È il marzo del 1945 e Mauro Pistolesi ha solo 14 anni quando in piena campagna, fuori Milano, cerca di prestare soccorso a un partigiano ferito dai tedeschi. Pur non riuscendo a salvargli la vita, verrà catturato e interrogato per ore dai tedeschi che cercano di estorcergli informazioni sulla resistenza. Nonostante la brutta esperienza, nei giorni della Liberazione, Mauro prova compassione per i fascisti che vengono giustiziati

Il diario di Mauro Pistolesi (foto di Luigi Burroni)
Dopo tanti lutti e rovine, finalmente il 25 aprile 1945 si concluse uno dei periodi più brutti della nostra storia.
Il sapore della libertà e la gioia per la fine della guerra davano a tutti una grande euforia.

Con questa euforia decisi di andare alla prima vera manifestazione non fascista e, con un mio parente impegnato fino ad allora nella resistenza andai a Milano, abbastanza vicina e, con mezzi di fortuna, raggiunsi Piazzale Loreto, piazza simbolo, che pochi giorni prima aveva visto morire, impiccati ai lampioni, tanti giovani partigiani.

Arrivammo che la piazza era già gremita. Vi aleggiava un'aria strana. La gioia per la riconquistata libertà sembrava soffocata da una coltre di piombo.

Fu allora che vidi i corpi di Mussolini e Claretta Petacci fucilati. Con loro tanti altri gerarchi del regime, ognuno riconoscibile mediante un cartellino con il nome appeso al collo. Guardai con un misto di curiosità e di pudore.

Mauro Pistolesi
Individuai, fra quelli più conosciuti, gli attori cinematografici Luisa Ferida e Osvaldo Valenti (entrambi vennero fucilati nella notte tra il 29 e il 30 aprile, ndr), interpreti di film di grande successo.

Seppi in seguito della loro spietatezza nel torturare i partigiani. Se giustizia era fatta, perché mi sentivo, in fondo, inquieto e disorientato? Forse perché quei corpi distesi sulla piazza suscitarono in me più pietà rispetto all'odio, che pure esisteva per tutte le atrocità che loro avevano commesso.


Mauro Pistolesi, (Pontedera, 1931)