Il docente della Bocconi è ottimista. Ecco perché

Esperto di politiche e mercati dell’Unione europea, docente dell’Università Bocconi di Milano e consulente della Commissione europea, Altomonte è ottimista. «Nel breve periodo avremo una grande instabilità sui mercati come stiamo già osservando in questi giorni perché l’impatto maggiore della Brexit si avrà sul settore finanziario. La Borsa italiana ha una forte presenza di banche, per cui subiremo certo maggiore volatilità rispetto alle altre Borse del Continente. Soprattutto nelle prime due settimane dall’eventuale uscita l’Italia sarà maggiormente penalizzata ma una volta che il mercato si sarà aggiustato le conseguenze per noi non saranno negative perché il Regno Unito non è un nostro importante mercato di sbocco. Al contrario, potremmo guadagnare una fetta del 
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 ercato finanziario della Gran Bretagna, anche se la parte del leone la faranno Francia e Germania. Non vedo invece grandi conseguenze sul piano industriale perché gran parte del riposizionamento delle aziende è già avvenuto quando la Gran Bretagna non è entrata nell’euro. La Toyota ad esempio si è spostata in Francia. Di industriale la Gran Bretagna ha ormai poco, qualcosina nel settore dell’auto e nell’industriale ma credo sia difficile che la Rolls Royce o la General Electrics chiudano nel Regno Unito. Invece qualcosa nel settore delle telecomunicazioni potrebbe spostarsi. In Italia potrebbe rientrare qualche attività della Vodafone anche se, a dir la verità, non siamo molto produttivi nel settore dei servizi. Avremmo bisogno di una politica italiana più pro-attiva nel convincere gli investitori con promesse e garanzie a spostarsi in Italia, come sta avvenendo in questi giorni per Cisco e Apple».

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Altomonte, dal punto di vista politico cosa potrebbe succedere?
«Nell’immediato è difficile che mutino gli equilibri. Non abbiamo un momento elettorale in cui la politica Ue svolga un ruolo importante. Con un’ottica un po’ più di lungo periodo invece il timore è che con la Brexit l’Unione europea venga vista come la causa di tutti i mali e che ci sia una saldatura dei movimenti euroscettici. Noi italiani non possiamo fare un referendum sui trattati internazionali ma è possibile che un partito si intesti la battaglia. In Francia e in Germania nel 2017 ci saranno le elezioni nazionali su cui la Brexit potrebbe avere un’influenza importante. Certo l’ottimismo della ragione ritiene che i Paesi europei, con la scusa della Brexit, 
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 otrebbero riuscire a serrare le fila e a intensificare la loro cooperazione ma il pessimismo della volontà sottolinea che se non lo hanno fatto fino ad oggi (il vero bisogno di integrazione è nell’area euro, di cui la Gran Bretagna non fa parte) è difficile che lo facciano domani. L’alternativa potrebbe essere quella di scaricare tutti i costi della Brexit sul Regno Unito rendendo l’esperienza dell’uscita molto dolorosa. Ma nel lungo periodo potremmo subire delle conseguenze militari, pagare un prezzo in termini di sicurezza, visto che l’Inghilterra fa parte della Nato ed è l’unico Paese in Europa capace di fornire il supporto logistico necessario a spostare mezzi e uomini velocemente».
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In conclusione?
«Mi lascia molto sconfortato la consapevolezza che su un tema così importante siamo tutti vittime di interessi di bottega come quelli della stampa britannica, che per vendere più copie deve essere scandalistica, o di chi spera nella Brexit per far crollare il mercato immobiliare inglese e comprare casa, o ancora chi non vede l’ora di fare lo sgambetto a Cameron per prenderne il posto come primo ministro».