Tra comunicazioni frettolose e rinvii delle scadenze per il nuovo digitale terrestre regna la confusione: in molti casi sarà sufficiente dotarsi di un decoder. L’associazione consumatori: non è affatto detto che bisognerà sostituire i televisori

Quella che avrebbe dovuto essere la seconda rivoluzione del digitale terreste e diventata un’ingarbugliata road map. E ad aver capito come andranno le cose sono davvero in pochi

Le frequenze che le emittenti utilizzano per trasmettere i canali tv sono le corsie di una grande autostrada. La banda 700 Mhz è una di queste. I camion che passano rappresentano i canali tv, la loro capacità di trasportare merci è il protocollo di trasmissione Dvb-t. Le modalità attraverso cui le merci vengono impacchettate e posizionate all’interno degli autocarri costituiscono il sistema di codifica Mpeg.

Con la cessione della banda 700 alla telefonia mobile sarà vietato il passaggio dei camion in una di queste corsie. Lo stesso quantitativo di merci dovrà essere trasportato attraverso le corsie che rimangono libere in un uguale intervallo di tempo, per evitare una riduzione del servizio.

Con l’evoluzione della tecnologia di codifica delle immagini (da Mpeg2 a Mpeg4) e del protocollo di trasmissione (da Dvb-t a Dvb-t2) è possibile fare in modo che un maggior numero di canali tv possano trasmettere contemporaneamente. Grazie a Mpeg4 aumenterà anche la qualità dell’immagine - da standard a high definition -, con il Dvb-t2 verrà ridotto l’inquinamento elettromagnetico e cresceranno i servizi che permettono l’interazione dell’utente con la tv, come i programmi on demand, i sondaggi, etc. Ecco cosa dovrebbe succedere con il passaggio alla nuova tv digitale.

 

Siamo di fronte a una seconda trasformazione tecnologica della televisione. La prima c’è stata poco più di dieci anni fa con il passaggio dall’analogico al digitale terreste in standard Dvb-t. È un cambiamento necessario per fare fronte alla riduzione delle frequenze riservate alla tv in seguito alla cessione della banda 700 alla telefonia mobile. Il cambio di destinazione è stato concordato con l’Unione europea nel 2017 per favorire la transizione al digitale e coordinare la gestione delle frequenze a livello internazionale in modo da evitare interferenze tra gli stati confinanti.

 

«Il passaggio incentiva anche i cittadini a cambiare i vecchi televisori all’interno di un sistema che permette loro di usufruire dei bonus per l’acquisto della nuova tv o del decoder e di controllare lo smaltimento dei vecchi dispositivi in modo che non vengano abbandonati tra i rifiuti in città, come invece, purtroppo, spesso succede»,  spiega il Ministero dello sviluppo economico che è il promotore del cambiamento e l’artefice della campagna di comunicazione per l’arrivo della nuova tv digitale.

 

« Tutto chiaro?» chiede Michelle Hunziker, testimonial dello spot televisivo in cui invita i cittadini a visualizzare i canali di test 100 e 200 per verificare la compatibilità del proprio televisore con il nuovo digitale. No, non è tutto chiaro.

 

Per evitare che almeno 3,5 milioni di italiani - secondo i dati Ipsos-Auditel - rimanessero all’improvviso senza tv perché non avevano aggiornato i loro dispositivi a causa dei ritardi e del mancato funzionamento della campagna di informazione, e per evitare le proteste dei broadcaster, alla fine dello scorso luglio, a un mese da quando sarebbe dovuta iniziare la transizione alla nuova tv, il Mise ha modificato il piano di azione per il passaggio al nuovo digitale. Ha comunicato lo slittamento di tutte le scadenze (le attuali, divise in base all’area geografica di appartenenza, sono consultabili sul sito nuovatvdigitale.mise.gov.it) tranne quella perentoria per la liberazione della banda 700 a giugno 2022, al fine di lasciare agli operatori mobili le frequenze che hanno comprato all’asta nel 2018 per lo sviluppo di reti e servizi 5g.

 

In questo modo il doppio switch-off che avrebbe caratterizzato l’arrivo della nuova tv digitale è stato smembrato in due parti distinte. Mentre il cambio da Mpeg2 a Mpeg4 procede di pari passo con la riassegnazione delle frequenze (refarming), il passaggio al nuovo protocollo standard Dvb-t2 è stato posticipato a un generico «a partire da gennaio 2023».

 

«La comunicazione è stata poco chiara - spiegano dall’ufficio studi e nuove tecnologie Adiconsum, l’associazione a difesa dei consumatori e dell’ambiente - perché molti cittadini hanno capito di dover cambiare la televisione quando, invece, non è ancora detto che sarà necessario». La campagna di comunicazione per l’arrivo della nuova tv digitale (tutta quella fatta almeno fino al 30 luglio 2021) ha invitato i cittadini a verificare la compatibilità del proprio televisore provando a visualizzare i canali 100 e 200. Ma questi sono canali test necessari a controllare che il proprio apparecchio elettronico sia compatibile con il Dvb-t2. Per verificare che la tv possa ricevere la codifica Mpeg4 basta capire se si vedono i canali già disponibili in hd (come 501 per Rai1, 505 per Canale5 e 507 per La7).

 

Dal 20 ottobre Rai e Mediaset, su base volontaria, inizieranno a trasferire alcuni dei loro canali -ma non le reti ammiraglie - da Mpeg2 a 4. Chi non riuscirà a vederli potrà essere sicuro di dover comprare un nuovo decoder oppure di dover cambiare tv entro la fine del prossimo giugno. Gli altri, almeno per ora, possono stare tranquilli. Tutti, però, dovranno risintonizzare i canali come conseguenza del processo di riorganizzazione delle frequenze.

 

Quella che sembra una sottigliezza tecnica, cioè lo slittamento dell’attivazione del Dvb-t2, in realtà ha due conseguenze importanti. La prima è che i broadcaster avranno a disposizione meno frequenze e, non potendo usufruire del miglioramento del sistema di trasmissione o dovranno spegnere i canali secondari in favore dei principali che saranno visibili in hd, oppure non potranno trasmettere tutti i canali in alta definizione.

La seconda conseguenza è che sono state invogliate a cambiare tv molte più persone di quante effettivamente lo necessiterebbero. Secondo uno studio realizzato lo scorso marzo dalla fondazione Ugo Bordoni, su circa 24 milioni di famiglie residenti nel nostro paese che guardano la tv digitale terrestre, il 92% avrebbe già una televisione (o un decoder) in grado di ricevere i canali in hd (e quindi capace di decodificare l’Mpep4). Mentre circa il 50% delle famiglie sarebbe già in grado di ricevere lo standard Dvb-t2 (e quindi vedere i canali test 100 e 200). In quest’ultimo caso sarebbero più o meno dodici milioni le famiglie che dovrebbero aggiornale la tv, nel primo meno di due milioni.

 

I dati dello studio non offrono uno spaccato della situazione reale del nostro paese perché presuppongono che ogni famiglia possegga solo una televisione ma sono sufficienti per capire che un grande numero di persone potrebbe essere stato incentivato a comprare il decoder o cambiare tv in fretta mentre chi già vede l’hd ha tempo almeno fino a gennaio 2023 quando, se la tecnologia non si sarà evoluta, inizierà il passaggio a Dvb-t2.