Asili nido, congedi parentali, incentivi nelle aziende. Ecco dove la politica può e deve intervenire. Per far guadagnare tutto il Paese

La politica si riempie spesso la bocca di parità fra i generi. Poi però, concretamente, fa poco. Ecco tre interventi che dovrebbero essere approvati subito.

PAGATE I PAPÀ PER STARE A CASA
In Italia i neo-papà vengono retribuiti al cento per cento per due soli giorni. Siamo in fondo alla classifica europea. Al Senato è fermo da novembre un disegno di legge che propone di portarli a 15. Sarebbe certamente un passo avanti per la parità, ma non è forse la prima misura necessaria per riportare le madri al lavoro. In Germania, i giorni per la paternità non esistono, eppure l’occupazione delle mamme è altissima. Merito del congedo parentale, il periodo che i genitori possono prendersi nei primi anni di vita del figlio per seguirlo nella crescita. Berlino garantisce a madre e padre 52 settimane retribuite al 67 per cento dello stipendio. Roma si limita a 26 settimane, pagate un terzo. Spiega però il centro studi Adapt che non è tanto una questione di quante settimane si offrono. «Servono incentivi economici che portino a un carico più equo fra i due genitori», scrive in un rapporto dedicato: «Bisogna valorizzare i papà che decidono di stare a casa». Pagandoli di più rispetto alle mamme. La Svezia dal 2008 ha introdotto il “gender equality bonus”: se uno dei due genitori prende meno della metà dei giorni del congedo, il bonus si riduce per entrambi.
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AUMENTATE GLI ASILI NIDO
Gli asili nido servono innanzitutto ai bambini: avranno voti più alti a scuola, stando alle ricerche. Ma servono molto anche alle mamme: sono un servizio essenziale per permettere loro di rientrare al lavoro, di ricominciare a seguire la carriera. In Danimarca tutti i bambini fra le 26 settimane e i 6 anni hanno diritto a un posto in un servizio pubblico a tempo pieno. Le liste d’attesa non possono superare le quattro settimane. I genitori non devono pagare più del 25 per cento della retta. In Calabria solo il 2 per cento dei bambini va al nido. In Emilia Romagna, una delle regioni migliori, uno su tre. Un ultimo pezzo della riforma della Buona Scuola dovrebbe affrontare proprio questo divario. Con l’assunzione in ruolo di educatori laureati e maestri, con nuove regole e investendo fondi europei per oltre 100 milioni di euro. Le mamme aspettano.

DATE COMPETENZE E INCENTIVI
Bisogna seguire l’esempio della provincia di Trento, dove la percentuale di manager, impiegate e imprenditrici è fra le più alte d’Italia. Grazie a misure attive. Come i 20.000 euro l’anno di aiuti alle imprese che introducono regimi di orario flessibili; i contributi alle lavoratrici autonome che assumono una co-manager nei periodi di assenza; le consulenze alle aziende per migliorare la gestione della maternità, riorganizzandosi; la formazione per le non laureate; i corsi motivazionali e di orientamento per le giovani che vogliono rientrare nel mercato del lavoro dopo la maternità. A settembre il ministro Enrico Costa ha annunciato che presenterà il piano del governo per la famiglia. «Le piccole novità positive del Jobs Act non bastano», sostiene Loredana Taddei, responsabile politiche di genere della Cgil: «Serve un piano straordinario per l’occupazione femminile». La misura più facile, ma anche più costosa, sarebbero i sussidi alle imprese che assumono più donne. Ma servono iniziative innovative. Anche per le nuove imprese. In Gran Bretagna hanno fondato un’agenzia pubblica apposta, che offre credito alle startup femminili.