
Spetta al prefetto Gabrielli la valutazione ?da sottoporre al ministro dell’Interno, Angelino Alfano. Gabrielli avrà 45 giorni per esaminare il dossier: il tempo concesso dalla legge scade a inizio agosto. Alfano potrebbe quindi iniziare l’istruttoria in piena estate e concluderla verso la fine di settembre. A questo punto se il titolare dell’Interno dovesse dare corso allo scioglimento del Consiglio comunale per infiltrazioni mafiose, potrebbe inoltrare proposta al Consiglio dei ministri per un eventuale decreto che potrebbe essere firmato non prima di ottobre.
La commissione prefettizia non deve basarsi sugli arresti già realizzati: il suo compito è stabilire se la mafia è infiltrata nell’amministrazione e la condiziona ancora. Non è previsto un sillogismo ?del tipo: esiste la mafia in città, allora l’amministrazione comunale deve essere sciolta. Se si dovesse fare questo ragionamento si dovrebbero azzerare automaticamente gran parte dei comuni della Sicilia, della Campania e della Calabria. Le indagini su Cosa nostra che hanno riguardato esponenti del parlamento regionale siciliano, durante la scorsa legislatura, compreso l’allora governatore, non hanno portato allo scioglimento. ?Lo stesso è accaduto con comuni dove ?le commissioni prefettizie hanno rilevato una discontinuità fra amministrazioni ?che si erano succedute.
Un riferimento per la situazione capitolina è il caso di Reggio Calabria. Le indagini della procura, guidata all’epoca da Pignatone, scoprirono che alcune aziende municipalizzate come quella dei trasporti ?e dei rifiuti, erano gestite da persone legate alle cosche. Il municipio allora diretto ?da Giuseppe Scopelliti aveva creato ?o ereditato situazioni in cui queste società erano gestite da uomini vicini alla ’ndrangheta.
Vennero arrestati politici e membri del consiglio comunale e assessori risultavano essere parenti di mafiosi. Durante questa fase giudiziaria Scopelliti fu eletto governatore della Calabria, si dimise da sindaco e la giunta comunale cambiò in attesa di nuove elezioni. Furono insediate persone diverse, lontane dai sospetti, ?ma sostenute dalla stessa maggioranza di centrodestra che c’era prima con Scopelliti.
Dopo molte esitazioni di cui c’è traccia nel decreto di scioglimento - contro cui è stato fatto ricorso al Tar e al Consiglio di Stato che lo ha rigettato - veniva sottolineato ?che in effetti la nuova giunta era composta da persone pulite, però le “situazioni” erano rimaste in tutto o in parte immutate. Compresa la maggioranza che la appoggiava.
La questione romana è molto più complicata. Si tratta della Capitale, una metropoli con due milioni e seicentomila abitanti dove le infiltrazioni individuate ?dai magistrati riguardano solo pochi settori dell’amministrazione.
Se oggi fosse ancora sindaco Alemanno, ?si potrebbe ipotizzare un rischio di scioglimento molto più alto. Cambiata la giunta e la maggioranza il rapporto diretto Carminati-Comune, secondo gli atti giudiziari, sembra essere finito. Ma è proseguito il rapporto Buzzi-Comune.
L’opera del “compagno” Buzzi è bifronte: l’attività per conto delle coop rosse ?e quella per Carminati. E le intercettazioni si fermano alla fine del 2013. Quindi non sappiamo se i contatti con l’amministrazione di Marino siano proseguiti fino all’arresto avvenuto a dicembre scorso. Intanto il sindaco ha fatto dimettere gli indagati e fatto approvare nuovi regolamenti per gli appalti. Per dare un segno di discontinuità con il passato.