Renzi e il Pd hanno sempre giustificato le brutture della nuova legge elettorale con gli impegni presi ?con Berlusconi. ?Ma ora che il Patto non c’è più, ?perché si continua ?a insistere? Un saluto ai lettori dell’Espresso

Ma se il Patto del Nazareno è finito, perché lo rispettiamo?». La domanda di Pierluigi Bersani non ha avuto risposta. Eppure la meriterebbe. Da un anno Renzi & his friends replicano a ogni critica sulla legge elettorale con lo stesso mantra: se dipendesse solo da noi, tutti i deputati verrebbero scelti dai cittadini senza liste bloccate (Italicum prima versione) o capilista bloccati (Italicum seconda versione); ma purtroppo l’Italicum è frutto di un compromesso con Berlusconi e si può cambiare solo se Forza Italia è d’accordo.

Poi aggiungono letture tecniche tanto consolatorie quanto false. L’ultima è che i capilista bloccati dell’Italicum, uno per collegio, equivalgono ai candidati della quota maggioritaria del Mattarellum: li scelgono i partiti, se però l’elettore non gradisce quello del suo collegio può benissimo non votarlo e premiare un altro partito con un capolista migliore. Ma il parallelo non regge. Nell’uninominale (Mattarellum a turno unico o sistema francese a ballottaggio), ogni collegio esprime un solo eletto, con un rischio altissimo: se il partito sceglie un candidato sbagliato che non arriva primo, questo resta a casa e la lista perde il collegio.

Con l'Italicum, gli eletti in ogni collegio sono più di uno, con rischio zero: i capilista bloccati dei partiti maggiori vengono tutti eletti, anche se arrivano secondi o terzi. Nel primo caso, i segretari di partito (escluse le forze minori) non sono affatto certi di portare a Montecitorio i propri protégé; nel secondo, comunque vada, se li portano: la quota-rischio è limitata alla porzione di deputati eletti con la preferenza. E questi comunque riguardano solo la lista che arriva prima e si pappa il premio di maggioranza: 100 capilista bloccati, cioè nominati, e 240 eletti con le preferenze. La seconda classificata ha invece 97 capilista nominati e nessuno scelto con preferenza. E così la terza (70), la quarta (60) ecc. Totale: su 630 deputati, circa 390 saranno nominati e solo 240 eletti (meno di un terzo). Finora questo aborto veniva spacciato per un diktat del Caimano in cambio dei suoi voti decisivi al Senato. Maria Elena Boschi, ministro delle Riforme: «Eventuali modifiche alle liste bloccate possono essere considerate solo se condivise con Fi. Non si cambia partner all’ultimo momento» (20.6.2014). Debora Serracchiani, vicesegretario Pd: «L’accordo è un compromesso con Fi. Si può modificare se sta bene a tutti» (5.7.2014). Matteo Renzi: «Ogni modifica, anche sui capilista bloccati, dev’essere approvata dai contraenti del Patto del Nazareno» (17.12.2014).

Ora però Fi dichiara morto il Patto e vota contro tutte le riforme. Dunque le chiacchiere e gli alibi stanno a zero. Ha detto bene l’8 febbraio il vicesegretario Pd Lorenzo Guerini: «L’unico punto su cui c’è discussione è quello che sta più a cuore a Berlusconi: i capilista bloccati. Se Fi non sarà della partita, faremo le scelte che riterremo giuste in aula». Poi però in aula i renziani hanno tirato diritto sui capilista bloccati, anche se il Nazareno - almeno ufficialmente - non esiste più. Perché invece non azzerare l’obbrobrio e aprire un dialogo con i 5Stelle e Sel, che due anni fa siglarono col Pd la mozione Giachetti per tornare al Mattarellum? La scusa di tener buona Fi in cambio dei suoi voti al Senato non regge più. Se il premier insiste sull’Italicum, i casi sono due. O sa che il Nazareno non morirà mai. Oppure non è più Berlusconi che vuole nominarsi i deputati: è Renzi.

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Questo è l’ultimo articolo che scrivo per “l’Espresso”, dove fui chiamato a collaborare da Claudio Rinaldi e Giampaolo Pansa nel 1997. Il nuovo ruolo di direttore del “Fatto Quotidiano” mi impone una dedizione totale al giornale che ho fondato sei anni fa con un gruppo di colleghi. Non ringrazierò mai abbastanza i direttori che hanno creduto in me e mi hanno insegnato tanto (oltre al grande Rinaldi, Daniela Hamaui, Bruno Manfellotto e Luigi Vicinanza), gli amici della redazione, l’editore e i lettori che mi hanno sopportato, facendomi respirare un clima più unico che raro di libertà, serietà e impegno. Non dimenticherò questi 18 anni di “Espresso” e, se qualcuno si ricorderà di me, ne sarò felice.