Non bisogna riconoscere soldi spese alle donne che donano. Altrimenti, è un mercato nascosto. Parla Antonio Gioacchino Spagnolo, direttore dell’Istituto di Bioetica dell’Università Cattolica di Roma

Oltre a tutte le problematiche etiche della eterologa in sé, la questione della “donazione” degli ovociti è particolarmente critica in quanto la loro limitata disponibilità ha dato il via ad un mercato nascosto che sotto il nome di “rimborso spese” cela un vero e proprio pagamento degli ovuli che vengono ceduti a prezzi consistenti (anche di decine di migliaia di euro), considerando il rischio a cui le donne vanno incontro per via della somministrazione ormonale a cui si devono sottoporre per stimolare una innaturale maturazione di più follicoli.
Salute
Fecondazione eterologa: mancano i donatori E le coppie ricominciano ad andare all'estero
9/3/2015

A fronte di questo commercio, diretto o indiretto, si devono opporre le ragioni etiche e giuridiche fondamentali che ruotano intorno al principio della non commerciabilità del corpo umano, in toto o nelle sue singole parti, ribadito in modo inequivocabile nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (2000), nella Convenzione di Oviedo sulla biomedicina (1997) e, con riferimento ai gameti, nella Dichiarazione universale dell’UNESCO sul genoma umano e i diritti dell’uomo (1997), dove il genoma umano è qualificato “in senso simbolico, patrimonio comune dell’umanità”.

Si tratta dello stesso principio che viene richiamato per altre situazioni, come la donazione di sangue, organi, tessuti, ma che in diverse parti del mondo è ampiamente disatteso, creando uno scollamento tra prassi e principi etici.