente l'interpretazione per cui la Torah si esprime con un linguaggio umano, consono a quello degli antichi». Nella modernità, ben vengano le indagini di biologi e chimici. E semmai la questione etica riguarda l'uso delle invenzioni: «Credere che Auschwitz sia colpa della chimica o Hiroshima della fisica è come sostenere che era sbagliato arrivare a capire il meccanismo per produrre il fuoco perché così si incendiano le case e muoiono degli innocenti». Quanto al bosone, «la sua scoperta può rafforzare lo scetticismo, ma in realtà ci pone di fronte alla meraviglia per la perfezione del creato perché qualcuno lo deve pur avere fatto».
Marco Cangiotti, cattolico, è ordinario di filosofia politica a Urbino. Ritiene che il circuito virtuoso tra scienza e fede sia stato innescato proprio dalle incomprensioni del passato: «La chiesa ha saputo apprendere dalla propria esperienza, vedi il caso Galileo, guadagnando non solo il maturo riconoscimento del valore della libertà di ricerca ma anche un preciso approfondimento della vera natura e delle vere dimensioni della sua autorità che così ne è uscita purificata e rafforzata. Un cammino analogo l'ha dovuto percorrere la scienza per abbandonare la pretesa di esclusività del proprio potere conoscitivo alla luce del quale la fede era giudicata come irrazionale superstizione». La crescita reciproca può continuare anche col bosone: «L'universo è un sistema di relazioni? Questo implica alcune suggestive riflessioni di carattere teologico e filosofico. Per il cristianesimo Dio è Trinità, non un monolite solitario, ma comunione, circolazione di una relazione di amore tra Padre, Figlio e Spirito Santo. In estrema sintesi, Dio è relazione».
Franco Scaglia, presidente di Raicinema, viene spesso definito scrittore cattolico. E l'abito gli va stretto: «Sono un cattolico laico». E come tale esprime un punto di vista originale: «Sono convinto che non esistiamo solo noi e che l'universo sia piuttosto popolato. L'uomo è una pila non totalmente funzionante e ci sono forme di esistenza più avanzate della nostra che stiamo a un gradino basso. In quest'ottica immaginare l'esistenza di qualcosa di superiore è legittimo. Quel qualcosa che permette il movimento è Dio». Non c'è vita solo sulla terra, insomma, e questo contraddice la credenza religiosa dell'unicità dell'uomo. «Ma essere cattolico, per me signfiica solo avere un universo morale, psicologico e mentale. Niente di più».
Giulio Giorello, infine, è filosofo e matematico, titolare della cattedra di Filosofia della scienza alla Statale di Milano. «Le teorie scientifiche», dice, «sono controllabili e soggette a verifiche. Galileo sosteneva che quello che oggi scriviamo sulla lavagna domani lo cancelleremo».
La scienza non pretende di arrivare alla verità ultima, a differenza delle fedi e delle teologie, perché ci sarà un'altra teoria che svelerà gli errori delle precedenti. Quindi per lo scienziato «non ci sono misteri, ma problemi non ancora risolti. E c'è speranza». Da questo punto di vista «la scienza è la ricerca della felicità». E la fede? «Un dono che va usato bene. Anche il credente ha dubbi basti pensare a Santa Teresa D'Avila o a San Giovanni della Croce». Ad accomunare lo scienziato che cerca il bosone e il mistico che aspira all'unità con Dio c'è il coraggio delle conseguenze delle proprie azioni. Ma non corriamo il rischio, come dice il vescovo Vincenzo Paglia, di voler prendere il posto di Dio? «San Tommaso diceva: non distraetevi guardando troppo nei misteri dell'universo. Però abbiamo il dovere di cercarli. Ecco perché la scienza è sovversiva. Ma il lato bello, simpatico dei tre monoteismi è che in fondo Dio vede con piacere l'attività di ricerca».
Per Giorello «nemmeno la fede è in grado di dare spiegazioni cosmologiche. Noi siamo come il pittore che, dipingendo un quadro, dipinge anche se stesso. Siamo un insieme di piccole particelle, un pezzo di vita che fa una ricerca sulla vita». Tradotto: cercando Dio e il bosone in realtà cerchiamo di capire chi siamo. «Non esiste un disegno intelligente, ci sono solo processi materiali che hanno permesso la nascita di una specie che in continuazione si pone domande sul proprio posto nella natura».
Ma tutto il rumore intorno al bosone una cosa positiva l'ha prodotta: «Finalmente ci si rende conto che la filosofia non può fare a meno della fisica. Scienziati come Einstein, Bohr o Heisenberg erano dei grandi filosofi perché si erano posti le domande primarie e definitive sulla nostra esistenza».