Il Politecnico di Losanna ha realizzato un progetto unico al mondo. Dopo aver coperto il campus di pannelli solari, da agosto immagazzinerà l’energia prodotta in una batteria grande come un container. Il sogno? Produrre energia elettrica al 100% rinnovabile ed essere autosufficienti grazie a una rete “smart”

L’edificio simbolo è coperto da pannelli solari blu cobalto e al primo piano ha due sale piene di macchinari, cavi, computer, taniche di acqua purissima. Sulla facciata della palazzina una barra digitale pulsa di continuo con i suoi sei metri di led viola: calcola in tempo reale l’energia prodotta dagli edifici della zona. Svizzera, Canton de Vaud. Il campus dell’EPFL, la Scuola Politecnica Federale di Losanna, è il parco solare urbano più grande del Paese. Qui si sta studiando la rete elettrica del futuro. Un progetto ambizioso, visionario, di quelli che chiamano break-through, di rottura, perché puntano a sostituire la tecnologia esistente. E nel caso della rete elettrica sembra ancor di più un azzardo, perché il sistema esistente funziona e ogni giorno lo conferma: basta schiacciare l’interruttore e la luce si accende, sempre.

[[ge:rep-locali:espresso:285157222]]Eppure un team dell’EPFL, eccellenza mondiale in ambito scientifico tecnologico, sta provando ad andare oltre. Il laboratorio DESL – Distribuited Electrical System Laboratory è nato nel 2011 per studiare le smart grids, le “reti elettriche intelligenti”. E’ composto da una ventina di giovani ricercatori di tutto il mondo, dall’Iran sino al Cile; la metà sono italiani. Alla guida c’è il professor Mario Paolone, 42 anni, ex ricercatore dell’Università di Bologna e professore associato al Politecnico di Losanna. «Il sistema di produzione elettrica attuale ha una struttura che è quasi immutata da decenni», spiega alla scrivania del suo studio nel palazzo blu cobalto. «Ogni paese ha un numero ristretto di luoghi di produzione - come le centrali nucleari, idroelettriche, a gas o carbone - connessi a una rete di migliaia di chilometri che porta l’elettricità ai destinatari».

Il futuro: pannelli e turbine in ogni quartiere 
Questo sistema centralizzato è facilmente controllabile ma ha dei punti deboli: inquina spesso, deturpa il paesaggio con industrie e tralicci, “perde” un po’ di energia dal luogo di produzione agli utenti. E non accoglie facilmente l’energia elettrica che arriva da risorse variegate come le rinnovabili. Da qui l’idea di sviluppare un sistema alternativo, dove ogni quartiere produrrà energia con pannelli fotovoltaici e turbine eoliche. Il professore Mario Paolone ne è certo: «La rete elettrica del futuro non sarà più centralizzata ma distribuita, composta da micro reti indipendenti dalle fonti esterne». Come? La risposta è oscura ma non ammette semplificazioni: «Grazie a sistemi di accumulo elettrochimico che integrano batterie e tecnologie dell’idrogeno».

Il campus dell'EPFL, cittadina in miniatura 
Sembra un caso studio, non realizzabile in tempi brevi. Eppure nel Politecnico di Losanna ci stanno riuscendo, anche grazie alla determinazione del presidente dell’EPFL, Patrick Aebischer, che ha permesso di usare il campus stesso come “cavia”. «E’ l’ideale, perché è frequentato da più di 10 mila persone e ha quindi i numeri di una città di piccole dimensioni», assicura Mario Paolone.  «Un esperimento che sarebbe stato molto complicato da realizzare in una cittadina vera».
 
La scommessa del laboratorio è integrare la rete elettrica con le energie rinnovabili, sino a produrre il 100% di energia verde e rendere il campus indipendente. Vale a dire: creare la prima città capace di sopravvivere (davvero) solo con energia pulita. Ma non è semplice. «I difetti delle energie rinnovabili sono poco noti ma sono importanti», spiega l’ingegner Marco Pignati, dottorando marchigiano che nel team studia un metodo per individuare i guasti nella rete. «L’energia solare è intermittente e difficile da immagazzinare. Basta il passaggio di una nuvola perché l’intensità dell’energia crolli del 60% in pochi secondi: la rete esistente non è stata pensata per avere questi scompensi».

«Ecco perchè serve una rete elettrica intelligente »
Per ora le centrali elettriche sopperiscono alla discontinuità delle rinnovabili, ma è chiaro che l’aumento della produzione di energia verde richiede un’evoluzione radicale del sistema. E siccome è impensabile ricostruire la rete esistente da zero (le infrastrutture elettriche sono il frutto di decenni di lavori  e investimenti) ecco la smart grid che si studia al Politecnico di Losanna: il modo per far diventare “intelligente” la rete.

«Serve una sorta sistema operativo che metta in comunicazione la rete elettrica con i sistemi di produzione e accumulo di energia prodotta localmente», continua Paolone. Semplificando: qualcosa che faccia “parlare” lo stesso linguaggio a rete esistente, pannelli, e batterie. «Pensiamo al Tomtom in un auto: sa dirci come andare da un posto all’altro ma non sa fare il pilota automatico, perché non sa schivare ostacoli e pedoni. La rete elettrica con tante fonti rinnovabili ha lo stesso limite: non sa come reagire al passaggio di una nuvola né capire quando immagazzinare l’energia. Noi dobbiamo insegnarglielo».

La “Smart Grid” esempio unico al mondo
Il primo passo per creare la smart grid è stato cercare un modo per “fotografare” in tempo reale la rete elettrica. Un concetto simile al cruscotto dell’automobile, che attraverso le spie tiene sotto controllo tutta la vettura. Con la complicazione che un’auto è lunga quattro metri, mentre una rete elettrica può essere grande come un Paese.

E proprio questo è stato il primo grande azzardo: perché un dispositivo per fare queste “fotografie” ancora non esisteva. Il laboratorio dell’EPFL ha così rielaborato una tecnologia usata nelle reti ad alta tensione, le cosiddette Phasor Measurement Units, e per primo al mondo l’ha applicata alle reti a media e bassa tensione che portano l’energia nelle case. «Ora possiamo fare una fotografia della rete ogni 20 millisecondi»,  spiega Paolo Romano, ingegnere elettronico spezzino che come dottorando sviluppa questi sensori, le “lenti e gli occhi” che fotografano la rete. «Abbiamo già installato una decina di questi dispositivi nel campus ed entro la fine dell’anno saranno estesi a tutti i 40 edifici dell’EPFL. Quando riceviamo i risultati? Con un ritardo di nemmeno 60 millisecondi».

Dopo l’analisi tocca ora alla gestione del sistema, ovvero immagazzinare il surplus di energia generato dai pannelli per utilizzarlo quando sarà necessario (di notte o nei giorni senza sole, per esempio). Il giorno della svolta sarà il 18 agosto, quando arriverà dalla Germania una batteria al titanato di litio da 1 MW, un pezzo unico costruito apposta dall’azienda svizzera Leclanché. Sarà grande come un container di 12 metri, composta da più di 8000 mila celle e peserà 40 tonnellate: la sua carica sarà in grado di alimentare per un giorno un paese di circa mille persone. 

«La rete elettrica del campus?  Sarà come internet»
La rete elettrica del futuro prende quindi forma, grazie alla generazione locale di energia – il parco solare dell’EPFL produce 1GWh all’anno – integrata con un sistema di accumulo e consumo locale. «La scommessa è immaginare che nel mondo del futuro ogni quartiere avrà un sistema del genere», si entusiasma il professore Mario Paolone. «A questo punto l’utilizzo dell’elettricità sarà molto più simile all’uso che facciamo di internet. Quando usiamo Facebook, le mail o Twitter non sappiamo dove sono salvate le nostre foto o i nostri tweet né dove è posizionato il server che li rende disponibili a tutti. E’ in rete, e questo ci basta. La stessa cosa probabilmente avverrà per l’elettricità». Il primo passo in questa direzione è già avvenuto in un parcheggio del Politecnico, dove ci sono le colonnine per la ricarica delle auto elettriche. Ma il sogno del laboratorio sulle smart grids è rendere tutto il campus autonomo con risorse del tipo plug and play (la tecnologia alla base delle chiavette usb, che vengono riconosciute da ogni computer senza necessità di installazione).

Si potrà così arrivare con un qualsiasi dispositivo – che sia un computer, un’auto elettrica o un cellulare - e usufruire dell’energia disponibile in quel momento in quel posto: e potrà essere l’energia prodotta in tempo reale dal pannello solare, immagazzinata dalla batteria o addirittura presente nella batteria dell’auto elettrica che si sta ricaricando nella colonnina accanto. «Il passo successivo sarà disconnettere il campus dalla rete esterna», azzarda il professore Paolone. «Appena riusciremo a creare un sistema del genere lo trasferiremo alle industrie e ai gestori delle reti elettriche.  E potrà essere clonato senza limiti.