Il territorio dello Stato Islamico è quasi scomparso. Eppure proprio questo declino in Medio Oriente rischia di rendere ancora più imprevedibili e pericolosi gli sviluppi degli attacchi in Europa

Lo “Stato islamico” proclamato nel 2014 a Mosul dal sedicente “califfo” Abu Bakr al-Baghdadi è ormai fortemente ridimensionato, grazie agli attacchi militari subiti, che ne hanno ridotto non solo il territorio ma anche le risorse economiche. Eppure proprio questo declino in Medio Oriente rischia di rendere ancora più imprevedibili e pericolosi gli sviluppi degli attacchi in Europa.

S’intende: la guerra non è alle spalle nemmeno in Iraq e Siria. Le perdite di Mosul e di Raqqa, così come l’assedio di Tel Afar e di altre città strategicamente importanti, non rappresentano ancora la fine del “califfato” là dove è nato, perché questa potrà essere sancita soltanto quando laggiù si smetterà di combattere. Ma in ogni caso è probabile che gli obiettivi del jihadismo globale sopravvivano alla perdita di controllo sul territorio e continuino anche dopo a rappresentare un motivo di alto rischio per l’Occidente.

La strategia attuale dell’Isis infatti è proprio quella di spostare il più possibile la battaglia sull’Europa, puntando sulla rabbia degli estremisti “senza leader”, dei “cani sciolti” o “lupi solitari”, quasi sempre giovani nati e cresciuti nei Paesi in cui vengono messi a segno gli attentati.
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La maggioranza dei terroristi impegnati in questo attacco all’Occidente agisce in maniera parziale o con poca intensità, coordinandosi con altri gruppi che rispondono alla chiamata che arriva dal deserto. Ordini che vengono consegnati grazie alla rete Internet.

L’Isis ha rivoluzionato le strategie di comunicazione del jihad, creando un sistema di diffusione coinvolgente, ben strutturato ed estremamente ramificato. Nella maggioranza dei video diffusi dallo Stato islamico fino a pochi mesi fa, continuavano a dominare discorsi che sottolineavano la grandezza e la potenza del “califfato”. Ora sono incessanti e accanite le minacce di diffondere il terrore in qualunque Stato europeo, tra gli “infedeli”.

Secondo gli analisti, a questo scopo l’Isis ha scelto nella sua comunicazione un target più “giovanile”, più sensibile a un linguaggio retorico-utopistico focalizzato sull’idea romantica della “lotta” e della “resistenza” contro gli “infedeli”. Questo modo di comunicare ai propri potenziali soldati che vivono in Europa è per lo Stato islamico doppiamente importante, perché oltre a svolgere una funzione di proselitismo in Occidente rassicura i miliziani in Siria e Iraq sul fatto che, nonostante le sconfitte subite, la guerra non è finita: anzi si allarga sempre di più a livello planetario.
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Dopo la caduta di Mosul si registra infatti una forte crisi nel “califfato”. I foreign fighters in arrivo dall’Occidente stanno diminuendo, mentre molti di quelli presenti sul terreno arabo sono stati fatti prigionieri oppure sono in fuga. Alcuni rientrano nei Paesi di provenienza perché consapevoli della sconfitta sul campo e delusi dalle aspettative.

Vedere ridotta in polvere la grande moschea medievale di al-Nuri, quella dove al-Baghdadi aveva proclamato il “califfato”, è stato un colpo durissimo per chi aveva creduto davvero nel consolidamento e nell’espansione di uno stato islamico «dal Marocco all’India». Nonostante ciò, l’Isis riesce ancora a contattare e spesso a convincere i giovani alla lotta, attraverso Internet. I “senza leader” in Occidente si armano, anche in maniera artigianale, facendosi esplodere, oppure lanciandosi in auto a tutta velocità sulla folla.

La strategia in questione vale per tutta Europa, quindi anche per l’Italia. Anzi nella propaganda estremista i riferimenti al nostro Paese si sono fatti più frequenti negli ultimi anni. Ed è cresciuto l’incitamento alla “conquista di Roma”, elevata a simbolo dell’Occidente cristiano: uno degli slogan più importanti dell’Isis.

Analisi
Dopo Barcellona, la paura di avere paura in Italia
18/8/2017
Nel nostro Paese i fenomeni della radicalizzazione e dell’estremismo jihadista hanno tratti un po’ differenti rispetto a quelli della maggior parte dei paesi europei e occidentali. La scelta jihadista appare, in proporzione al numero di giovani islamici presenti nel nostro Paese, meno consistente e meno strutturata. La prevenzione degli apparati di polizia giudiziaria e di quelli dell’intelligence interna (Aisi) è basata su informatori, infiltrati, spie, occhi elettronici, microfoni occultati che cercano di registrare ogni movimento sospetto. Nel 2017 sono state 202 le persone gravitanti intorno agli ambienti dell’estremismo religioso espulse dall’Italia, con accompagnamento nel proprio Paese. Ma il rischio non potrà mai essere pari a zero finché la campagna digitale di indottrinamento e incitamento all’odio che parte dai deserti mediorientali riuscirà a insinuarsi nella testa di qualche “cane sciolto” che deciderà di uccidere con un’auto, un furgone, un coltello.

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