In un dossier dell’Unione degli studenti le esperienze paradossali di chi ha seguito il percorso professionale obbligatorio per un milione e mezzo di ragazzi previsto dalla Buona scuola. Mentre il Miur finanzia con cento milioni di euro l’apertura di oltre 27 mila posizioni. Grazie agli accordi con McDonald's, Poste, Zara ed Eni

«Non saremo schiavi», recita lo striscione e gli slogan delle manifestazioni che si sono susseguite a novembre. Il bersaglio delle proteste è uno dei punti cardini della riforma Buona scuola: l’alternanza scuola-lavoro.

Un obbligo per arrivare all’esame di stato che prevede 400 ore di stage non retribuito per gli istituti tecnici e 200 ore di impieghi fuori dalle mura scolastiche per i liceali da “consumare” nell’arco del triennio. Bello, bellissimo, ma il trampolino verso le professioni senza adeguate norme di comportamento e senza concrete possibilità in territori più sfortunati si è trasformato in altro. Qui di seguito abbiamo raccolto delle storie di ordinario sfruttamento grazie al dossier dell’Unione degli studenti.

Tutti i nomi sono di fantasia per tutelare i ragazzi. Un elenco di esperienze surreali: i ragazzi del Liceo scientifico “Seguenza” di Messina sono andati a raccogliere le cozze nel lago di Ganzirri.
Agli omologhi del Salvemini di Sorrento è forse andata anche peggio: in un frantoio dove hanno pulito i macchinari e scaricato quintali di olive e olio. Come piccoli operai impiegati in una catena di montaggio. Oppure nei campi a raccogliere pomodori.

«Non siamo contrari a priori a percorsi di formazione però crediamo che vada fatta con criterio e tutelando gli studenti. L’alternanza non è ufficio di collocamento ma un metodo didattico che evidentemente deve avere un profilo completamente diverso da quello che propone il Miur. Stare dietro ad una cassa a vendere panini, raccogliere le cozze o fare gli operai non ha nulla di formativo» spiega Aksel Nikaj, responsabile del settore per l’Unione degli studenti.

TRA I CAMPI DI POMODORI
Anna ha 18 anni e frequenta il Liceo delle scienze umane “Alberto Galizia” di Nocera Inferiore, paesone della provincia di Salerno. A fine luglio lei insieme con altri coetanei sono stati spediti alla fattoria Alpega di Sarno.
L’incarico assegnato era accudire bambini dai 2 ai 9 anni che frequentano la fattoria didattica e la piscina.
Ecco il suo racconto: «Un pullman ci è venuto a prendere e portato a Sarno. Eravamo più classi, quasi cinquanta ragazzi, e quando siamo arrivati la sorpresa: i bambini erano troppo pochi e ci hanno mandato nei campi a raccogliere i pomodori. Dopo il primo giorno li ho mandati a quel paese perché era un modo per farci lavorare a gratis. Io spero di andare all’università e fare giurisprudenza, che c’entra questo con i pomodori? È una cretinata questa forma di lavoro mascherata».
Dopo il danno pure la beffa: quest’anno devono ritornare in azienda e recuperare anche le ore “perse” nei campi.

L’ALLOGGIO NELLO SCANTINATO
Per Marco, 17enne aspirante cuoco, l’alternanza è partita con le feste di Pasqua. Dall’istituto alberghiero Ipssar De Cecco di Pescara direttamente in un hotel a quattro stelle di Rimini.
«Il nostro tutor di cucina ci ha trovato varie sistemazioni e prima di arrivare a Rimini ero fondamentalmente all’oscuro di tutto. Sapevo solo il periodo: dal 18 marzo all’8 aprile e l’indirizzo. Arrivato in albergo mi hanno sistemato in una singola e facevo le mie otto ore tra pranzo e cena.
Dopo quattro giorni con l’arrivo di altri clienti mi hanno detto di spostarmi in un’altra stanza. Non potevo credere ai miei occhi: mi hanno messo in uno scantinato, praticamente un magazzino.
Non c’era la luce, sembrava una stanza delle torture. Alle mie proteste il direttore mi ha risposto candidamente: “Sono qui per farti lavorare e non per farti da babysitter e poi ci hanno dormito altri ragazzi, cosa vuoi tu?”».

A GIOCARE NEL MUSEO

Nella penisola sorrentina l’unica offerta per chi frequenta il Liceo classico, linguistico o psicopedagogico sono le strutture ricettive o gli enti locali.
A Luca l’anno scorso a maggio, tra le verifiche e le interrogazioni finali, è toccata l’esperienza da impiegato comunale junior nel municipio di Piano di Sorrento, 13 mila anime e non esattamente una professione elettrizzante.
«Non facevo nulla, come del resto gli altri addetti che ci hanno detto subito: “Possiamo giusto spiegarvi quello che facciamo ma poi basta”. Dovevamo fare due settimane per un totale di 70 ore, ma in due giorni abbiamo visto tutto, dall’ufficio anagrafe alla centrale della polizia municipale. Abbiamo praticamente solo chiaccherato con gli impiegati comunali e preso il caffè. Un giorno ci hanno “parcheggiato” nella biblioteca comunale con un avvertimento: “State qui e fate quello che volete”. Ecco in quei giorni ho letto tanto».

Quest’anno Luca e i suoi compagni sono finiti invece al museo Correale di Terranova di Sorrento. «Pensavo finalmente di fare qualcosa vicino a quanto studiato di storia dell’arte, insomma la guida, invece in questo museo i visitatori sono abbandonati al loro destino perché semplicemente la guida non esiste. Così il 90 per cento del tempo lo abbiamo passato a giocare. Il resto dieci per cento a non fare niente».

CENTO MILIONI PER I CAMPIONI

Nell’anno scolastico 2015/2016 per molti professori è stato dura trovare location adatte ai percorsi formativi di un esercito di 652mila studenti. Con evidenti corto circuiti di liceali spediti in raffineria, parcheggiati in comuni o sfruttati negli alberghi.
Denuncia
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«Sicuramente questi percorsi vanno controllati dagli istituti e il protagonista deve essere lo studente, senza lasciare carta bianca alle aziende. Fuori da questo perimetro è solo un lavoro a “zero euro” con manodopera gratuita», sottolinea Giulia Chesi, insegnante e referente per l’alternanza al istituto tecnico per il turismo Darwin di Roma, che aggiunge: «L’idea era buona ma è mancato soprattutto per i licei un’idea chiara di attività, con 400 ore può essere difficile renderle tutte produttive».

Tra sapere e saper fare il ponte pare interrotto ma il ministero dell’Istruzione ha continuato con il progetto, implementando questo primo passo nel mondo del lavoro. Per gli anni successivi si vuole salire fino ad un milione e cinquecentomila stagisti inseriti nei settori produttivi.

Per questo il Miur ha puntato sui “campioni dell’alternanza”, sedici organizzazioni - aziende grandi e medie, ordini professionali e terzo settore - «nel racconto e nella diffusione dell’alternanza attraverso progetti di qualità» ha spiegato il ministro Stefania Giannini definendolo «una sfida economica, sociale e culturale».

Si parte con Accenture, Bosch, Consiglio Nazionale Forense, Coop, Dallara, Eni, Fondo Ambiente Italiano, Fca, General Electric, Hpe, Ibm, Intesa Sanpaolo, Loccioni, McDonald's, Poste Italiane e Zara per un totale di circa 27 mila posizioni per questo anno scolastico in corso.

Per «abbattere il muro ideologico che divideva la scuola dal lavoro» ecco uno stanziamento di 100 milioni per questo capitolo. E non sono solo gli istituti statali che ne godranno, saranno ripartiti anche tra le scuole paritarie e quelle degli enti locali.