Il secondo incontro nel capoluogo pugliese per parlare di immigrazione e politica. Con i nostri giornalisti, l'ex presidente del Consiglio, il sindaco Michele Emiliano e Ilvo Diamanti

L'Europa, i populismi, il dibattito sull'immigrazione e le responsabilità della politica. Sono questi i temi del dibattito che ha preso vita al Teatro Petruzzelli di Bari nell'appuntamento dei "Dialoghi dell'Espresso".

Una serata in cui, dopo l’evento mattutino con Fabrizio Gatti dedicato al dramma al largo di Lampedusa dell'11 ottobre, il direttore del nostro giornale Bruno Manfellotto, coadiuvato dal caporedattore Gigi Riva, ha intervistato Massimo D’Alema sul tema “Noi e l’Europa”. Hanno inoltre preso parte all'incontro il professor Ilvo Diamanti, politologo e firma di Repubblica e, per i saluti, il sindaco di Bari Michele Emiliano.
[[ge:rep-locali:espresso:285494284]]
E' proprio il primo cittadino a parlare degli sbarchi degli albanesi nei primi anni ’90 sulla costa pugliese. «Bari è la città del CARA - afferma Michele Emiliano - ma è anche la città che seppe accogliere sotto la guida dell’allora sindaco Dalfino, poi ingiustamente criticato, gli albanesi della nave Vlora. Credo che il passo da compiere oggi sia, in relazione al ruolo di porta a sud dell’Europa che Bari svolge, lavorare sulla seconda accoglienza, troppo spesso delegata ai “soli” comuni».

Dai saluti si passa subito al cuore del problema. «Il tema dell’Immigrazione e dell’Europa si sono saldati - sostiene il direttore Bruno Manfellotto - soprattutto dopo il successo delle formazioni politiche euroscettiche. In tutto questo il populismo che ruolo ha e che significato assume?».
[[ge:rep-locali:espresso:285119615]]
Una domanda che richiede l’apporto scientifico di uno studioso come Diamanti. «E’ un concetto che riguarda innanzitutto l’identità, ma è anche qualcosa di negativo che riferiamo sempre agli altri. I populismi rappresentano il riferimento ad un popolo senza distinzioni, che si definisce attraverso i suoi nemici e che li identifica da un lato nelle istituzioni e dall’altro negli “altri”. I nemici sono chi governa, gli immigrati (gli altri) e l’Unione Europea. Un sintomo che parla chiaro. Questa è l’epoca del malessere democratico».

«Mi piace dire che il populismo è il sintomo - aggiunge Massimo D’Alema - ma la malattia è la crisi della democrazia europea, quando si ha la febbre con la medicina non si cerca di curare il sintomo ma la causa, la malattia». Esistono però precise differenze anche all’interno dei populismi. «In Francia ad esempio è il Front National, con una forte base politica. In Italia invece - conclude Diamanti - passa attraverso la personalizzazione e la mediatizzazione».

Ma l’epoca attuale è anche la stagione che maggiormente “parla” di Europa e le attribuisce spesso anche un giudizio negativo. «Da cosa si può ripartire?» chiede retoricamente il direttore a Massimo D’Alema.

«Dall’Europa sicuramente. Agli euroscettici non contesto le perplessità sull’Europa, che confesso di avere anch’io rispetto all’attuale politica europea, ma le soluzioni. Propongono ricette catastrofiche. Oggi le ricchezze, come a inizio secolo, si sono nuovamente concentrate nelle mani di pochi buttando via sessant’anni di democrazia. E accade inoltre che la politica deve sottomettersi a regole economiche e non può decidere più nulla ma narrare. Mi spiace dirlo ma anche i partiti democratici oggi devono dotarsi di una dose di populismo. Anche noi - conclude ironicamente D’Alema - abbiamo provveduto a farlo».

«L’Europa però - riflette Gigi Riva, caporedattore dell’Espresso - è il luogo dove per la prima volta non ci sono state guerre. Si è progressivamente costruita una casa con 27 camere. Se guardo indietro dico che tutto questo non è da buttare. Perché quindi questo racconto non passa? Perché questa narrazione non ha presa?».

«Si assiste ad un atteggiamento disincantato - sostiene Ilvo Diamanti - del tipo: non mi piace l’euro ma lo accetto perché ho paura ad uscirne. Ma si può accettare qualcosa solo per paura?».

«Dobbiamo rivendicare la bontà del progetto europeo - replica D’Alema - Il mio, quello racchiuso nel libro, è un manifesto politico attuabile sulla base delle regole vigenti. Certo, per funzionare questa Europa dovrebbe essere più solidale, meno germanocentrica e pronta ad uno spostamento a sinistra. Ma anche la sinistra poi dovrebbe prender coscienza del proprio ruolo centrale».

Dall’Europa al tema immigrazione il passo è breve, ma apre anche ad una serie di riflessioni che attraversano anche il tema della sicurezza e dei diritti. «In Italia - afferma Diamanti - il ruolo dell’immigrazione nel senso di sicurezza è calato nel corso del tempo. Oggi gli immigrati non sono più elemento di paura per la sicurezza, anche perché l’Italia rappresenta solo un transito».

D’Alema invece capovolge la sfida. «Se vogliamo mantenere il livello di popolazione italiana di oggi, tra 50 anni avremo bisogno di 30 milioni di immigrati. Una dichiarazione provocatoria che in passato mi ha esposto a duri attacchi. Oggi abbiamo molti immigrati che pagano contributi e che non percepiscono pensioni. Sono anche loro a pagare le nostre pensioni. Siamo in un paese in cui il 12 per cento della forza lavoro - perlopiù lavori umili - non ha diritto di voto. Pagano le tasse ma non hanno diritto di voto. E quando tu escludi dalla rappresentanza questa fetta importante di cittadini diventa tutto più difficile. Il riconoscimento dei diritti politici è una chiave fondamentale. Brutto a dirsi, ma probabilmente quando il loro voto conterà le istituzioni se ne prenderanno cura».

Fabrizio Gatti porta la propria testimonianza su quanto accaduto dal 20 settembre all’11 ottobre 2013 a largo di Lampedusa e rimarcando quanto ancora sia necessario fare sul fronte immigrazione a livello europeo. «L’idea di lasciare la responsabilità di tutto ai paesi mediterranei è il sintomo della caduta dei valori europei - replica D’Alema. Quando abbiamo gestito la crisi in Kosovo siamo andati a prendere i profughi con le navi. Nessun naufragio, nessun morto nel viaggio verso l’Italia. Forse le cose possono esser trattate in modo differente, basta aver chiaro il progetto di Europa che vogliamo».

«Mi chiedo come si faccia a lavorare oggi per l’Europa - conclude Michele Emiliano - come faranno i deputati europei che presto eleggeremo a lavorare in questo contesto. Io spero ora di portare la mia esperienza di sindaco in Europa e provare a rappresentare le istanze venute fuori oggi in questo dibattito».

ha collaborato Gennaro Balzano