Baci, carezze? Haram, illeciti, prima delle nozze. Ma si può fermare il desiderio dei giovani? 145 mila musulmani, da noi, hanno tra i 15 e i 24 anni. Una generazione col cuore in gola

Ci si saluta così. Lo fanno tutti. I ragazzi si incontrano, un abbraccio, i bacini sulle guance. Ma lei si imbarazza, si irrigidisce, discosta i coetanei dalla sua bella faccia incorniciata dal velo. E poi le tocca anche spiegare «perché per me è sbagliato». Lei è Raisa Labran, ha 23 anni, l’accento bresciano racconta la storia dei suoi genitori sbarcati nel nostro paese per costruire un futuro. E lei ce l’ha, un futuro normale: studia Infermieristica a Verona, scherza con le compagne di corso, esce con gli amici. Insomma: è una normalissima musulmana italiana. Giovane e bella, non ha mai baciato un ragazzo. Perché per il Corano è haram: illecita, ogni effusione fuori dal matrimonio.

I rapporti carnali sono vietati fino al sigillo delle nozze. Il dogma è inossidabile e rispettato dalla stragrande maggioranza degli osservanti che vivono nel nostro paese, immersi a denti stretti in un ambiente “peccaminoso”: mentre i loro coetanei s’infrattano, i giovani islamici d’Italia devono resistere; niente baci, carezze, sospiri. Niente lievi contatti nemmeno “casuali”, se anche una cordiale stretta di mano è peccato.

Non è peccato, però, parlare di sesso, amore, piacere e affettività: «Niente tabù, discutiamo di tutto», proclama Chaimaa Fatihi, 22 anni, studentessa di Giurisprudenza a Modena. E così è stato. Li abbiamo cercati e incontrati per parlare di amore, ma anche di masturbazione, controllo delle nascite, emancipazione femminile. E abbiamo scoperto un mondo in piena transizione, una terra di mezzo: 145 mila musulmani fra i 15 e i 24 anni immersi nella quotidianità gioiosa ed eccitante di una generazione con tutta la vita davanti e col cuore in gola di fronte all’amore che verrà. Ma immobile, separata fisicamente in un bozzolo di divieti accettati, forse anche scelti nella convinzione che si è italiani anche così. E sempre più lo si sarà, visto che gli under15 provenienti da paesi islamici sono già 311mila.

«Per chi vive in Occidente l’Islam è un sistema di valori, non di norme», spiega il sociologo Renzo Guolo: «Non c’è una rigida divisione fra lecito e illecito: ognuno adatta la fede al proprio contesto». C’è chi cerca in quei valori lo specchio di un’identità persa, assumendone le pose più rigide e appariscenti. «Ma la secolarizzazione è inevitabile», sostiene il professore: «Il mutamento è lento ma costante. Sono trasformazioni silenziose - fa certamente più rumore la propaganda integralista dell’Is - ma maggioritarie. Il dogma viene eroso ogni giorno».
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NON MI TOCCARE
Chaimaa Fatihi, nata in Marocco, vive in Emilia Romagna da quando ha sei anni. Ed è una ragazza libera quanto osservante: indossa il velo, rispetta il Ramadan, prega cinque volte al giorno, ma abita in uno studentato universitario. Solo all’idea di tanta libertà Amina Milena Volpe, una convertita napoletana con quattro figli, di cui uno di 21 e una di 13 anni, si inquieta: «Lasciarli vivere fuori casa? Col rischio che i coinquilini invitino i fidanzatini per cena? Inaccettabile. Bisogna evitare la promiscuità in ogni modo».

L’Islam-religione-del-pudore: uomini e donne devono stare separati, preservati dalla tentazione attraverso la distanza. Chaimaa ci pensa su: «Io esco da sola da quando ho 15 anni. I miei genitori mi hanno educata forte e libera». E con i maschi? «Il mio miglior amico è un ragazzo cristiano». Qualche effusione innocente ci sarà pur stata? «Scherziamo? Mai. Voglio restare vergine fino al matrimonio. Al liceo mi davano della “complessata”: non mi importa».

Il contatto tra sessi è concesso solo fra parenti e agli sposi; il divieto vale per maschi e femmine e riguarda tutta la sfera del “tatto”, dal saluto informale ai preliminari a letto. «Se sono sull’ambulanza ovviamente posso toccare un paziente», spiega Raisa, che studia per diventare infermiera: «Ma fuori dal mestiere, sarebbe una vergogna».
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VERRÀ IL GIORNO
Per Omar l’estate è un incubo. «Passeggiare a Milano è una fatica, con tutte quelle ragazze in minigonna e canottiera. Ma ci fai l’abitudine. Non mi dà fastidio, adesso. Per i miei parenti in Egitto noi musulmani che viviamo in Italia siamo quasi degli eroi, dei santi nella terra delle tentazioni». A 27 anni Omar Abdel Aziz Alì è ancora vergine, e non è fidanzato. È un giovane colto, lavora come assistente sociale e convive con alcuni coetanei islamici a Sesto San Giovanni. «Certo che parliamo di ragazze. Serate intere! A commentare questa, quest’altra. Alcuni miei amici qualche rapporto l’hanno pure avuto. Non li giudico, ma hanno sbagliato». Lui no. Innamorato tre volte, «la prima era troppo bacchettona, con le altre abbiamo parlato ma non ha funzionato», non ha mai sfiorato una donna. «Io e i miei compagni siamo come degli elastici: accumuliamo tensione. Ho paura che anche solo una carezza basterebbe a farmi cedere».

E così, sui forum molti confessano: alla primavera del desiderio hanno dovuto rispondere almeno con la masturbazione. «Le regole, nell’Islam, rispettano un limite: la sopravvivenza», prova a spiegare Omar: «Se non ce la fai più, se stai per commettere uno sbaglio più grave, come la fornicazione, allora masturbarsi non è la fine del mondo. Poi però devi chiedere perdono».

Fare i conti con una morale rigida in una città tappezzata di Belen in mutande non è facile. «A 18 anni ho avuto uno sbandamento», racconta: «Mi ero fatto crescere la barba, non guardavo più la tv, consideravo impuro tutto quanto, qui, e biasimavo i miei genitori perché non avevano convertito nessuno. Poi mio fratello mi ha riportato sulla retta via. Mi rendo conto che ero stato un pazzo. Penso di avere un rapporto molto più profondo con l’Islam, adesso». La religione per lui è anche politica: simpatizzante dei Fratelli Musulmani, non è più tornato in Egitto dopo il colpo di stato del generale Al Sisi. Gli portiamo allora un’intervista del 2008 in cui Gamal al Banna, fratello morto del fondatore del movimento, sostiene che «è una follia chiedere ai giovani di astenersi dai baci». Omar sorride, ma non commenta. Deve tornare al lavoro. Saluta (niente strette di mano), apre l’iPad e se ne va.
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LE REGOLE D’INGAGGIO
Poi, arriverà il giorno. Quello fatidico della scelta, del fidanzamento, e quindi del matrimonio dentro cui consumare - finalmente - il desiderio. Mazen Hussein è al secondo anno di Scienze Politiche, fa l’arbitro di calcio per la Figc e dedica il suo tempo all’associazione dei “Giovani Musulmani” di Monza. Nato in Italia da genitori egiziani, ha avuto «un’educazione per bene. Sono stato indirizzato», dice. Ovvero: l’amore è irrazionale, ma va plasmato alle esigenze dell’Islam.

E le storie di ragazzi a pugni stretti con gli occhi chiusi per non peccare si sprecano. C’è la futura infermiera Raisa a cui è capitato di prendersi una cotta: «Soffri un po’ in silenzio. Poi passa». Sabrina Mandouh scrive su un blog: «Io sono libera di rinunciare all’amore, per i genitori e per il mio credo». Già, ma prima o poi l’anima gemella bussa alla porta. E allora? «Andrò dal padre, o dal fratello, per chiedergli il permesso», spiega Mazen. E comunque, anche se il fidanzamento si blinda tra uomini, lui non potrà mai restare solo con lei. «Il tutore dovrà essere sempre presente. Ecco, magari non attaccato. Magari il papà andrà al bar qui di fianco mentre noi parliamo, per conoscerci». Tutto qui? «Sì. Con tutta la fatica che ho fatto, la forza di volontà che ho raggiunto astenendomi dal peccato fino ad adesso, sarebbe stupido lasciarmi andare prima del matrimonio». E poi tutta la vita insieme? «Se lei è d’accordo ed è quella giusta sì».

HAREM A MILANO
La barriera tra sessi non cade con le nozze, anzi: la stretta osservanza della morale coranica vieterebbe alla donna ogni frequentazione all’infuori della famiglia. «Quando si rivolgono a noi per la gravidanza o l’allattamento, le giovani islamiche arrivano sempre con delle amiche», racconta Patrizia Parassina, responsabile dei consultori familiari del “distretto 4” di Milano: «E siamo entrate in contatto con adolescenti che subivano la presenza assillante dei fratelli».

Dopo la scuola «mia figlia sta con le amichette. Non deve passare tempo coi compagni maschi, nemmeno se è per studiare», assicura Amina Volpe. Anche Raisa preferisce la compagnia solo femminile. Ovviamente. «Io a mia sorella lo consiglio», dice Mazen: «Se sono fra di loro è più libera, può togliere il velo, non avere problemi».
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Traiettorie tangenti su binari separati. Femmine fra femmine, maschi fra maschi. «L’isolamento delle donne a volte è feroce», sostiene Parassina: «Ma anche noi “secolarizzati” dovremmo farci delle domande: quando abbiamo avviato i gruppi di papà per neonati sono stati scritti molti articoli, tutti a dire “Evviva la parità”. Ma dopo il secondo incontro non si è visto più un uomo. Son tornate solo le mamme».

Esmeralda Ismahan Hassen ha 26 anni. Nata a Caserta da genitori tunisini, si definisce “musulmana di nascita”: rispetta il Ramadan ma non prega e da anni è fidanzata con un ragazzo italiano. «Il mio paese è cambiato moltissimo con la caduta di Ben Ali», racconta: «Pochi mesi fa ho accompagnato mia cugina in posta: ero l’unica donna senza velo. Prima era vietato, ora lo portano tutte, anche le commesse. Pure quello integrale». Sospira. «Certo, sono situazioni non paragonabili, ma - se posso dirlo - di laicità ne riscontro poca anche qui. La maggior parte delle mie ex compagne napoletane è già sposata, pensa solo ai figli. Parlano di famiglia. Di valori cristiani. Io ho ambizioni diverse».

E SE DOMANI
C’è un punto su cui le nuove generazioni sembrano non accettare compromessi: l’emancipazione femminile. «È fuori discussione che io finisca a fare la casalinga», dichiara convinta Shamayaa Fayed, quindicenne di Roma che su YouTube pubblica video firmati “Vita quotidiana di una ragazza musulmana”, e che per l’intervista ha al suo fianco il papà: «Io voglio lavorare nel mondo della comunicazione. Essere indipendente: la donna non è sottomessa a nessuno».

Troverà un compagno che rispetti le sue aspirazioni? Che non la chiuda in casa? «Cercherò un musulmano italiano, ovviamente, che conosca e rispetti la parità», risponde concreta Raisa. «Mi piacerebbe che la mia compagna fosse una donna autonoma. Magari un’imprenditrice», risponde Omar a una domanda sulla sposa dei suoi sogni. Ma dovrà indossare il velo? «Ci sono ragazze che non lo portano», borbotta Mazen: «Io preferirei, perché è un obbligo, ma chi sono per dirlo? Anch’io pecco. Ed è meglio non portare il velo ma essere una brava musulmana che magari indossarlo e poi finire a letto con qualcuno». No?