Ritratto di Abdul Rhaman Milad, capo della guardia costiera libica della zona Ovest, e accusato di essere al centro del traffico di essere umani

Abdul Rahman Milad, nom de guerre Bija, classe 1989, è il prototipo più efficace di cosa è stata la Libia dopo la rivoluzione del 2011. Nel 2011 Bija, giovanissimo, lascia l’accademia navale e si unisce ai ribelli, combattendo per deporre l’ex rais Muammar Gheddafi. In combattimento viene ferito nove volte, perde un pezzo della mano destra per lo scoppio di una granata, perde un fratello morto in combattimento. Bija, dopo essere stato ferito più gravemente, viene curato in Germania, tornerà dopo mesi essendosi guadagnato la fiducia dei suoi pari e di quelli che diventeranno i suoi capi.

Dopo la rivoluzione, governi deboli, contrapposti e guerre civili irrisolte hanno creato un il vuoto di potere e di controllo che è stato riempito dalle milizie, le stesse che erano state protagoniste della rivoluzione e che cominciano a spartirsi le aree di interesse, gli asset strategici, economici, ma anche i consigli comunali e naturalmente istituzioni come la guardia costiera.

ESPRESSO+ LEGGI L'INTERVISTA ESCLUSIVA A BIJA

Il mezzo - come sempre - le armi. Di cui la Libia era piena e lo è tuttora, anzi, sempre di più nonostante l’embargo.

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Dopo il 2011 la tribù di Bija - Awlad Bu Hmeira - conquista il controllo del porto di Zawhia, zona più che strategica, per il petrolio e per le partenze dei migranti. A Zawhia infatti c’è una delle più grandi raffinerie di tutto il paese, con una capacità di 150 mila barili al giorno. A Zawhia dunque cominciano a incrociarsi le rette dei traffici libici: i migranti e il petrolio. Che troppo spesso sono unite, e troppo poco vengono descritte come parte dello stesso meccanismo criminale.

La tribù di Bija conquista dunque di fatto il controllo della raffineria. Che significa controllare chi entra chi esce, ma soprattutto controllare i traffici, il petrolio di contrabbando che - secondo Mustafa Sanalla, capo del NOC (National Oil Corporation, cioè l’unico ente libico che può tassare vendere e trattare il gas e il petrolio) - ammonterebbe al 40% dell’intera produzione del paese.

A Bija in questo “sistema” spetta il controllo del porto e diventa capo del ramo locale della guardia costiera, cioè la Guardia Costiera Ovest.

Dopo la rivoluzione e i bombardamenti della Nato buona parte della flotta della Marina è andata distrutta e i dipendenti non sono stati pagati per mesi, mentre la Libia diventava la sede di un traffico di uomini che andava assumendo la struttura dell’industria e diventava il principale punto di transito per la rotta del Mediterraneo centrale.

Miliziani come Bija hanno riempito i vuoti, diventando parte di una triangolazione di interessi che descrivono perfettamente il sistema-Libia.

All’inizio del 2017 alcune inchieste giornalistiche (si veda soprattutto il lavoro di Nancy Porsia, ma anche Annalisa Camilli, lo stesso Espresso di quei mesi) cominciano a descrivere Bija come il perno dei traffici di Zawhia e un video pubblicato dal quotidiano inglese The Times riprende i suoi uomini picchiare migranti con una frusta dopo averli recuperati in mare, nel video i migranti sono terrorizzati, vorrebbero buttarsi in mare e si attaccano spaventati al bordo della nave.

Il 2017 è l’anno cruciale in cui viene rinnovato il Memorandum d’Intesa con lo Stato libico.

Febbraio del 2017. Il titolo del testo è: Memorandum d’intesa sulla cooperazione nel campo dello sviluppo, del contrasto all’immigrazione illegale, al traffico di esseri umani, al contrabbando e sul rafforzamento della sicurezza delle frontiere tra lo Stato della Libia e la Repubblica Italiana.

Comma b e c dell’articolo 1
B) la parte italiana fornisce sostegno e finanziamento a programmi di crescita nelle regioni colpite dal fenomeno dell’immigrazione illegale, in settori diversi, quali le energie rinnovabili, le infrastrutture, la sanità, i trasporti, lo sviluppo delle risorse umane, l’insegnamento, la formazione del personale e la ricerca scientifica.

C) la parte italiana si impegna a fornire supporto tecnico e tecnologico agli organismi libici incaricati della lotta contro l’immigrazione clandestina, e che sono rappresentati dalla guardia di frontiera e dalla guardia costiera del ministero della Difesa, e dagli organi e dipartimenti competenti presso il ministero dell’Interno.

Esclusivo
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Significa che uomini come Bija vengono inseriti in un doppio gioco di fatto. Prendono risorse dall’Italia e dall’Ue per intercettare i migranti e prendono denaro dai trafficanti per proteggere le loro operazioni illegali, il traffico dei migranti e la gestione dei centri di detenzione.

Nonostante le informazioni su Bija fossero note da mesi e non potevano non essere note agli staff locali delle organizzazioni internazionali e delle sedi diplomatiche, a marzo 2017 Bija viene selezionato dall’Oim (organizzazione internazionale per le migrazioni) come uno dei due membri della Guardia Costiera Libica per fare parte della delegazione che nel maggio 2017si è recata in Italia per una visita di “studio”, in Sicilia e Lazio. Obiettivi: studiare il sistema di accoglienza italiano nei centri di accoglienza e nei porti di sbarco. Operare con la Guardia Costiera Italiana, studiare i radar, le procedure. Stringere accordi.

Nell’estate del 2017 un lungo report delle Nazioni Unite inserisce per la prima volta il nome di Bija come parte del sistema criminale della zona di Zawhia.

Il report descrive la Brigata al-Nasr, comandata da un cugino nonché uno dei capi di Bija - Mohammed Koshlaf - come la brigata che ha in mano i principali traffici della zona, il traffico di carburante e il traffico di uomini che gestirebbe in accordo con Bija, responsabile di far partire solo i gommoni di trafficanti “amici”, cioè quelli affiliati o quelli che pagano mazzette per partire e bloccare gli altri, recuperandoli in mare e gestendoli a terra, attraverso il centro di detenzione locale, anch’esso denominato “al Nasr” come la milizia, e gestito da uomini vicini al capo Koshlaf. Uomini accusati di violenze, torture e estorsioni a danno dei migranti, che una volta portati indietro rientrano in un circolo di violenza e abusi e ricatti.

Secondo le Nazioni Unite, gli uomini di Milad consegnavano i migranti al centro di detenzione, una struttura fatiscente dove diventavano vittime di abusi e si legge nel report «nel centro i migranti venivano venduti ad altri trafficanti». E le donne «sono state vendute sul mercato locale come schiave del sesso».

Gli investigatori e il panel di esperti delle Nazioni Unite affermano che Bija e altri membri della guardia costiera «siano direttamente coinvolti nel naufragio delle barche dei migranti attraverso l’uso di armi da fuoco». E sempre secondo le testimonianza raccolte nel report, la guardia costiera guidata da Bija tasserebbe ogni barca e gommone. Chi non pagava veniva punito.

Sempre nel 2017 Amnesty International pubblica un lungo, dettagliatissimo report. Si legge «Le reti criminali [di Zawhia, ndr] tramite la guardia costiera, impediscono alle bande rivali di svolgere con successo operazioni di contrabbando. Anche la guardia costiera di Zawiya è coinvolta nel commercio di contrabbando».

La documentazione di Amnesty International rivela che alcuni membri della guardia costiera libica sono collusi con i trafficanti fornendo un passaggio sicuro in cambio di un pagamento.

Il fatto che Bija fosse un personaggio quantomeno controverso non ha impedito ai paesi europei di stringere accordi con lui.

Questo lo porta al seminario. Proprio lui, spiegano nella base della Marina al porto di Tripoli, perché si è distinto sul campo. «È uno dei nostri uomini migliori», ripetono tutti nell’ufficio di Ayub Qassim, portavoce della Guardia Costiera.

Dunque Bija nel Maggio 2017 arriva con la delegazione libica in Italia, dorme in Sicilia, viaggia a Roma dove alloggia in un hotel del centro della città.

Fa foto ufficiali nella sede della guardia costiera italiana, che vengono pubblicate salvo poi sparire dal server dopo l’inchiesta di Nello Scavo su Avvenire che ha rivelato la presenza di Bija, lo scorso 4 ottobre.

Il sistema-Libia consiste esattamente in questo. La milizia Nasr controlla ogni cosa a Zawhia: raffineria, traffici, centro di detenzione.

Ma la guardia costiera è una istituzione ufficialmente riconosciuta e Bija è un ufficiale del governo sostenuto dalle Nazioni Unite e basato a Tripoli.

Nel Luglio 2018 Bija viene sottoposto a sanzioni dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, sanzioni che prevedono il divieto di viaggio e blocco dei beni, proprio per i crimini su cui sta indagando la Corte Penale Internazionale de L’Aja.

«Alcuni dei suoi uomini - si legge nei documenti della Corte - avrebbero beneficiato dei programmi Ue di addestramento nelle operazioni Eunavfor Med e Operazione Sophia ».

Bija è inoltre accusato di aver dato ordine ai suoi uomini di sparare su pescherecci e navi umanitarie.
Dopo le sanzioni viene sollevato dall’incarico. Smette cioè di essere a capo della Guardia Costiera Ovest.
Ma lo scorso 15 ottobre Bija riceva la lettera ufficiale dalla Guardia Costiera di Tripoli per riprendere il suo posto a capo della Guardia Costiera di Zawhia.

Dopo l’inizio della guerra il 4 Aprile scorso, Bija è stato visto più volte al fronte combattendo a difesa della città di Tripoli contro le forze del generale Haftar.

Un altro importante documento, firmato dal governo di Sarraj ad agosto assegna alla zona Ovest, cioè la zona che comprende Zawhia, 8 milioni e novecento mila dinari attraverso il Ministero della Difesa.

Che è come dire che il governo assegna ai gruppi armati che fanno parte del ministero della difesa soldi per difendere la città sotto assedio.

Sarraj in un discorso pubblico in tv ha chiesto a tutte le forze miliari e di sicurezza e a tutte le istituzioni sotto il Ministero dell’Interno di scendere in campo in difesa della città.

Tutte le istituzioni sotto il Ministero dell’Interno, tutti i gruppi armati, inglobate nelle forze ufficiali a colpi di decreto.

Cambia l’uniforme, ma non la sostanza. Anche Bija è uno di loro, parte del sistema Libia.