
Le attività economiche controllate dai boss non sono solo villaggi turistici del valore di centinaia di milioni di euro, centri commerciali in Sicilia, Calabria, Campania. Ma anche grandi alberghi a Roma e in molte altre località turistiche della riviera romagnola o in Toscana, imprese in Lombardia o Piemonte. Tante attività produttive, finanziarie ed edilizie nel centro e nel nord sono in mano alle mafie, che già da diversi anni si sono delocalizzate, «lontane dalle zone di origine e dalla casa madre, per invadere le parti del Paese nelle quali si spara meno e si fanno più affari».
È vero, le mafie oggi sparano meno rispetto agli anni Novanta, ma sono sempre vitali e, soprattutto, fanno più affari di prima. Il dato emerge dall’analisi della Procura nazionale antimafia che coordina le inchieste sui clan. E così si scopre che c’è una forte penetrazione della criminalità organizzata negli apparati pubblici, un numero sempre crescente di amministratori collusi.
La penetrazione negli appalti al Centro e al Nord, aumenta sempre di più, non solo nel settore dell’edilizia, e del ciclo dei rifiuti, ma anche nella sanità e nell’assistenza pubblica. Qui, senza sparare un colpo di arma da fuoco, gli imprenditori collusi sono entrati nelle Asl, negli ospedali e nei comuni. Al mafioso basta “chiedere” per ottenere, in virtù della sua forza di intimidazione che viene espressa anche fuori dai confini tradizionali, perché la potenza e la velocità dei mass media hanno propagato la forza criminale ben oltre il territorio di appartenenza.

Emilia Romagna
È una regione il cui territorio, secondo quanto emerge dalle indagini, è «caratterizzata dai tratti tipici dei territori infestati dalla cultura mafiosa». Non è un caso, spiegano i pm della Pna, che «all’elevato numero delle attività criminali riconducibili alla ’ndrangheta, così come ricostruito nelle indagini e nelle sentenze, non corrisponde uno altrettanto apprezzabile di denunce da parte delle vittime. Anche in Emilia Romagna, infatti, il silenzio e l’omertà, hanno caratterizzato l’atteggiamento della società civile rallentando il formarsi di una piena consapevolezza della reale dimensione del fenomeno e compromettendo e rendendo più complessa una tempestiva ed efficace azione di contrasto». Sono presenti clan che fanno riferimento ai casalesi e altri alla ’ndrangheta. Quest’ultima non si è limitata ad insinuarsi nel tessuto imprenditoriale, politico ed economico per reinvestire i capitali illegali. La procura di Bologna ha svelato «l’evoluzione preoccupante del rapporto con l’informazione (stampa e tv locali) e la volontà di coinvolgimento diretto in politica, non solo, dunque, come avvenuto in passato, fornendo un bacino elettorale a seguito di abile e puntuale contrattazione, ma individuando un politico ed ottenendo una sua adesione pubblica alle battaglie che il sodalizio intendeva intraprendere». Non solo la politica è infiltrata. Dalle intercettazioni emerge anche un network di rapporti che consente al clan di avere “a disposizione”, «costantemente, personale di polizia per informazioni, consigli ed aiuto in senso generale».
Toscana
Usura, estorsioni, infiltrazione negli appalti pubblici, traffici di droga e di merce contraffatta, sono i settori criminali in cui operano prevalentemente gli appartenenti alla ’ndrangheta in Toscana. I clan campani sono attivi in varie zone, in particolare in provincia di Pisa, in Versilia, nel Valdarno aretino e nella provincia di Prato. In Versilia sono stati eseguiti su ordine dei pm di Napoli diversi arresti nei confronti di soggetti appartenenti al clan dei Casalesi. Nell’area pisana si registrano interessi economici dei boss napoletani e pure di personaggi vicini a Cosa nostra. Per gli inquirenti la Camorra in Toscana cerca di evitare di ricorrere ad azioni eclatanti che possano attirare l’attenzione degli investigatori, mantenendo un profilo basso per portare avanti traffici illeciti e riciclare capitali.
Liguria
I clan della ’ndrangheta stanno monopolizzando i traffici di droga in Liguria. E di conseguenza il controllo di molti affari nella regione. Per questo motivo la procura antimafia di Genova ha indagato nell’ultimo anno molti calabresi o liguri collegati ai clan. Personaggi già attenzionati dai pm di Reggio Calabria e Catanzaro. Sul porto di Genova è puntata l’attenzione dei calabresi «uno dei luoghi preferiti dalla ’ndrangheta per importare droga e distribuirla altrove». Il porto per gli inquirenti è «un luogo in cui gli appetiti non solo dei referenti della ’ndrangheta ma anche delle altre strutture criminali locali, si sviluppano e si moltiplicano creando uno straordinario business su cui ruota l’economia illegale anche del territorio ligure destinato a crescere giorno dopo giorno contemporaneamente all’aggravarsi della crisi di liquidità ed occupazionale che non manifesta concreti segnali di miglioramento, soprattutto nel breve tempo».
Lombardia
La ’ndrangheta è radicata ed è organizzata in “locali” che fanno riferimento ad un organismo di coordinamento chiamato “la Lombardia”. Le sentenze hanno accertato la presenza delle cosche a Bollate, Cormano, Milano, Pavia, Corsico, Mariano Comense, Seregno-Giussano, Desio, Rho, Pioltello, Legnano, Erba, Bresso, Limbiate, Canzo e Solaro. Alla logica degli affari è stata affiancata la logica dell’appartenenza; al modello di azione tendente al profitto si è unita una modalità operativa finalizzata all’esercizio del potere. La “Lombardia” ha costanti rapporti con la Calabria. Tutto ciò determina una condizione di assoggettamento e omertà diffusa. Le condizioni che hanno consentito il radicamento della ’ndrangheta è la disponibilità del mondo imprenditoriale, politico e delle professioni (cioè il cosiddetto capitale sociale della ’ndrangheta) ad entrare in rapporti di reciproca convenienza con i clan mafiosi. Fra luglio 2014 e lo scorso giugno, sono stati sequestrati beni, tra i quali immobili, conti correnti, titoli bancari e società del valore complessivo di alcune decine di milioni di euro.
Umbria
La presenza mafiosa sul territorio è prevalente dei calabresi e campani che hanno interessi nelle imprese edili che si infiltrano negli appalti pubblici, in particolare nel settore edilizio, nella gestione dei servizi sanitari e nel ciclo dei rifiuti. A Perugia è emersa la forte presenza della ’ndrangheta, in particolare della famiglia Farao di Cirò Marina accusata di estorsioni e intimidazioni a commercianti, usura e traffico di stupefacenti. Gli investigatori hanno fotografato l’infiltrazione dei clan nell’economica legale, soprattutto nel settore dell’edilizia, strumentale ad acquisire una facciata “pulita”. Sul traffico di droga l’Umbria e, in particolare Perugia, detengono il triste primato di una delle Regioni in cui è più alta la domanda e l’offerta di sostanze stupefacenti. Questo mercato è gestito prevalentemente da organizzazioni di extracomunitari che utilizzano canali di approvvigionamento internazionali.
Piemonte
La ’ndrangheta esercita un predominio sul territorio. Le indagini hanno accertato infiltrazione di una cosca crotonese nel tessuto economico ed imprenditoriale della provincia di Torino. I clan hanno pure offerto appoggio ad alcuni amministratori locali in occasione delle elezioni comunali. Per i magistrati però «l’esistenza di un’area relazionale opaca non ha tuttavia permesso di ravvisare condotte penalmente rilevanti a carico degli amministratori locali individuati». Il gruppo criminale, molto attivo in campo imprenditoriale, si è interessato per ottenere commesse di lavori per movimento terra e per realizzare opere pubbliche, ha tentato, senza riuscirci, anche ad inserirsi nella filiera per la realizzazione della Tav Torino-Lione.
Veneto
È registrata la presenza di gruppi criminali e soggetti legati alle mafie tradizionali. Gli investigatori sottolineano alcuni soggetti che hanno interessi, per riciclare capitali di provenienza illecita, negli appalti pubblici, nella cantieristica navale, nelle società di intermediazione finanziaria, nel comparto dell’edilizia.