Il partitone del Nazareno, invece d’avanzare come una sorta di Quarto Stato in giacca e Leopolda, pare un grandioso spettacolo d’arte varia. Tra questioni politiche che finiscono in tribunale, giunte indagate, storie di firme false. E nomine che rasentano lo scivolone diplomatico

Regioni: il Pd in balia di risse, grane e disastri

Sarà che uno, visto il piglio del leader, il Pd renziano se lo immaginava più monolitico e marziale. Sarà che le realtà amministrate sono tante, e mica tutto può filare liscio. Eppure da ultimo il partitone del Nazareno, invece d’avanzare come una sorta di Quarto Stato in giacca e Leopolda, pare un grandioso spettacolo d’arte varia.

Si vede di tutto. Sindaci-marziani in lotta strenua col proprio partito, cacicchi, notabilati, questioni politiche che finiscono in tribunale, giunte smilze eppure tutte indagate, giunte che nemmeno s’insediano, regioni che traballano, storie di firme false o dubbie, governatori che governano a forza di comunicati stampa ma senza nemmeno potersi insediare, futuribili competitor del renzismo che intanto – come primo atto – nominano la compagna addetto stampa. Nell’insieme magari non uno spettacolo bello, avvincente di certo.

Si prenda la Regione Sicilia guidata da Rosario Crocetta, travolta negli ultimi giorni da una serie tale di problematiche da far levare la vox populi “aridatece Battiato”, nel senso del cantante che all’inzio della consiliatura (lungimirante) si dimise da assessore per quella che oggi può tranquillamente dirsi un’inezia. L’ultima è l’arresto del medico personale del presidente della Regione, il chirurgo plastico Matteo Tutino, primario all’ospedale villa sofia di Palermo, accusato di peculato e truffa per aver tra l’altro eseguito a spese pubbliche interventi di chirurgia estetica non previsti dai lea. La faccenda, comprensibilmente, ha portato l’assessora alla Sanità Lucia Borsellino, una delle figlie del giudice ucciso nella strage di Via D’Amelio, a convocare i suoi uffici per comunicare di essere pronta alle dimissioni.

Sempre per restare a Crocetta, solo nell’ultima settimana – e si perdoni il garbuglio necessario - è accaduto che: l’assessore Giovanni Pizzo (Udc) è stato indagato per bancarotta (è il secondo); Ettore Leotta, assessore pure lui, si è dimesso dalla Funzione pubblica perché a suo dire stanco di percorrere la Palermo Catania tagliata in due; ciò ha provocato, a catena, le dimissioni di Nico Caleca, assessore all’Agricoltura, perché Crocetta ha voluto sostituire a Leotta Giovanni Pistorio, che governò anche con Cuffaro e Lombardo; ad ogni buon conto, Caleca è stato sostituito con Rosaria Barresi, fin lì capo dipartimento. Ma è difficile che la storia finisca qui.

Soprattutto perché intanto, il Pd minaccia di presentare in consiglio regionale una mozione di sfiducia, a Crocetta: e siccome l’ispiratore è considerato il sottosegretario alla scuola Davide Faraone, Crocetta ha pensato bene di definirlo una sorta di “nuovo Lima”, nel senso di Salvo. Addirittura. “Sembra ineluttabile che alla Regione siciliana stanno per spegnersi le luci”, scrive malinconico il presidente della commissione Affari costituzionali dell’Ars, su Facebook. Mentre Fabrizio Ferrandelli, renziano e deputato in regione, ha già lanciato l’hashtag “la spina a Crocetta #iolastaccco”.

Spese pazze
Rimborsopoli in Calabria, ai domiciliari assessore Pd e guai per Ncd
26/6/2015
Lontano dagli arzigogolii siciliani, di grande impatto è invece la pagina web della regione Calabria. Cliccando il pulsante “giunta”, compaiono quattro nomi (presidente compreso), che il dem pur molto votato, a novembre scorso, Mario Oliverio ci ha messo mesi a nominare: ebbene tre su quattro, cioè tutti gli assessori, risultano indagati nell’operazione Erga Omnes, sui rimborsi gonfiati nella precedente legislatura. Si tratta di Vincenzo Ciconte, vicepresidente e assessore al bilancio, Carlo Guccione, assessore al Lavoro, attività produttive e politiche sociali; Antonino De Gaetano, assessore ai lavori pubblici e infrastrutture (ai domiciliari). Tutti del Pd, anche se certo l’inchiesta è più ampia e coinvolge finora 27 indagati (leggi). Allegria, comunque.

Per un consiglio regionale di fatto azzerato, una giunta comunale presentata per il rotto della cuffia: a Bolzano, il neosindaco Luigi Spagnolli, peraltro al secondo mandato, è andato sotto alla prima riunione del consiglio comunale, grazie all’improvvisa opposizione dell’Svp, ed è riuscito a presentare la giunta una attimo prima del disastro, solo grazie all’apporto dei Verdi (e dell’aiuto del dem Gianclaudio Bressa). Certo, almeno loro si sono insediati: in Campania, a quanto pare, c’è da aspettare che il tribunale si pronunci sulla sospensione o non sospensione di De Luca (il quale, nel frattempo, come a dirsi convinto del proprio futuro, dirama comunicati su come affrontare l’emergenza della terra dei fuochi).

E poi c’è il problema del Piemonte, dove Sergio Chiamparino minaccia di dimettersi perché si è trovato coinvolto in un vicenda di firme di lista false o dubbie, simile a quella che prima di lui provocò la caduta del leghista Roberto Cota. Non c’è bisogno, arrivati a questo punto, di far più che citare il sindaco-marziano Ignazio Marino, e il suo braccio di ferro col Pd renziano, mentre le mestizie e le notizie di reato di Mafia Capitale deprimono anche il più disinteressato dei romani.

C’è da dire che però, in questo quadro, il fatto Michele Emiliano, votatissimo governatore della Puglia, fautore di un’allenza “modello Ulivo” (cioè l’opposto della logica renziana), abbia voluto iniziare la sua consiliatura nominando addetta stampa la sua compagna Elena Laterza, giornalista che lo segue come un’ombra da dieci anni, beh, appare più che altro uno scivolone diplomatico. Poco opportuno, forse, ma quasi allegro, al confronto.

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