Pubblicità
Politica
ottobre, 2019

Il crollo di Luigi Di Maio e il boom di Matteo Renzi: il ribaltone sui social network

social5-jpg
social5-jpg

Con il nuovo governo sono stati stravolti gli equilibri su Facebook. Con la galassia 5 Stelle in difficoltà, la solita calma piatta del Pd e il rilancio dell'ex sindaco di Firenze (che con i suoi uomini lavora alla "costruzione" del personaggio Bellanova)

social5-jpg

Dal governo super-social al governo anti-social. Dal Facebook di governo, al Facebook di opposizione. Con il leader della Lega Matteo Salvini che affannosamente torna ad arrampicarsi in cima al suo impero virtuale, dopo aver perso quello reale. E con l’altro Matteo - Renzi, neoleader di Italia Viva - che, all’opposto, tenta la scalata a politica e Palazzi proprio a partire dai follower: non solo nella sua (mediaticamente usurata) persona, ma anche attraverso una donna che sembra per certi versi il suo opposto, Teresa Bellanova, alter ego del feudo leopoldino inviata al governo a guidare l’Agricoltura.

E in mezzo? Non più Luigi Di Maio, stella di una fase precedente, ma semmai Giuseppe Conte, che negli ultimi due mesi ha raddoppiato la sua popolarità online ed è l’unico su cui - a guardare ad esempio i 140 mila fan conquistati su Facebook in soli quindici giorni di agosto - l’impresa guidata da Davide Casaleggio ritiene di voler da ultimo puntare. Dentro la confusione totale della galassia grillina che, clamorosamente, a una prima occhiata su come si muove in rete, sembra non crederci più come una volta.

La rivoluzione, nel corso dell’estate, è avvenuta anche lì, sulle piattaforme online. Al cambio dei colori nel governo è infatti corrisposto un cambio totale degli atteggiamenti e degli equilibri social. Chi prima sembrava destinato a una irresistibile ascesa, ha cominciato a zoppicare. Chi era scomparso, è tornato. Ci sono casi di reucci dei post finiti nella polvere, come Alessandro Di Battista, la cui bacheca è rimasta ferma per settimane al video in cui suo figlio Andrea spegne le candeline dei suoi due anni. E casi opposti, quelli degli arrembaggi prima sconosciuti, come quello di Giovanni Toti, un altro che – alla renziana - si è fatto il suo partito (Cambiamo!) sui social: in settembre ha raggiunto i 357 mila engagement (ad aprile non arrivava a 100 mila) ed è l’unico (ex) forzista a nuotare nelle prime dieci posizioni dei più virali tra i politici. Quanto al nuovo clima generale, c’è di più. Con l’uscita della Lega da Palazzo Chigi e l’ingresso del Pd nelle stanze del comando, è saltata quella che di fatto era una pax governativa. I due blocchi social più potenti del Parlamento, quello giallo e quello verde, adesso si combattono l’un l’altro. Non vale più quella specie di equilibrio di Yalta che vedeva nel Pd l’unico, succulento, bersaglio comune e, nei Cinque stelle, una sorta di Svizzera, immune agli attacchi di destra (per una questione di alleanze, ma anche di catene di affetti: da Salvini alla Meloni, fino a Berlusconi) e a quelli della sinistra (per il motivo opposto: mancanza di capacità di fuoco).
classifica19-jpg

La prima conseguenza di questo nuovo assetto: nella narrazione social, l’agenda non la detta più il governo, ma le principali forze di opposizione, o per meglio dire le due principali bocche di fuoco sovraniste. Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Sono loro, con le rispettive macchine social, che decidono, per esempio, che si parli per giorni dei tortellini di pollo e dei crocifissi al muro (in attesa del Natale, del film di Christian de Sica e dell’inevitabile polemica su quello che Angelino Alfano ha sempre chiamato «presepio». Prepariamoci). Un grosso salto rispetto ad aprile quando, come ha raccontato l’Espresso, i politici più potenti su Facebook erano i principali azionisti del governo gialloverde, Salvini e Luigi Di Maio, oggi superato dalla leader di Fratelli d’Italia che dalla destra ha continuato a crescere sotto traccia, raddoppiando le interazioni in sei mesi e raggiungendo quasi cinque milioni e mezzo di engagement solo a settembre.

Con la fine del primo governo Conte, molto si è parlato del crollo social di Matteo Salvini. Ma, con 18 milioni di interazioni nell’ultimo mese, il Capitano resta saldamente in cima al podio: l’impero social messo su da Luca Morisi è tutt’altro che distrutto. Eppure anche lui ha dovuto rivedere le strategie, dopo il capolavoro agostano di aver fatto cadere l’equilibrio dal quale sognava di ottenere i pieni poteri. Per continuare ad alimentare la Bestia, ad esempio, è stato costretto a raddoppiargli i pasti: 519 post pubblicati a settembre, il 40 per cento in più rispetto ai 350 di agosto. E a stravolgere il menù lessicale: «santi», «biciclette» e «amici», invece di «immigrati» e «polizia».

Il caso
La Bestia di Matteo Salvini si è fatta più docile
15/10/2019
«Noi non parliamo di mojiti e cubiste. Noi parliamo di tasse, di asili nido, di edilizia scolastica, di posti di lavoro». Così, giorno per giorno, Matteo Renzi sta cercando di conquistare la fiaccola dell’anti-nuovo Salvini, nell’epoca del Conte II. Il leader di Italia Viva sta costruendo una nuova casa da zero, mentre il suo omonimo la rattoppa. Ma il tutto avviene in una dimensione mediatica, più che solamente politica: dall’annuncio a Porta a porta col nome del nuovo partito, fino al martellamento per l’arrivo della sua Bestia o, per dirla ancor meglio, la sua Associazione Rousseau. Nulla infatti ancora si sa circa la piattaforma di partecipazione messa su dall’ex premier, che da sempre, con Laura Boldrini, è tra i meno in ritardo, nella sinistra, rispetto ai meccanismi della politica digitale. Gran vanto si fa, per il momento, del fatto che a costruire l’infrastruttura sarà Nation Builder, una delle principali piattaforme di software, che ha già progettato il sito dei Comitati Azione civile. Lo slogan della società americana sembra fatto per piacere a Renzi: «NationBuilder exists to help you lead». Qualcuno che lo aiuti a comandare, cosa chiedere di meglio.

Se ancora non si sa della piattaforma, quello che si sa già è che nei social Renzi e il suo giro hanno ricominciato a investire grosse cifre. Dopo mesi di investimenti zero, la pagina di Renzi ha iniziato a comprare visibilità a maggio con 8 inserzioni, che sono diventate 30 a giugno, 66 a luglio, 71 ad agosto, 52 a settembre, per un costo totale di oltre 43 mila euro. Il tutto mentre gli altri attori politici investivano pochissimi soldi, nell’ordine delle centinaia di euro (fatto che sarebbe naturale, in un momento nel quale non ci sono elezioni in vista). E i risultati sono arrivati: negli ultimi tre mesi, l’ex sindaco di Firenze ha colmato buona parte del gap che lo separava da Di Maio e oggi è arrivato a potersi giocare il terzo posto sul podio. Un obiettivo che fino a sei mesi fa sembrava irraggiungibile.

Parallelamente, Renzi ha dato mandato ai suoi fedelissimi di costruire l’immagine social dei renziani al governo (che peraltro sono gli unici a crescere strutturalmente nell’esecutivo). L’investimento più importante in termini di uomini e risorse è senz’altro quello fatto sul personaggio di Teresa Bellanova. La ministra dell’Agricoltura, che chiuderà con Renzi la Leopolda, è stata affidata alle cure comunicative di Alessio De Giorgi, il social media manager che l’ex premier volle a gestire la comunicazione del Pd ai tempi in cui ne era segretario e che adesso è stato assunto negli uffici di diretta collaborazione del dicastero. Bellanova è l’esempio d’accademia di ciò che vuol dire costruire un personaggio social. La sua pagina Facebook, che prima del giuramento contava 15 mila fan, con zero interazioni, in cinque settimane è arrivata a circa 60 mila fan e 200 mila interazioni. Risultato ottenuto grazie alla moltiplicazione dei post, passati da zero a cinque al giorno, e all’abilità nel cavalcare polemiche come quella sull’abito blu. Un caso da pagina 1 del manuale del perfetto social media manager. Titolo: prendi un attacco sguaiato partito dalla destra, volgilo a tuo favore e trasformalo in una moltiplicazione di like. In questo caso si trattava della mise scelta dalla ministra per la cerimonia al Quirinale, criticata da Daniele Capezzone, attualmente influencer dei sovranisti, e alla fine invece celebrata addirittura da Enzo Miccio, fashion designer, conduttore tv, star di “Ma come ti vesti?”, accorso alla scrivania della ministra per un social-siparietto in favore di meme.

L’altro investimento social renziano è per la ministra delle Pari opportunità Elena Bonetti: a lei è stato fornito un addetto ai social (peraltro, come ha notato la Verità, si tratta di Nicolae Galea, marito di De Giorgi), che le ha finalmente aperto una pagina Facebook. Quella che può sembrare un’ovvietà è in realtà una pazzesca innovazione, all’interno dell’universo dem. Basti a ciò l’esempio di Roberto Gualtieri: il titolare dell’Economia non scrive un post dal 22 agosto, non risulta neanche membro del governo, eppure ha aumentato del 54 per cento i suoi fan, stabilendo in questo modo quanto valga sui social l’incarico di ministro.

A proposito di scarsa sintonia con la necessità di una forte immagine online, Nicola Zingaretti continua la sua placida carriera: appena sopra la linea dell’esistenza. Chi si intende della materia scommette, appunto, che il prossimo mese sarà superato dalla Bellanova: evento che i dati disponibili su ottobre sembrano già confermare. In generale, per quel che riguarda il Pd i numeri sono lievemente migliorati dacché è entrata in campo la nuova social media manager, Giusy Russo. Quel che resta costante è, però, l’incapacità di mettersi al centro del dibattito e dettare l’agenda. Del resto, in un mondo nel quale il grillino ribelle Gianluigi Paragone, mediaticamente il successore di Di Battista, smuove il doppio del volume del segretario dem (a settembre 435 mila engagement, contro 294 mila) è chiaro come ci sia ancora molto da lavorare.

C’è da dire che il cambio di governo ha prodotto un inimmaginabile contraccolpo sull’impatto social dell’attività dei Cinque stelle. C’è un generale crollo sia nel ritmo che nei risultati dei big. E in più, con la fine dell’armistizio gialloverde, la quantità di commenti negativi, una volta quasi assenti, è cresciuta vertiginosamente. Sembra in generale che ci sia meno attenzione verso un aspetto sempre maniacalmente curato dal partito fondato da Gianroberto Casaleggio. Quella che fa più impressione, per rilevanza, è la metamorfosi social di Di Maio. Il leader grillino ha, forse, tentato l’operazione di riassestamento già raccontata per Matteo Salvini: di certo non ci è riuscito.

Colui che sei mesi fa era la medaglia d’argento dei social italiani, oggi a fatica tiene i piedi sul podio, e ne viene spesso scalzato. Da Renzi o da Conte, alternativamente. Sulla sua pagina Facebook, una volta amorevolmente coltivata di post come un campo di grano, adesso gli interventi corredati di foto con la fidanzata sono quelli che ottengono di gran lunga il maggior numero di like e, quasi sempre, tra i due commenti cosiddetti “più pertinenti”, cioè i più votati, uno è per lo meno critico, quando non direttamente offensivo. Inoltre, caso più unico che raro, Di Maio è il politico che ha perso più fan da quando è nato il governo Conte II: 11 mila in meno. Ancora più importante: il ritmo della produzione social è dimezzato (a luglio erano 5,5 post al giorno, a settembre 2). Il che fa sorgere un dubbio: avrà mica meno gente a disposizione? Dopo tutto, dai tre staff del precedente governo, è sceso a uno solo.

Un’altra parte della risposta può venire dall’altrettanto imprevedibile ascesa di Giuseppe Conte. Per lui, che fino a prima dell’estate non aveva avuto grandi exploit tra i followers, la svolta anti-Salvini messa in campo a metà agosto è stata come una bacchetta magica, con la quale Giuseppi ha curato tutte le ferite inferte alla propria immagine nei 14 mesi in cui guidava i sovranisti. Il punto di svolta, su Facebook, è stata la lettera indirizzata a Salvini proprio a Ferragosto. Un vero e proprio evento, da oltre 340 mila like e reazioni, 150 mila condivisioni. Il record europeo per il post di un politico, almeno in quel mese. Per un paragone: negli ultimi tempi i messaggi più virali lanciati dal leader leghista sono stati due foto con sua figlia e un «addio a Nadia Toffa». Nessuno dei tre ha superato i 240 mila like, nonostante il volume di interazioni dell’ex vicepremier sia oltre dieci volte quello dell’ex avvocato del popolo e i fan più del triplo. In generale Conte, da quel momento, pur mantenendo dei toni più istituzionali rispetto agli altri competitor, ha continuato ad accumulare un crescente volume di engagement, tanto da potersela giocare con Di Maio e Renzi. Faccenda prima impensabile.

«Ma allora è vero che a Palazzo Chigi hanno cominciato finalmente a lavorare per lui», è la reazione che, in risposta a questi numeri, si raccoglie nei corridoi del Senato. Il riferimento non è tanto a Rocco Casalino, quanto all’intera squadra di comunicatori che sta sotto di lui. Nulla è ancora stato ufficialmente aggiornato, eppure è un fatto che, ad esempio, Luigi Di Maio non ha più la sua segreteria da vicepremier e che Palazzo Chigi ha così perso il cervello social della Casaleggio: Pietro Francesco Dettori, fino a settembre responsabile comunicazione del capo dei Cinque Stelle presso la presidenza del Consiglio, e da un mese a questa parte - dichiara - al lavoro solo per l’Associazione Rousseau. Al seguito di Luigi Di Maio c’è invece Augusto Rubei, l’antagonista di Casalino e già portavoce della ministra Trenta che il titolare degli Esteri ha voluto con sé sin dalla campagna elettorale per le europee. Indizi in un magma in divenire, che tra l’approvazione del taglio dei parlamentari e l’annunciato duello a Porta a porta, sembra ormai polarizzarsi tra le parole d’ordine grilline e il duello tra i due Mattei. La guerra all’ultimo like continua.

L'edicola

La pace al ribasso può segnare la fine dell'Europa

Esclusa dai negoziati, per contare deve essere davvero un’Unione di Stati con una sola voce

Pubblicità