Gli islamisti si sono appropriati del potere dopo la rivolta. Ma i popoli non accettano il nuovo regime. E si ribellano ancora

L'assassinio del dissidente tunisino Chokri Belaid e le sue ripercussioni sull'opposizione laica e democratica, così come le manifestazioni di protesta in Egitto contro la nuova dittatura islamista, dimostrano che la cosiddetta "primavera araba" non è finita né si è persa strada facendo. Anche se alcuni fondamentalisti estranei a queste due rivoluzioni si sono impadroniti "democraticamente" del potere, ciò non significa che i popoli accettano il nuovo regime. L'incompetenza e i contrasti interni al movimento religioso screditano i due governi in carica, incapaci di lottare efficacemente contro la corruzione, la disoccupazione e la povertà e di porre fine alle attività criminali dei salafiti decisi a instaurare prima o poi la sharia in entrambi i paesi attraverso la violenza e il terrore. Ben Brik, un giornalista schierato con l'opposizione, ha paragonato il martirio di Chokri Belaid a quello del sindacalista Ferhat Hached, assassinato da un gruppo terrorista nel 1952: un tragico episodio seguito da uno sciopero generale che segnò l'inizio della lotta per l'indipendenza.

Gli islamisti hanno mostrato il loro vero volto, quello del fanatismo e dell'intolleranza, solo dopo essersi impadroniti del potere. Oggi, anche se non ci sono ancora prove, la responsabilità della morte di Chokri viene attribuita a Ennahda. Un giornalista tunisino è stato arrestato perché ha accusato il ministero dell'Interno di questo assassinio. Il governo, in effetti, pur sapendo che il leader dell'opposizione era minacciato, non aveva fatto niente per proteggerlo né aveva indagato sulla provenienza di queste minacce inviate per iscritto o via sms sul suo cellulare. Belaid non era l'unico ad essere minacciato di morte. Si sapeva che i salafiti sono violenti e non esitano a uccidere. Era noto anche che Ennahda intrattiene rapporti ambigui con questi fanatici furiosi. Lo scorso settembre, i salafiti hanno attaccato l'ambasciata americana a Tunisi. Ancora una volta il potere si è dimostrato debole e compiacente verso questi jihadisti. Già negli ultimi due anni è stato contestato da duecento scioperi regionali e oggi da uno sciopero generale su scala nazionale che lo ha messo con le spalle al muro.

Ennahda accusa la Francia di ingerenza negli affari interni del paese. Manuel Vals ha bollato l'islamismo come una forma di fascismo. La morte di Chokri Belaid ha avuto certamente un grande effetto in Francia dove vive un'importante comunità tunisina. Quando si evoca "la mano dello straniero" significa che si è a corto di argomenti per spiegare quanto è accaduto. Per il momento, l'elaborazione di una nuova costituzione segna il passo. Il governo non è più credibile e il primo ministro non riesce a formare un esecutivo tecnico. Così la Tunisia sprofonda in una situazione che rischia di far scoppiare una guerra civile. Lo stesso sta avvenendo in Egitto dove Morsi non desiste dalla sue pretese e si comporta come l'ex presidente Mubarak. Il fratello di d'Ayman al Zawahiri, il capo di al Qaeda, ha recentemente accusato la Francia di «aver dichiarato guerra all'Islam» intervenendo nel Mali.

A fine gennaio, 42 persone sono morte durante le manifestazioni contro Morsi nella città strategica di Porto Said. Malgrado l'appello alla calma lanciato dal rettore dell'università di al Azhar, uno dei principali centri d'insegnamento religioso dell'Islam, gli egiziani sono scesi nelle strade di Alessandria, di Ismailia, del Cairo e di molte altre città. Morsi è stato accusato di aver tradito lo spirito della rivoluzione, mentre i Fratelli Musulmani accusano gli oppositori di voler destabilizzare lo Stato. Nel frattempo, la contestazione prosegue e nulla è stato risolto. La rivoluzione di fatto continua e la lotta cui stiamo assistendo si svolge tra due forze contrapposte: da un lato, gli islamisti già insediati al potere ma incapaci di esercitarlo democraticamente; dall'altro, un'opposizione d'ispirazione laica, e in ogni caso non religiosa, che tende a difendere la libertà individuale e quella di parola e d'azione, entro uno Stato di diritto che non sia sottoposto ad alcuna ideologia particolare, né islamica né marxista.

L'assassinio di Chokri Belaid segna una svolta nella storia della rivoluzione tunisina. Interprete della modernità, simbolo di un'opposizione che non fa concessioni, Belaid rimane un personaggio molto popolare, destinato a incarnare il risveglio della coscienza rivoluzionaria a immagine di Mohamed Bouaziz che, col suo gesto e senza essere consapevole delle conseguenze che avrebbe provocato, era diventato il primo martire di questa rivoluzione.