Grandi opere, grandi affari e grandi inchieste. Al centro sempre lui Ercole Incalza, braccio destro del ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi e potente burocrate.
Oggi è arrivato l’epilogo con l’arresto per corruzione, induzione indebita, turbativa d'asta e altri delitti contro la pubblica amministrazione insieme agli imprenditori Stefano Perotti e Francesco Cavallo, e Sandro Pacella, collaboratore di Incalza.
Gli indagati sono oltre cinquanta e toccano anche il mondo della politica: l’europarlamentare alfaniano Vito Bonsignore è anche il capo del gruppo privato che spinge per la costruzione della nuova autostrada Mestre-Orte, una lingua d’asfalto dal Lazio al Veneto attraversando cinque regioni, l’opera pubblica italiana più rilevante dopo il ponte sullo Stretto di Messina.
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Nel mirino della Procura di Firenze la gestione illecita degli appalti nostrani delle cosiddette grandi opere per quello che i magistrati definiscono un “articolato sistema corruttivo che coinvolgeva dirigenti pubblici, società aggiudicatarie degli appalti ed imprese esecutrici dei lavori”.
Un sistema gelatinoso dove i ruoli si confondono ma la costante, il perno degli affari è il super manager pubblico che guida dal 2001 gli uffici del ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture.
Tra i lavori coinvolti ecco le principali nuove tratte ferroviarie, il Palazzo Italia del sito milanese di Expo 2015 e poi porti, cantieri monstre fino alla metropolitana di Parma dove emergerebbe che l'opera, non realizzata, è costata trenta milioni di euro. Soldi pubblici con l’approvazione del finanziamento arrivata grazie al ruolo dentro i palazzi del potere di Ercole Incalza.
UNA VITA TRA I CANTIERI
Partito come consulente del ministro parmigiano Pietro Lunardi nel 2001, Incalza è una costante in tutte le grandi opere degli ultimi trent’anni in Italia: dal G8, alla Tav, al Mose.
Ingegnere pugliese, classe 1944, è stato per molti anni dirigente di vertice al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti per poi divenirne consulente esterno: ultimo incarico come capo della struttura tecnica di missione per l'esame delle questioni giuridiche connesse alla realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici e di interesse nazionale.
Per quattordici anni all’ex ministero dei Lavori Pubblici, attraversando sette governi: da Berlusconi a Renzi, passando per Prodi e Monti. Dal 31 dicembre del 2014 non riveste nessun ruolo o funzione neanche a titolo gratuito arrivato al traguardo dei 70 anni.
L’ingegnere appare nel mondo dei lavori pubblici alla fine degli anni settanta alla Cassa per il Mezzogiorno, della quale diventa dirigente nel 1978, assumendo nel marzo 1980 la responsabilità del progetto speciale dell'area metropolitana di Palermo.
Giovane socialista pugliese approda al ministero dei Trasporti con Claudio Signorile. Nel 1983 è consigliere del ministro Claudio Signorile, poi nel giugno 1984 è capo della segreteria tecnica del piano generale dei Trasporti.
Dal gennaio 1985 dirigente generale della direzione della motorizzazione civile per poi passare alle Ferrovie nell'agosto 1991, per diventare amministratore delegato della “Treno Alta Velocità Tav Spa” dal settembre 1991 al novembre 1996.
Nel 1998 finisce ai domiciliari insieme all'ex presidente di Italferr Eugenio Maraini. Dopo la bufera della Tangentopoli di Lorenzo Necci e Pierfrancesco Pacini Battaglia a metà degli anni Novanta, Incalza torna alla ribalta dei palazzi romani con Pietro Lunardi e diventa poi il braccio destro del ministro Altero Matteoli con l'incarico di capo della struttura tecnica di missione.
Negli ultimi anni sempre più numerose le inchieste: un mese fa i pm fiorentini ne avevano chiesto il rinvio a giudizio insieme ad altre trentuno persone nell'inchiesta sul sottoattraversamento fiorentino della Tav: l’accusa è traffico illecito di rifiuti, associazione a delinquere finalizzata alla corruzione, frode e truffa.
Ecco come Incalza lodava la legge obiettivo presentata come fiore all’occhiello dal Governo Berlusconi per smuovere l’economia e rompere il tabù italiano dei cantieri infiniti:«L'accelerazione dei tempi dell'apertura dei cantieri delle grandi infrastrutture, di quelle opere cioè strategiche e di preminente interesse nazionale è uno degli scopi della legge obiettivo che come finalità di regolare organicamente e sulla base di principi innovativi la realizzazione delle opere pubbliche maggiori».
LA CASA CON LO SCONTO
Nel 2012 in una nuova tranche dell’inchiesta della cricca delle grandi opere di Guido Bertolaso, Angelo Balducci e Diego Anemone si scopre un favore per Incalza: assegni da 562mila euro, firmati dal "riciclatore" di Diego Anemone, l'architetto Angelo Zampolini, dietro l'acquisto per soli 390mila euro di un appartamento di cinque camere a Roma, a due passi da piazzale Flaminio.
Il denaro, scrivono i pm nella richiesta d'arresto, era destinato ad “investimenti finanziari in immobili con intestazione a favore di terzi per la remunerazione dei pubblici ufficiali”.
Denaro proveniente dai conti di Zampolini ma anche dai trenta intestati nella banca delle Marche alla segretaria dell'imprenditore, Alida Lucci (qui la precisazione del legale di Lucci).
Ed ecco spuntare la compravendita di un appartamento in via Emanuele Gianturco 5 a Roma.
A vendere sono Maurizio De Carolis e Daniela Alberti, ufficialmente giardinieri, mentre a comprare è tale Alberto Donati, dirigente. Ma dietro Donati ci sarebbe, secondo gli inquirenti, Ercole Incalza.
Quest'ultimo è infatti il padre della moglie di Donati, e sarebbe il potente manager pubblico ad aver indicato al genero l'imprenditore Anemone per trovare una casa nella capitale.
DIMISSIONI DI LUPI PER I GRILLINI
Dopo la svolta nelle indagini e gli arresti di stamane i grillini alzano il i tiro: «Più volte il Movimento 5 Stelle ha chiesto le dimissioni dell’ingegnere Ercole Incalza come capo della struttura di missione sulle Grandi Opere. Ma la risposta del ministro Maurizio Lupi è stata sempre la stessa è l’uomo giusto al posto giusto. Adesso è la magistratura a spiegarci cosa volesse intendere il ministro», è il commento dei deputati del Movimento 5 Stelle delle commissioni trasporti, infrastrutture e ambiente della Camera.
«Non importa che oggi, come sottolinea il ministro in un pronto comunicato stampa, Incalza non ricopra più ruoli pubblici. Lo sappiamo bene che da qualche mese è ufficialmente pensionato. Ma Lupi lo ha difeso quando era pluri-indagato. Quando solo la prescrizione lo salvava dalle indagini, quando le intercettazioni rivelavano il suo “impegno” per le Grandi Opere. Incalza in quattordici anni ha attraversato indenne sette governi. Ora il ministro dovrebbe fare un’unica scelta di dignità: dimettersi», attaccano i deputati Alessandro Di Battista, Michele Dell’Orco e Andrea Cioffi.
Aggiornamento del 23 marzo 2015, ore 13,01: Lucci: ma i trenta conti correnti erano uno