Organizzare un a serie di incontri. Riuscire a coinvolgere il pubblico. Sono fasi della vita culturale importanti quanto la scrittura. Ogni lettore dovrebbe conoscerle. Parola di scrittrice

Chiara Valerio

Ho cominciato a pensare alle manifestazioni fieristiche e festivaliere, con tutte le differenze che passano tra le une e le altre, quando mi sono trovata a farne una, nel 2017. Nonostante le controversie, prima, dopo e durante Tempo di Libri, sono ancora convinta che quel programma culturale, ordinato per lettere, fosse avveniristico. Di certo, anticipasse quello che è successo poi.

Incontri tematici e non presentazioni di libri, eventi raccolti, lungo tutto l’anno, sotto il cappello del festival con la conseguente, ossimorica, trasformazione di un evento, in un processo. Da quando ho letto Leo Longanesi, “La mia Signora”, ho sempre diffidato degli eventi: l’Italia è più abituata all’inaugurazione che alla manutenzione.

Senza Silvia Barbagallo, che curava e cura la fiera Più libri più liberi, e altre manifestazioni, ovviamente non sarei andata da nessuna parte perché nelle idee senza prassi non puoi farci camminare dentro migliaia di persone, e senza comportamenti culturali, non esiste cultura.

Dunque, facendolo, ho capito che le fiere e i festival avrebbero somigliato sempre di più a editori. Editori temporanei, ma editori. Editori di eventi. Da questo punto di vista le manifestazioni fieristiche e festivaliere, somigliano anche a librerie, espongono in maniera ragionata, in accordo alle intenzioni, non sempre concordi, del libraio e del mercato.

L’occasione di Insieme fa riflettere su quanto i festival e le fiere non siano che una componente di una architettura editoriale la cui evoluzione, e le cui prospettive, vanno valutate globalmente. I festival e le fiere sono, infatti, anche librerie temporanee, qualcuna indipendente, qualcuna di catena (esistono consorzi di festival, per esempio). I festival e le fiere sono il catalogo temporaneo dell’editoria italiana, consultabile, in certi giorni dell’anno e non in altri.

E credo che questa caratteristica si accentuerà. Le misure restrittive per il contenimento della diffusione del Covid19 impediscono, di fatto, le presentazioni nella maggior parte delle librerie che sono luoghi nei quali si stava di solito allegramente stipati ad ascoltare chi parlava. Adesso – quanto durerà questo “adesso”? –, non è possibile stare stipati in alcun luogo e dunque i festival e le fiere rimangono, in effetti, gli unici posti dove sia possibile presentare, fisicamente, i libri.

Sarebbe opportuno - nonostante non sia bello dal punto di vista simbolico portare i libri fuori dalle librerie -, sarebbe opportuno che ogni Museo adottasse una o più librerie di modo da consentire lo svolgimento di presentazioni in spazi adeguati a questo tempo di distanziamenti, sarebbe opportuno che i plateatici venissero concessi non solo per servire bevande, e che anche grandi studi di avvocati, o commercialisti, o architetti, o che so, facessero lo stesso - dove sono i privati che pure hanno fatto per la cultura italiana? - sarebbe opportuno che quei microfestival e microfiere che sono, in sé, le librerie italiane, fossero riconsiderati come l’inizio e la conseguenza e la manutenzione dell’editoria di eventi che è quella che, mi pare, si stia affermando sempre di più.

La scrittrice Chiara Valerio sarà in dialogo con Marco Malvaldi, in un appuntamento intitolato “La scienza è uguale per tutti” (il 2 ottobre, alle 17,30, Auditorium)