L’orecchio è traditore, e spesso i modi di dire sono, appunto, detti. Il risultato è che quando si decide di scriverli, nascono macelli. Pillole di grammatica per salvare la nostra lingua maltrattata. Segnalateci nei commenti gli svarioni che più vi infastidiscono o sui social con l'hashtag #italianoEspresso
Guardate, io lo so che non lo fate con cattiveria. È che l’orecchio è traditore, e spesso i modi di dire sono, appunto, detti. Il risultato è che quando si decide di scriverli, nascono macelli. Per esempio io conosco tante persone, persone perbene, che amano i cani, i bambini, sono educati e mai, mai, mai in vita loro maltratterebbero la grammatica consapevolmente. Eppure, quando scrivono
Che cosa centra questo? Lo scrivono proprio così:
Che-cosa-centra. Come se il verbo della frase fosse voce del verbo
centrare, cioè fare centro
.No. Ripetere con me ad alta voce, stentorei: NO!
Si scrive
Che cosa c’entra. Perché qui si usa il verbo
entrare assieme a
ci, che in questo caso è avverbio di luogo, come nel caso di
c’è. C’entra infatti equivale a
entra qui, cioè in questo luogo, in questo caso specifico.
Il
ci in italiano è una sillaba infida. Può essere pronome personale complemento, e in quel caso vuol dire
a noi/noi. Nella frase
ci piacciono i film d’azione il ci indica infatti un a
noi (=a noi piacciono i film d’azione, complemento di termine).
Ma
ci indica anche il luogo dove si svolge l’azione, e quindi è un avverbio di luogo. Nella frase
ci passo spesso, il
ci indica un luogo, ovvero
qui. Spesso viene usato in unione con il verbo essere, come per esempio nella frase
C’è qualcuno in casa? O viene usato assieme al verbo entrare nella famosa frase di prima, ovvero: che
cosa c’entra? Che vuol dire:
che cosa entra qui, in questo posto, in questo discorso?Per cui vi prego, quando vi chiedete
Che cosa c’entra ricordatevi di metterci l’apostofo. E di lasciare in pace il verbo
centrare. Che non c’entra. Per nulla.