Gruppi di studenti che si ritrovano, a sorpresa, in un luogo pubblico: dove ciascuno, in silenzio, inizia a leggere un libro. E' la più innovativa forma di contestazione inventata dai liceali e dagli universitari di Milano. Due ragazzi spiegano cos'è e che ragioni ha

Si chiama Flashbook ed è una nuova forma di protesta, silenziosa e pacifica, inventata dagli studenti. Si tratta di andare tutti insieme, a sorpresa e organizzandosi in Internet, in un luogo pubblico: una piazza, l'angolo di due strade molto frequentate, il passaggio di fronte a una vetrina importante. Lì ogni studente inizia a leggere, in silenzio, un libro diverso. Il tutto dura poco più di un'ora, poi l'assembramento di lettura si scioglie così come si era formato. Due ragazzi milanesi hanno scritto per spiegare il senso di questa protesta così diversa da quelle a cui siamo abituati. Ecco i loro interventi.

Pulita e rispettosa: ma anche la nostra è violenza

Come riempiresti il silenzio di 140 persone che leggono, insieme, sedute per terra in piazza impedendoti di passare?

Flash Book è un modo diverso di fare protesta: persone di ogni tipo si incontrano nello stesso luogo, leggendo un libro a scelta, aderendo personalmente al gesto espressivo comune. Come un flash mob, ma con il libro. Il silenzio è essenziale: è la nostra forma per comunicare senza essere strumentalizzati, sottraendoci alla violenza della connotazione politica e ideologica.

L’idea di Flash Book è nata agli inizi di dicembre nel pieno delle agitazioni studentesche, nel disagio che accomuna studenti e non, nei confronti di una cultura malata, un problema generalizzato che va ben oltre la riforma Gelmini. L’esigenza di trovare un’iniziativa potente ma intoccabile, legale, era latente da tempo. Un modo per mostrare un volto nuovo della protesta: la sua dignità, la sua ragionevolezza, la sua legittimità.

Il concetto di fondo è che il silenzio ingombrante della lettura, oggi, può essere un fortissimo simbolo di protesta. Sabato scorso eravamo molti a testimoniare che la cultura è importante. Essa è stata e rimane fondamento di ogni percorso politico, sia esso pubblico o personale, a dispetto della sua progressiva mortificazione. Ciascuno ha i propri motivi per partecipare e la propria denuncia da gridare. Chi vuole, può esprimersi liberamente in un volantino personale da distribuire durante l’evento: Flash Book vuole essere catalizzatore di tante singolari proteste.

Sabato 11 dicembre 2010 il primo evento Flash Book, organizzato in due giorni al rientro dal ponte, aveva raccolto solo 9 temerari, nonostante la discreta diffusione dell’invito nelle aree studentesche più “attive”. Sedersi in 9 nel bel mezzo del fiume dello shopping, di fronte alla Rinascente, è stata un’esperienza. Nell’ora e mezza del nostro studio intensivo la gente si fermava, prendeva i volantini, talvolta chiedeva, si complimentava. Ma non interrompeva il silenzio, lo rispettava. Forse lo stimava.

Noi eravamo, a sorpresa, euforici: da rifare!

Questo è stato il primo Flash Book.

Da allora abbiamo creato il gruppo su Facebook, che ha raccolto 500 iscritti in meno di tre giorni, e organizzato il secondo ritrovo, sabato 18, che ha visto una partecipazione inaspettatamente numerosa. Flash Book, però, è rimasto lo stesso un evento. Internet è un mezzo potente e ci permette di dibattere e fare proposte in tempo reale in uno spazio condiviso, ma solo nello spazio concreto della piazza Flash Book è reale.

Una cosa che molti non colgono guardandoci da fuori è che Flash Book, a modo suo, è di una violenza profonda, “pulita”, rispettosa: il passante, spiazzato, non può che trasformarsi in spettatore, non può rimanere indifferente, proseguire oltre senza chiedersi il perché. Per comprendere questa violenza bisogna innanzitutto capire che la violenza di cui la Cultura è ogni giorno oggetto è subdola, silenziosa, arriva dalla tivù come dal becero esempio di politici e famosi: per questo qualsiasi risposta fisicamente violenta non può fermarla.

Nonostante Flash Book possa essere liquidato da molti come protesta anti-Gelmini, il suo significato collettivo non è schierato politicamente, ma vuole solo dare la possibilità di esprimere il proprio dissenso particolare: ogni lettore, poi, ha la propria protesta, ha il proprio motivo per essere scontento. Alcuni a favore, altri contro, la loro posizione è pacificamente integrata in un gesto espressivo semplicemente piacevole.

Carattere distintivo è il divertimento, la gioia di esserci che traspare da ogni singolo partecipante: la protesta, demonizzata come disfattista, spaventevole, brutale, nel Flash Book diventa positiva, esteticamente bella. E in questo nuova.

Il confronto e gli spunti offerti dalla vita quotidiana sono fin dall’inizio alla base di un progetto che vuole coinvolgere qualunque cittadino lo ritenga valido. A partire da un’intuizione personale l’idea si è poi realizzata attraverso il costante lavoro collettivo, spesso spinoso, convinti di poter dare vita a qualcosa che valga la pena.

Il problema che ci si pone, ora, è fino a che punto possiamo rappresentare con le nostre idee, e con le nostre firme, le innumerevoli anime di Flash Book, che nasce per accogliere infinite proteste, infinite proposte. Chi siamo noi per parlare a nome di tutti? Nessuno di noi è abbastanza presuntuoso da firmarsi “Flash Book”.

Lorenzo Pisoni, studente di Filosofia al secondo anno dell'Università degli Studi di Milano, in rappresentanza di Flash Book.

E adesso criticate anche questo

Nella vita siamo tutti stati invitati almeno una volta a “fare una chiacchierata” da un amico. Chi però si è mai sentito dire: “Dai vieni anche tu, ci facciamo una bella silenziata!”?

Negli anni ’70 le occupazioni e le manifestazioni spiccavano perché uscivano dal sistema. Oggi, nonostante a mio parere abbiano ancora senso se ben gestite, fanno parte del gioco. I presidi hanno pronte le contromisure da adottare e il tutto viene liquidato come una “bravata giovanile” o un “rituale adolescenziale folkloristico” e superato senza il minimo disagio.

All’esigenza di qualcosa di nuovo, che rompesse gli schemi non di ieri ma di oggi, ho trovato una risposta mercoledì 15 dicembre, quando ho ricevuto su Facebook l’invito ad entrare nel gruppo chiuso chiamato “FLASH BOOK”. “Ecco la novità, ecco qualcosa che può smuovere finalmente le masse di ragazzi passivi che, nonostante abbiano delle idee sulla situazione politica attuale, si limitano solamente a criticare l’operato di qualsiasi gruppo attivo tra i giovani. “Speriamo in bene”, mi sono detto. Per una volta sperare è servito. Partecipo al secondo Sit In indetto - il 18 dicembre - e invito chiunque mi capiti a tiro. Nonostante il gelo siamo più del previsto, circa 140 contro i 9 del primo incontro, la settimana precedente, prevalentemente studenti di università e licei. Alle 15:30 ci piazziamo davanti all’entrata della Rinascente di piazza Duomo e cominciamo la nostra silenziosa protesta, schiene contro schiene e libri in mano.

L’eccitazione sulle facce dei ragazzi, specialmente su quelle dei più giovani come me, si nota subito, così come la determinazione di tutti i presenti. La calca è aggravata dai curiosi che scattano foto e prendono volantini, a tal punto che presto gli addetti alla sicurezza della Rinascente escono e provano a cacciarci. “Non ci muoviamo finché non ci dimostrate che il luogo in cui siamo seduti è una proprietà privata” affermiamo. Ma la dimostrazione arriva presto insieme al padrone della Rinascente in persona e, fedeli ai nostri ideali non violenti, lasciamo i caldi portici per sistemarci in piazza.

Meno riparati di prima e ancora più infreddoliti, non ci diamo per vinti; è fatto passare del tè e qualche cibaria, scattata ancora qualche foto. Tra tutti i presenti all’evento sono colpito particolarmente da un bimba che non ha più di 8 anni, anche lei col suo libriccino e la faccia convinta. Incontro amici di “opposto” schieramento politico, “opposti” ideali, a lottare per la cultura di tutti ci sono persone di tutti i generi.

Alle 5 precise triplice fischio, l’ideatore di tutto il movimento e della protesta stessa sancisce il termine del Sit In; tutti a casa.

Adesso, criticate anche questo.

Flavio Edoardo Restelli, studente al Liceo Classico Giovanni Berchet, Milano.

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