Attualità
16 marzo, 2015

Grandi opere, spuntano regali al ministro Lupi "Abito sartoriale per lui e un lavoro al figlio"

Nelle carte dell'inchiesta sugli appalti anche il titolare delle Infrastrutture, che non è indagato. Secondo l'accusa avrebbe ricevuto doni per sé e per il figlio, incluso un rolex. La replica: "Mai chiesto favori"

L’inchiesta di Firenze che ha portato all’arresto dell’uomo delle grandi opere Ercole Incalza punta dritta al ministro delle Infrastrutture.

Maurizio Lupi, uomo di peso nel governo Renzi in quota Nuovo Centrodestra, non è indagato ma secondo l’accusa, avrebbe goduto di incarichi di lavoro per il figlio Luca e di regali per la famiglia: un vestito sartoriale per lui e un orologio Rolex da 10mila euro al primogenito, in occasione della laurea.

A regalare il vestito al ministro sarebbe stato Franco Cavallo, uno dei quattro arrestati che secondo gli inquirenti aveva uno “stretto legame”, tanto da dare “favori al ministro e ai suoi familiari”.

«Da una telefonata del 22 febbraio 2014 – si legge nell'ordinanza – emerge che Vincenzo Barbato (un sarto che avrebbe confezionato un abito per Emanuele Forlani capo segreteria del ministero e ciellino come il suo mentore ndr) sta confezionando un vestito anche per il ministro Lupi».
il caso
Arrestato l’uomo delle Grandi Opere italiane
16/3/2015

Scambi di favori per accedere direttamente ai ricchi affari di progettazione dei lavori pubblici: dall’Alta velocità ferroviaria ai cantieri per le autostrade come Orte–Mestre e Cispadana fino al porto di Trieste. Al centro il manager pubblico Ercole Incalza che, puntualmente, affidava gli appalti all’imprenditore Stefano Perotti.

Secondo il gip «effettivamente Stefano Perotti ha procurato degli incarichi di lavoro a Luca Lupi».
Secondo quanto riportato, uno degli indagati, Giulio Burchi, «racconta anche al dirigente Anas, ingegner Massimo Averardi, che Stefano Perotti ha assunto il figlio del ministro». 

Ecco l’intercettazione che svela lo strano intreccio: «Ho visto Perotti l’altro giorno, tu sai che Perotti e il ministro sono non intimi, di più. Perché lui ha assunto anche il figlio, per star sicuro che non mancasse qualche incarico di direzione lavori, siccome ne ha soli 17, glieli hanno contati, ha assunto anche il figlio di Lupi, no?».

Poi, il primo luglio 2014, sempre Burchi a Averardi: «Il nostro Perottubus (soprannome di Perotti) ha vinto anche la gara, che ha fatto un ribasso pazzesco», ha vinto «anche il nuovo palazzo dell’Eni a San Donato e c’ha quattro giovani ingegneri e sai uno come si chiama? Sai di cognome come si chiama? Un giovane ingegnere neolaureato, Lupi, ma guarda i casi della vita».
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«Perotti – continua il Gip – nell’ambito della commessa Eni, stipulerà un contratto con Giorgio Mor, affidandogli l’incarico di coordinatore del lavoro che, a sua volta, nominerà quale persona fissa in cantiere Luca Lupi» per 2 mila euro al mese.

La replica di Lupi è secca: «Non ho mai chiesto all’ingegner Perotti né a chicchessia di far lavorare mio figlio. Non è nel mio costume e sarebbe un comportamento che riterrei profondamente sbagliato. Mio figlio si è laureato al Politecnico di Milano nel dicembre 2013 e in attesa del visto per lavorare negli Stati Uniti ha lavorato da febbraio 2014 a febbraio 2015 presso lo studio Mor di Genova con un contratto a partita Iva per 1.300 euro netti al mese».
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Il responsabile delle Infrastrutture conferma quindi l’incarico ricevuto dal figlio dallo studio Mor di Genova, uno degli snodi dell’inchiesta visto che Giorgio Mor è il cognato di Perotti.

I due ne parlano a lungo al telefono: il 16 febbraio 2014 Mor sembra voler salvare almeno le forme e chiede al cognato Perotti se fosse possibile assumere il giovane Lupi “in maniera meno formale”: «Ci siamo, abbiamo fatto una riflessione che sembrava poco opportuno era la triangolazione».

La “triangolazione”: secondo il gip è un’espressione che mette in relazione tre nomi, cioè Perotti, Mor e Luca Lupi. Il primo riceve l’incarico da Eni per un’attività di progettazione, stipula un contratto con il secondo affidandogli un incarico di coordinatore e il secondo nominerà come “persona fissa in cantiere” il terzo. Ovvero il neolaureato con il cognome di peso.

Ecco uno scampolo dell’articolato sistema corruttivo “che coinvolgeva dirigenti pubblici, società aggiudicatarie degli appalti ed imprese esecutrici dei lavori” secondo i magistrati di Firenze.

Tutto partiva dalla “struttura tecnica di missione”, un ufficio del ministero cucita su misura da Incalza e crocevia di presunti favori e mazzette per le imprese che lavorano nei ricchi appalti pubblici.

Questa l’intercettazione della telefonata del 16 dicembre 2014 tra il ministro e il suo braccio destro. Secondo gli inquirenti la conversazione «ben rappresenta» l’importanza della struttura alle dirette dipendenze del ministro.

«Su questa roba ci sarò io e ti garantisco che se viene abolita la struttura tecnica di missione non c’è più il governo!», urla la telefono Maurizio Lupi con Ercole Incalza di fronte alla proposta di soppressione o di passaggio della stessa sotto la direzione della presidenza del Consiglio.

Una crisi di governo con il mancato appoggio del suo partito, il Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano, solo annunciata: Incalza lascia il dicastero con la fine dell’anno e della ristrutturazione non c'è nessuna traccia.

Ora la difesa a spada tratta dell’operato del suo factotum:«L’ingegner Incalza – spiega Lupi – era ed è una delle figure tecniche più autorevoli che il nostro Paese abbia sia da un punto di vista dell’esperienza tecnica nazionale che della competenza internazionale. Non a caso è la persona che viene definita come il padre della “legge obiettivo” ed il padre della possibilità che nel nostro Paese si siano realizzate le grandi opere».

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