Il passaggio dal "non preoccupatevi" al lockdown. Il lavoro nel settore della ristorazione perso a causa dell'emergenza. E l'indecisione sul tornare o meno a casa. Ci scrive una lettrice dalla capitale inglese

Questa testimonianza di un italiano all'estero è stata raccolta grazie alla collaborazione di Giovani Italiani nel mondo. Qui il loro profilo Instagram

Ciao amici, 

Vivo qui dal 2013 ormai, trasferita a 18 anni e alla fine tra una cosa e un altra, dopo aver lavorato come cameriera mentre studiavo comunicazione e pubbliche relazioni sono qui da praticamente 7 anni, lavoro in un ufficio stampa che si occupa di ristoranti, hotel e brands e c’è da dire che la ristorazione è stato il primo settore, almeno qui a Londra, veramente colpito dal COVID. 

Siamo quasi alla fine della seconda settimana di "lockdown" e il peso di stare a casa si comincia a fare sentire. Sembra una vita fa quando le mie colleghe (tutte inglesi) continuavano a dire "non è niente, non preoccupiamoci troppo" mentre io piangevo pensando a mia nonna di 84 anni chiusa in casa da sola senza poter andare al suo amatissimo cinema o a comprarsi le polpette.

Sembra passata una vita dal non è niente, dall’immunità di gregge, dal preparatevi a perdere i vostri cari... a Boris Johnson che chiude tutti i ristoranti e io che mi ritrovo in meno di una settimana in "unpaid leave" continuandomi a chiedere se tornare a casa o rimanere a Londra con le mie coinquiline
 
Sembra passata una vita da quando tutte le mattine mi svegliavo alle 7.30 per andare in ufficio, prendevo la metro, alle 6 mi fermavo al Pub a bere una birra o provavo un nuovo ristorante. 
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Adesso il ristorante è la cucina del nostro flat a Streatham dove non si trova più 1 chilo di farina per fare un po’ di pizza. 
 
[[ge:rep-locali:espresso:285342849]]Casa (Roma) non è mai sembra così lontana e anche se gli aerei continuano a volare, prendere una decisione sul da farsi è sempre più difficile. 
 
Sono sicura che quando tornerò a casa, magari a quarantena finita, la carbonara avrà un sapore più buono, l’abbraccio di mamma e papà sarà più speciale e il sorriso delle mie amiche ancora più contagioso. 
 
Vedi caro amico cosa si deve inventare
Per poterci ridere sopra,

Per continuare a sperare.
 
Federica, 25, Londra