In onda su Rai 5 questa sera alle 21.15 la Cenerentola con cui la regista ha trascinato sulle scene dell’Opera di Roma qualcosa di inedito e sorprendente rispetto ai prodotti della librettistica corrente
Metter mano al “dramma giocoso” con il quale Rossini nel 1817 al Teatro Valle di Roma diede l’addio all’opera buffa, significava, per Emma Dante, cimentarsi col più bel libretto che vantino gli autori de “La Cenerentola, ossia La bontà in trionfo”. Verseggiatore fantasioso, variato e scomposto,
Jacopo Ferretti risplende per la tipeggiatura dei caratteri e la pittura d’ambiente collocate in un ambito sociale dai tratti vividi di concretezza: la profonda provincia della Restaurazione italiana tra nobilucci arroganti e mortidifame, vanità e mediocri cattiverie; patrizio vulgo che reciterà nella commedia umana dei sonetti del Belli.
Disfarsi da tutto ciò con un gesto underground, trascinando sulle scene dell’Opera di Roma qualcosa di inedito, sorprendente e talora conturbante rispetto ai prodotti della librettistica corrente, è stato il fine della nostra regista, perseguito col rigore voluto dal Pop Surrealism americano: mettere a nudo una realtà tanto vera quanto impensata, come i figuranti che armati di chiavetta da bambole meccaniche ronzano attorno ai personaggi doppiandoli come cloni.
Esemplare l’aderenza di tali movimenti scenici a quelli dello stupendo Rossini che scorreva come torrente di fuoco al gesto del giovane direttore Alejo Pérez, assecondando le voci di Serena Malfi, protagonista emergente con il Ramiro di Juan Francisco Gatell, il Dandini di Vito Priante, il Don Magnifico di Alessandro Corbelli, le sorelle Damiana Mizzi e Annunziata Vestri, per tacere dei movimenti coreografici di Manuela Lo Sicco e del coro diretto da Roberto Gabbiani.