La buona partenza dell’Expo e la risposta civica ai black bloc rilanciano ?la vitalità della metropoli. E fanno risaltare l’assenza di una classe dirigente. Con il sindaco Pisapia che non vuole ricandidarsi e nessuna figura emergente
Il parto Expo alla fine è riuscito. Dopo un travaglio lunghissimo e un intervento cesareo dell’ultimo minuto per salvare tutto, Milano ha sfornato un evento mondiale con successo di pubblico e di critica. Famiglie e centinaia di scolaresche camminano per chilometri nella Disneyland padana, ben organizzata e collegata, con alcuni padiglioni d’autore molto belli, e si divertono pur badando più a nutrire se stessi che a imparare come nutrire il pianeta: i temi di fondo, dalla sostenibilità alla fame nel mondo alla lotta antisprechi, vengono in realtà annacquati tra aperitivi, panini e concerti.
È una grande fiera e si spera che da qui a ottobre arrivino milioni di visitatori, tali da portare ripresa economica, punti di Pil e quattrini per le casse del Comune. Un risultato l’Expo 2015 l’ha già raggiunto: il Rinascimento della città, forse in parte inatteso. In pochi giorni sono stati inaugurati la nuova Darsena, l’Ottagono restaurato, i Silos di Armani e la Fondazione Prada con collezioni uniche, l’allestimento rinnovato della Pietà Rondanini, mostre, spettacoli teatrali e altro ancora. Mai vista una Milano così viva e frizzante.
Metamorfosi alla quale si è aggiunta la spontanea partecipazione civica a “NessunotocchiMilano”, l’iniziativa lanciata per ripulire la città dai danni provocati dai black bloc il primo maggio. Un grande ritorno e nuovi picchi di popolarità per Giuliano Pisapia, che paradossalmente arrivano poco dopo l’ufficiale rinuncia a candidarsi per un secondo mandato, vuoi per stanchezza e vuoi per lasciar spazio alle nuove generazioni. Molti milanesi gli hanno chiesto di ripensarci. Niente da fare.
«Onestamente non ho capito perché non si ricandidi. Ha già finito il suo lavoro?» si è chiesto in un’intervista a “Repubblica” il giurista milanese Guido Rossi. «Nella città di Tangentopoli», sottolinea Nando Dalla Chiesa, docente di Sociologia della criminalità organizzata alla Statale e con una lunga esperienza politica alle spalle, «ha riportato criteri di comportamento etico nell’amministrazione, ha rilanciato una cultura civica, è un sindaco senza interessi personali e indipendente, in grado di respingere pressioni anche nazionali per certe nomine. I suoi consulenti non prendono una lira. Con lui bisogna essere generosi e riconoscenti».
L’urbanista ed ex imprenditore Luca Beltrami Gadola, fondatore e direttore del sito “ArcipelagoMilano”, colloca Pisapia in quella borghesia degli avvocati alla Antonio Greppi che hanno fatto grande Milano dopo la Resistenza. «L’unico errore suo? Non capire che la burocrazia comunale è una macchina bestiale, con un potere straordinario». E ricorda: «Quando ero nel consiglio dell’Aler (l’azienda che gestisce il patrimonio immobiliare, ndr) ogni tanto pregavo i funzionari di procurarmi i contratti d’affitto di un determinato palazzo. Loro mi guardavano sorpresi e chiedevano “perché?”...».
L’abbandono di Pisapia crea un vuoto e arriva in un momento che vede già la storica classe dirigente cittadina perdere colpi o abbandonare la partita. Marco Tronchetti vende la gloriosa Pirelli ai cinesi. Moratti ha venduto l’Inter all’imprenditore indonesiano Erik Thohir e ora addirittura Silvio Berlusconi ha avviato trattative per cedere il “suo” Milan o ai cinesi o a un gruppo di investitori guidati dal broker thailandese Bee Taecheabol. Se B. non sembra del tutto convinto, Bee alza il tiro dichiarando di chiudere in tre quattro settimane. Fatto sta che le due milanesi contano sorprendentemente poco nel campionato di calcio, meno delle squadre romane, genovesi e torinesi (“C’era una volta il derby” titolava la pagina sportiva di un quotidiano alla vigilia della sfida stracittadina del 19 aprile).
E ancora. Il gioiello del risanamento urbanistico a Porta Nuova, ideato e realizzato da Manfredi Catella, è ora sotto il controllo totale del Fondo Qatar Qia, mentre sul tetto della ex sede di Unicredit in Piazza Cordusio sventola la bandiera cinese del gruppo Fosun, che se lo è aggiudicato per 345 milioni. Se ne può cogliere l’aspetto positivo: evviva, siamo nell’era della globalizzazione e Milano piace agli stranieri che vogliono tutto. Oppure quello negativo: colpiti dalla crisi e senza reali eredi, le famiglie e gli imprenditori milanesi gettano la spugna. In futuro, rincara Beltrami Gadola, «Milano non riuscirà a creare nuovi grandi imprenditori perché l’accumulazione primitiva che una volta ti consentiva di crescere rapidamente oggi è difficile da creare». Dunque bisogna contare più sul consolidamento del settore fashion, ammesso che i giovani e le nuove generazioni riescano a bissare i successi degli odierni mattatori. E sui settori più innovativi, come la ricerca genetica e le biotecnologie cercando di creare un efficace network tra le università milanesi, che sono tante e di buon livello. Sviluppare l’economia della conoscenza come già ampiamente raccontato da “l’Espresso” nel numero 5 dello scorso febbraio.
Un altro fortino autorevole e inespugnabile nel quale si è creata qualche crepa è il Palazzo di giustizia. Il 9 aprile Claudio Giardiello, imputato per bancarotta, è riuscito a entrare in tribunale con una pistola e ad ammazzare tre persone. Un mese dopo le modalità di accesso sono sostanzialmente le stesse, con i metal detector per il pubblico, ma non ancora per gli utenti professionali, avvocati, magistrati, impiegati e forze dell’ordine, che devono solo presentare un tesserino di riconoscimento. Questioni personali o mancanza di autorevolezza sono invece probabilmente all’origine dello scontro che il capo della procura Edmondo Bruti Liberati ha avuto prima con il procuratore aggiunto Alfredo Robledo e poi con tre pm dell’antiterrorismo. Aumenta il solco tra magistratura e cittadini e «lo dimostra il fatto» commenta Beltrami, «che ai funerali di Stato la città non ci fosse: solo avvocati e magistrati».
Ma è soprattutto nella politica e nel futuro dell’amministrazione che i rebus da risolvere sono a questo punto parecchi. Un secondo mandato avrebbe consentito a Pisapia di lanciare un progetto strategico per la città metropolitana (per esempio il citato polo per l’economia della conoscenza), dare un’impronta e un’identità dopo la gestione di un centrodestra che lasciò tutto in mano ai singoli portatori di interessi e ai grandi costruttori.
Il testimone passa invece alle nuove generazioni della politica milanese, tutte da scoprire. Il centrodestra è in crisi nera anche a Milano, centro di alto valore simbolico sia per Berlusconi sia per la Lega. Il governatore della Lombardia, Roberto Maroni, sembra occuparsi più che altro di poltrone e ha appena nominato nel consiglio Expo il suo avvocato personale Domenico Aiello (vedi “l’Espresso” della scorsa settimana). Maurizio Lupi, Ncd e unico milanese del governo Renzi, ha dovuto dimettersi sull’onda dello scandalo Incalza. Era un potenziale candidato del centrodestra per Palazzo Marino, sembra difficile possa rientrare in campo. La popolarità dello stesso Berlusconi è in calo verticale come dimostra il voto in Trentino e Alto Adige. Spuntano la giovane Silvia Sardone e soprattutto Claudio De Albertis, classe 1950, costruttore, presidente dell’Assimpredil e della Triennale. C’è Matteo Salvini, leader della Lega in grande spolvero, il suo radicalismo di destra non sembra poter emozionare i milanesi moderati.
Molto dipenderà dall’esito delle Regionali del 31 maggio, appuntamento che condizionerà anche le candidature nel centrosinistra. Dove c’è un grande fermento di iniziative in vista delle primarie di novembre, che saranno di coalizione e aperte all’area metropolitana. Si muovono i ComitatiXMilano che avevano portato alla vittoria Pisapia e che si battono per una nuova ondata “arancione”. E sono molto attivi i circoli 02PD, con in prima fila Pietro Bussolati, renziano della prima ora e da novembre segretario cittadino del partito, affiancato da parlamentari come Ivan Scalfarotto e Lia Quartapelle o assessori come Pierfrancesco Maran e Filippo Del Corno.
Il primo a scendere in pista è stato Pierfrancesco Majorino, assessore alle Politiche sociali, vicino all’annuncio ufficiale di candidatura alle primarie. È della sinistra Pd e ha l’ambizione di aggregare centrosinistra, Sel, Area Tsipras, Rifondazione. In sostanza un polo anti-renziani, dove però potrebbe emergere una temibile concorrente come Cristina Tajani, assessore al Lavoro, molto vicina al sindaco. I renziani giurano che da Roma non verrà alcuna pressione su un candidato targato. Tra i nomi che si sono fatti con insistenza quelli di Emanuele Fiano e Ivan Scalfarotto. Soprattutto il primo, classe 1963, architetto e figlio di Nedo Fiano, deportato ad Auschwitz e unico superstite della sua famiglia, conosce Milano molto bene grazie alla decennale esperienza in consiglio comunale. Responsabile nazionale per le Riforme del Pd, ha condotto in parlamento la battaglia per far passare l’Italicum. Si sta muovendo anche Stefano Boeri, battuto da Pisapia alle primarie del 2010, ma sempre molto impegnato. «D’altronde», rimarca Dalla Chiesa, «in questa città un ruolo di guida dovrebbero averlo le famiglie borghesi professionali, dai Pisapia ai Boeri, dai Zanuso agli Ambrosoli a Marco Vitale, tutte assieme per rilanciare Milano».
Un eventuale outsider può diventare Giuseppe Sala, commissario straordinario dell’Expo. Bocconiano e manager per molti anni vicino a Tronchetti, prima in Pirelli poi alla Tim (se ne va con una buonuscita di 5,6 milioni di euro), dopo un periodo breve e non entusiasmante nella società di consulenza Medhelan, accetta l’invito del sindaco Letizia Moratti a diventare City manager. Suo principale sponsor è Bruno Ermolli, presidente della Promos e consulente di Berlusconi. Non ha esperienza politica ed è comunque difficile trovare sue dichiarazioni che non siano legate all’attività di manager. Fino a ottobre è impegnato senza tregua, ma un definitivo successo dell’Expo potrebbe lanciare Sala nell’arena elettorale del 2016.
Insomma, sono iniziate le grandi manovre per il dopo-Pisapia e dopo-Expo. Con al momento più caos e incertezze che grandi personalità alla ribalta. Il prossimo mese è decisivo. Il risultato delle Regionali inciderà sugli equilibri più generali. E in giugno saranno due appuntamenti a misurare la temperatura del centrosinistra. Il primo è “MI030”, organizzato dall’area vicina a Stefano Boeri per il 6 giugno sul tema “Come vorremmo la Milano del 2030”. Il secondo è “Milanodomani”, una sorta di Leopolda cittadina che si terrà il 13 giugno all’ex fabbrica Ansaldo. La battaglia per la conquista di Milano è appena cominciata.