Poche dichiarazioni, tanti tamponi. Aiuti a privati e aziende arrivati in pochi giorni. Il sistema tedesco ha dato il meglio in questa pandemia e la Cancelliera, il cui percorso politico sembrava giunto al capolinea, ora gode di consensi record

Angela Merkel
All’inizio del 2020 quello della Merkel sembrava un percorso giunto al capolinea. Il suo partito, la Cdu che lei guidava dall’aprile del 2000, arrancava a gennaio sotto il 30 per cento, ai minimi storici. Troppe negli ultimi mesi le battaglie elettorali perse o spuntate per il rotto della cuffia. E poi quegli scioccanti tremolii che per tre volte di seguito scossero, e davanti alle telecamere, una cancelliera anche fisicamente sempre più debole. Tanti i motivi insomma che - nel dicembre del 2018 - hanno spinto Angela Merkel a passare il timone del partito ad Annette Kramp-Karrenbauer. E alla decisione di non candidarsi alle politiche del 2021 per un quinto mandato. Sembrava arrivato un triste tramonto per l’Era Merkel, quei 15 anni di «ipnotica letargocrazia», come li ha definiti il filosofo Peter Sloterdijk. Ancora a febbraio solo il 38 per cento dei tedeschi si diceva contento della “Grosse Koalition” tra Cdu e Spd, per la terza volta al governo insieme.

Poi però anche in Germania si è abbattuto il flagello del Covid-19. E con il virus anche i valori della Cancelliera, e le sorti della Cdu, sono mutati. Salendo a ogni bollettino della pandemia ogni giorno più in alto. Già a metà aprile, dopo le prime misure lockdown, i sondaggi rilevavano che, se chiamati alle urne, i tedeschi avrebbero dato il 38 per cento dei voti alla Cdu. A metà maggio poi, in un sondaggio dell’istituto Forsa, la Cdu è salita a quota 40 per cento (si consideri che alle politiche del settembre 2017 aveva avuto il 32,9, nove punti in meno delle elezioni precedenti). Per non parlare dell’indice di gradimento: ora il 72 per cento dei tedeschi è soddisfatto dell’esecutivo di Berlino. Mai, spiegano gli esperti di Infratest, si erano registrati in Germania consensi più alti per un governo.

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Miracolo Merkel, dunque. Ma com’è successo? «Nell’ora del tramonto la Cancelliera è stata baciata dalla Fortuna, per usare una categoria cara a Machiavelli», sostiene il politologo Hajo Schumacher. Ma, fine interprete dei misteri della politica tedesca, Schumacher sa benissimo che, fortuna a parte, «Merkel ha i numeri per gestire la crisi attuale con la sua ponderatezza e la sua fredda razionalità da scienziata». Un mix di virtù caratteriali e disposizione al ragionamento che fa della Merkel «la Cancelliera giusta al momento giusto», aggiunge Schumacher, «specie con quel suo fare da “madre della nazione” che piace tanto a noi tedeschi».

È proprio con le sue modalità da madre scrupolosa che Merkel si è rivolta ai connazionali in tv, il 18 marzo scorso, nel suo ormai famoso “Discorso alla nazione”. Oltre all‘invito ad accettare sacrifici e norme di sicurezza imposte dal virus, ai tedeschi ha convinto il modo in cui la Cancelliera ha spiegato con precisione i numeri dei contagi, le curve del fattore R0 o i dati snocciolati dai virologi del Robert-Koch-Institut. E dopo i suoi giorni in quarantena (la Merkel si è autoisolata dopo un contatto con un medico) si è limitata a dire con il suo aplomb: «Non è che non sia felice che la quarantena è finita». Punto, non un aggettivo di più. Quel tono da genuina protestante appunto, figlia di un pastore luterano, che manda in estasi i pragmatici tedeschi. E il 13 maggio scorso, nel dibattito al Bundestag, ha risposto perfino con arguzia alle domande dei deputati. A uno della Afd, il partito d’estrema destra, che le chiedeva quando finirà la pandemia e l’economia sarebbe ripartita, Merkel ha sibilato: «In politica ci si basa sui dati attuali, non siamo veggenti che fanno previsioni». Fine.

Risposte e comportamenti che fanno esprimere anche a Giovanni di Lorenzo, direttore del prestigioso Die Zeit, settimanale liberal di Amburgo, un giudizio positivo sul modo in cui Merkel sta affrontando la crisi del Covid-19. «Ha trasmesso un messaggio di prudenza, severità e serietà insieme». Le qualità che, da sempre, contrassegnano Merkel e spiegano perché nella crisi i tedeschi si riconoscano in lei.

Una simpatia diffusa peraltro in quasi tutte le fasce di età: solo i ragazzi fra i 18 e 24 anni oggi voterebbero più per i Grünen, i Verdi, che per la sua Cdu. Che fra i 45 e 59enni invece raccoglie consensi del 40 per cento; del 44 per cento fra i 60enni e persino del 49 per cento fra i 70enni, i più esposti al virus.

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«Lo stile politico di Merkel nella crisi», sintetizza il politologo Schumacher, «è l’esatto opposto del caos con cui il presidente Trump si è rapportato al virus». E non è un caso se negli Usa - dalle pagine del New York Times ai servizi della Cnn - è esplosa una specie di Merkel-Mania (in un editoriale il NYT ha sostenuto che la Cancelliera tedesca sarebbe oggi la consulente ideale per la campagna dei democratici americani).

Certo, nella sua strabiliante rinascita Merkel è stata favorita anche dai tempi di diffusione del Covid-19 in Germania. «Ci ha aiutato il fatto che il virus si sia diffuso prima in Italia, dandoci modo di correre ai ripari», spiega il virologo Georg-Christian Zinn, direttore dell’istituto Bioscientia a Ingelheim. I “ripari” su cui hanno puntato i tedeschi sono stati soprattutto i test a tappeto (con settimane in cui si è arrivati sino a 350 mila tamponi). Ci si è poi basati sull’efficienza del sistema sanitario che, a febbraio, disponeva di 28 mila letti in terapia intensiva, saliti nel corso della crisi ai 40 mila attuali. Tanti da poter ospitare anche pazienti dall’Italia, Francia o Belgio.

Anche questo dunque ha rilanciato l’astro della Merkel, insieme alla pioggia dei “Corona-Hilfe”, le sovvenzioni che il governo di Berlino ha messo a disposizione di liberi professionisti, esercenti e imprese. Si va dai cinquemila euro ai liberi professionisti, versati sul conto nel giro di una settimana e dopo aver compilato un modulo online, ai 15 mila euro per aziende con oltre 10 dipendenti; dalla riduzione dal 19 al 7 per cento dell’Iva per bar, club e ristoranti ai crediti agevolati che la Banca statale per lo Sviluppo eroga alle aziende (fino a mezzo milione per le imprese con 50 dipendenti; anche 800 mila euro per aziende con oltre 50. Senza parlare del programma di Kurzarbeit, il lavoro ridotto, con il 60 per cento dello stipendio coperto dallo Stato, e dei vari sostegni per disoccupati e precari.

Un gigantesco pacchetto di oltre mille miliardi - 550 solo i crediti alle imprese - per rilanciare la congiuntura e per cui è stato infranto il feticcio del pareggio di bilancio.

Tutto bene, quindi? No, anche la Germania ha i suoi problemi. Peter Altmaier, il ministro dell’Economia, prevede che quest’anno il Pil segnerà un minus del 6 o del 7 per cento: “La più grave recessione dal dopoguerra”, ha titolato Der Tagespiegel. Gli esperti temono che nei prossimi mesi la disoccupazione sfiorerà la soglia dei 3 milioni (a febbraio i senza lavoro erano 2,2 milioni). E a marzo il made in Germany ha esportato merci per 108,9 miliardi, «il calo più forte delle esportazioni dall’agosto 1990», ha calcolato l’Ufficio statistiche di Wiesbaden.

Nell’occhio del ciclone sono finiti marchi storici come Lufthansa che, con la flotta a terra, perde un milione di euro ogni ora. E le quattro ruote tedesche, che a ritmi ridotti hanno ora riaperto gli impianti, dopo che a marzo le immatricolazioni in Germania erano scese a 28.326, l’85 per cento in meno del marzo scorso.

Ma già per il 2021, spinta dai miliardi di investimenti statali, l’economia tedesca dovrebbe tornare a crescere, assicura lo stesso ministro Altmaier - a quota più 5,2 per cento. «Ora possiamo permetterci di essere più coraggiosi, ma ancora cauti », ha detto Merkel annunciando la Fase 2. I 16 Länder federali stanno riaprendo (con restrizioni) asili e scuole, bar e ristoranti. E negli stadi, a porte chiuse, è tornata la Bundesliga, con la benedizione della Cancelliera.

Prove di normalità che faranno lievitare ancora i valori di Merkel? «Ce la siamo cavati con misure molto meno severe delle vostre in Italia», riassume lo scrittore Peter Schneider. «Noi tedeschi abbiamo una forte inclinazione sia all’ubbidienza sia a fidarci di chi sta al governo». Vuol dire che, contrariamente alla parola data, Merkel si candiderà per un quinto mandato? « Mai», conclude Schneider, «la Kanzlerin non ha bisogno di stabilire record superando i 16 anni di Kohl al potere, perché non è affatto vanitosa». Che poi, forse, è il motivo di fondo che ne spiega l’incredibile rinascita.