«E' stato il mio primo atto da senatore, nel 2006: scrivere una legge sul fine vita. Eravamo in enorme ritardo . E mi fu subito chiaro che gli italiani la pensavano esattamente come me». L'intervento del chirurgo e politico
Ci sono voluti dodici anni, tre legislature, un percorso lungo e tortuoso ma alla fine anche l’Italia ha una legge sul fine vita. Da oggi ognuno di noi può indicare quali terapie intende accettare o non accettare se arriverà un momento in cui non sarà più nelle condizioni di decidere e di esprimersi. Da oggi ognuno è libero di scegliere, esercitando, attraverso il testamento biologico, un diritto inviolabile della persona, sancito dalla Costituzione. Un diritto che vincola i medici al rispetto delle volontà di ogni paziente e, allo stesso tempo, garantisce loro la tranquillità necessaria per operare secondo le regole della deontologia professionale ma anche secondo le regole dello Stato.
La legge approvata oggi al Senato non è perfetta, se non altro perché non mette a disposizione le risorse economiche affinché il provvedimento possa essere applicato, ma rappresenta in ogni caso un momento importante per la nostra democrazia.
Nel 2006, appena rientrato in Italia dopo molti anni passati negli Stati Uniti, scelsi come primo atto da senatore eletto di scrivere una legge proprio sul testamento biologico. Non riuscivo a capire come il mio Paese potesse avere un enorme ritardo su una materia che in molte altre democrazie era una realtà consolidata da tempo. E nel percorso a ostacoli per tentare di fare approvare quella legge mi fu subito chiaro che gli italiani la pensavano esattamente come me.
Nel 2017 non è cambiato poi molto nel pensiero degli italiani che, allora come oggi, si sono sempre dichiarati favorevoli alla libertà di scelta nelle terapie e interessati ad avere uno strumento, il testamento biologico, che garantisse il rispetto delle volontà di ognuno, in ogni momento.
Quello che invece è cambiato in dodici anni, e che ha permesso di arrivare all’approvazione della legge, sono state le sentenze della magistratura che, come spesso accade, si è sostituita al legislatore rendendo possibile ciò che la legge vieta.
C’è stato anche un cambiamento nell’atteggiamento della Chiesa se pensiamo che un mese fa Papa Francesco ha dichiarato “moralmente lecito rinunciare all'applicazione di mezzi terapeutici, o sospenderli, quando il loro impiego non corrisponde a quel criterio etico e umanistico definito proporzionalità delle cure”. Ci sono stati tanti amministratori locali che, nei loro comuni o regioni, hanno istituito i registri del testamento biologico, ci sono state tantissime associazioni impegnate nell’informare e sensibilizzare. E non dimentichiamo le battaglie condotte in questi lunghi anni da tante persone che hanno contribuito, con la loro testimonianza, ad interrogare le nostre coscienze e a fare emergere in modo plateale le conseguenze del vuoto legislativo.
Un impegno incredibile di tanti che hanno lottato per un diritto e per far fare un passo avanti all’Italia, primo fra tutti Beppino Englaro che va ringraziato per il suo contributo determinante a favore del testamento biologico, grazie alla sua personale battaglia civile in nome della sua adorata figlia Eluana.
Alla fine la politica si è adattata, con i suoi tempi biblici, con la sua scarsa attenzione alla vita reale e alle sofferenze delle persone, con le sue discussioni infinite e i compromessi sempre giustificati. Ma oggi non è il giorno della polemica, perché hanno vinto la libertà e la dignità delle persone. Oggi è il giorno che premia tanti sforzi fatti.
Da domani di nuovo al lavoro, per fare sì che la legge trovi presto applicazione, risorse economiche e impegno. Penso soprattutto a medici e infermieri che, con umanità e responsabilità professionale ogni giorno assistono gli ammalati e da domani avranno anche il dovere di rispettare il loro testamento biologico.