Le maestose arcate severiane da una parte, gli Orti farnesiani e le suggestive rovine dei Fori dall'altra. E sullo sfondo una visuale unica, che comprende tutta la città e oltre, dai Colli Albani al monte Soratte celebrato da Orazio. Proprio da quel colle Palatino dove Roma nacque e crebbe e che ancora conserva i resti delle residenze imperiali, da Augusto a Domiziano.
È in questo angolo di paradiso, fra il Colosseo e il Circo Massimo, che l'architetto Francesco Prosperetti, arrivato a febbraio a guidare la Soprintendenza archeologica, vorrebbe realizzare un ristorante di lusso per rimpinguare le esangui casse ministeriali. Camerieri in livrea sulla terrazza dell'Antiquarium e negli spazi al secondo piano che oggi ospitano la biblioteca Palatina, pochi tavoli per un pubblico selezionato, menu a prezzi non propri popolari: un esempio di quella valorizzazione che punta sui servizi aggiuntivi (bar, tavole calde, bookshop) per accrescere i fondi destinati ai beni culturali, ma che finora quasi sempre si è rivelata un affare solo per i privati.
Sarà così anche ai Fori? Impossibile saperlo adesso. Di certo il progetto - che nelle intenzioni dovrebbe essere terminato nel 2016 - procede a ritmo spedito. E proprio in queste settimane sono in corso gli accertamenti nell'edificio per verificare la fattibilità: agibilità, accertamenti strutturali, adeguamento dell'impianto dell'ascensore. Dell'intenzione di trasformare la biblioteca in un locale deluxe per pochi intimi Prosperetti aveva già parlato l'estate scorsa.
Adesso, con l'approvazione del bilancio per il prossimo triennio nei giorni scorsi, ci sono anche i primi stanziamenti. A quanto risulta all'Espresso, secondo i calcoli degli uffici con 1 milione circa si potrebbe trasferire la biblioteca (a Palazzo Altemps) e adibire a ristorante il secondo piano e la terrazza dello stabile.
Non mancano tuttavia le controindicazioni, che hanno fatto storcere il naso a più di un funzionario. A cominciare dal fatto che realizzare un ristorante sul Palatino, per quanto raffinato, comporterebbe un discreto viavai nel bel mezzo dell'area archeologica, dai furgoni dei fornitori a quelli della lavanderia industriale.
Senza contare che - almeno allo stato attuale - non sempre i servizi aggiuntivi sono così vantaggiosi per le casse statali, come mostra proprio il caso della Soprintendenza archeologica di Roma: l'affidamento alla berlusconiana Electa-Mondadori e alla rossa Coopculture risale al 1997, è scaduto nel 2009 e da allora i concessionari vanno avanti a colpi di proroghe anno dopo anno.
E con la motivazione che in regime di proroga non è possibile modificare le condizioni contrattuali, non è mai stata rivista la ripartizione degli utili. Che non è proprio il massimo per lo Stato, che incamera l'86 per cento dai biglietti ma solo il 30 per cento dalle visite nei siti a ingresso limitato, il 25 per cento da libri e gadget e, soprattutto, nemmeno un euro da audioguide e visite guidate ordinarie (che l'anno scorso a Roma hanno prodotto 3 milioni di incasso, andati tutti ai privati).
Dal momento che l'affidamento non comprende la ristorazione, per il Palatino servirebbe fare una gara. Nella speranza di spuntare quanto meno condizioni vantaggiose, se proprio si intende mettere un gioiello a disposizione di una clientela facoltosa per una indimenticabile cena a lume di candela vista Fori. Aprire un ristorante infatti, per quanto di lusso, non è necessariamente sinonimo di affari a gonfie vele per il pubblico.
A Roma l'unico museo che, oltre al bar, ha anche una tavola calda è la Galleria d'arte moderna a Valle Giulia. Nel 2014 gli incassi hanno superato 1 milione ma al museo sono andati solo gli spiccioli: appena 83 mila euro, poco più del 7 per cento.