Nello scenario continentale la Cancelliera è l'unica in grado di incarnare i principi di una politica con la P maiuscola. Ma a fine anno si ritirerà

Angela Merkel
Davvero il prossimo anno Angela Merkel uscirà di scena? Lei è stata chiara, sì! Vedremo. Intanto si direbbe che voglia dare un’impronta particolare al semestre di presidenza tedesca del Consiglio europeo, volando alto, facendo riecheggiare quella consapevolezza che era stata di Helmut Kohl, del legame necessario tra il benessere, la libertà e il futuro della Germania e il benessere, la libertà e il futuro dell’Europa, con i suoi valori, diritti e libertà. Merkel, una leader pragmatica, ha sempre gestito il suo pragmatismo in un continuo dialogo con quei valori. Lo dimostrò nel 2015 in occasione della crisi dei rifugiati.

Le crisi prodotte dalla pandemia del Covid-19 costituiscono lo sfondo della presidenza tedesca che si apre; l’uscita da esse e la ripresa dell’economia, e quindi del benessere, del continente, la scommessa di Merkel. Nel racconto merkeliano di questo semestre, benessere, diritti e libertà si tengono. Il legame è reso evidente dal tentativo dei populisti di utilizzare malessere e malcontento per rivolgerli contro le conquiste della democrazia liberale. Ecco, allora, il mutamento di strategia di fronte al mutamento delle condizioni (la pandemia) e lo sforzo per trovare nell’Unione Europa un equilibrio “generoso”, che consenta ai paesi più colpiti di ripartire, ponendosi come perno di un processo complicato tra paesi “frugali” e paesi più in difficoltà (e meno virtuosi), sfidando gli uni e gli altri a ripensarsi. I valori della civiltà europea dipendono dalla riuscita di tutti.

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I discorsi della Kanzlerin oggi si sviluppano da queste premesse. La Kanzlerin che viene dall’Est. Di fronte a Lord e Comuni, nel febbraio 2014 ricordò il suo viaggio a Londra nel 1990: la sorpresa della libertà di chi aveva vissuto in uno dei regimi più repressivi dell’Europa comunista. Ma anche la Kanzlerin che sa che la Germania è rinata dalle rovine del nazionalsocialismo, esperienza che in Merkel non costituisce tanto una realtà da riconoscere per essere superata, come per altri cancellieri, quanto un monito continuo. Nel 2009 in nome di questa visione giunse a contestare la riabilitazione del vescovo negazionista Richard Williamson da parte di Benedetto XVI: «credo sia in gioco una questione di principio quando si crea l’impressione che negare l’Olocausto sia permesso».

Di fronte al Bundestag, il 18 giugno scorso, illustrando il semestre di presidenza, la Cancelliera ha richiamato le rovine sulle quali fu costruita la nuova Europa e le catastrofi della guerra e della Shoah che le produssero. E al tempo stesso l’impresa di «padri e madri fondatori che piuttosto che dimenticare e negare la sfiducia profonda, l’amarezza delle esperienze della guerra e delle deportazioni, le accettarono operando per trasformarle in un’Europa pacifica e democratica». «Questa fu la lezione di quella orribile guerra - ha proseguito Merkel - ovvero che la follia nazionalista e razzista non dovrà più escludere e disumanizzare persone o gruppi in Europa; che la diversità politica, culturale, religiosa non deve essere solo rispettata, ma anche protetta».

Si tratta di parole che vanno oltre la retorica, perché unite alla coscienza della fragilità del nostro sistema di valori. A causa di questa fragilità, l’Europa - «un ordine aperto di pace e libertà» - deve essere continuamente forgiata e migliorata, e non abbandonata agli avversari di quell’ordine: «L’Europa soffre del fatto che noi, i suoi sostenitori, manchiamo nell’esprimere con sufficiente costanza ciò di cui possiamo essere orgogliosi. E anche del fatto che lo diamo troppo spesso per acquisito, e che abbiamo troppo spesso lasciato parlare dell’Europa i nostri avversari». Per questo, rivolgendosi ai deputati tedeschi, Merkel ha ribadito che le misure adottate dalla Germania per affrontare la crisi saranno efficaci solo se anche gli altri stati dell’Unione riusciranno ad essere forti e le attività della Germania sostenute dall’azione dell’Europa. Per questo, rivolgendosi ai deputati europei l’8 luglio, ha ribadito che le fondamenta etico-politiche su cui è costruita l’Europa - «i diritti umani e le libertà civili, l’inviolabilità della dignità umana, il libero sviluppo personale, politico e sociale dell’individuo, la protezione dalla discriminazione e dal disprezzo, l’eguaglianza» - costituiranno il riferimento del suo semestre di presidenza.

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Perché «non bisogna essere naïf. In molti stati membri gli euroscettici stanno giusto aspettando di manipolare la crisi per i loro fini». In questo periodo Merkel ha più volte denunciato gli obiettivi dei populisti: «le forze autoritarie e radicali, i movimenti antidemocratici sono più che pronti a cogliere l’occasione delle crisi economiche per sfruttarle politicamente. Stanno attendendo il momento per fomentare l’ansietà e diffondere l’incertezza». Polemizzando anche apertamente con i populisti di casa propria, dell’Afd, quando rumorosamente il 18 giugno avevano accolto quelle affermazioni: «sembra che questo abbia toccato i nervi di qualcuno», erano state le sue parole, accompagnate da un gesto di sufficienza. E polemizzando anche con gli strumenti dei populisti, anche dei populisti che guidano grandi paesi: «Vediamo proprio ora come la pandemia non possa essere affrontata con la menzogna e la disinformazione, con l’odio o l’“hate speech” - ha dichiarato Merkel al Parlamento europeo - Il populismo che nega i fatti sta ormai mostrando i propri limiti».

Dunque, in questa crisi la solidarietà costituisce lo strumento principe per combattere gli avversari dei valori europei e occidentali, per mostrare il valore aggiunto dell’Europa. Ma strumento necessario rimane anche la tutela dei preziosi ingranaggi del meccanismo liberal-democratico. La pubblica arena democratica, oggi sfidata dalle campagne di disinformazione, anche digitali. Ma anche il confronto tra maggioranza e opposizione e il diritto di critica, che potrebbero essere compromessi dalle stesse misure per combattere la pandemia. Per questo Merkel ha rammentato ai deputati tedeschi quanto importanti siano state le critiche sollevate contro il suo stesso governo in merito alle restrizioni imposte: «una società democratica in cui nessuno risponde quando i diritti fondamentali sono colpiti, non è in realtà democratica». E già il 23 aprile, sempre rivolgendosi al Bundestag, affrontando il tema delle restrizioni richieste dalla pandemia, precisava quanto una «comunicazione trasparente e comprensibile» fosse necessaria quanto lo sono la critica e l’opposizione.

Così, mentre altri leader europei, da Macron a Conte, a Johnson, più o meno gigioneggiando, si barcamenano rivolgendo buona parte dei loro pensieri alle proprie sorti politiche, spesso indispettiti per le critiche loro rivolte, Angela Merkel promette un semestre di presidenza volto a ristabilire in Europa una Politica con la p maiuscola, mostrando un particolare (e altrove perduto) senso per la democrazia, la libertà e l’Europa. Ci mancherà. Sempre che non cambi idea. Magari in nome di quei principi che oggi solo lei sembra in grado di incarnare.