L'inchiesta
Giambruno, Forza Italia e piano europeo: viaggio a Mediaset, dov'è nascosta la vera opposizione a Meloni
Rotto l'asse con la premier, i figli di Berlusconi sono pronti a tutto pur di difendere il patrimonio di famiglia e consolidare il progetto di gruppo internazionale
Ecco dov’era finita l’opposizione. A Cologno Monzese. Le mappe politiche non hanno segnalato nulla per un anno di governo. Calma. Buio. Noia. Adesso indicano proprio Cologno Monzese, quel valido esperimento di socialismo reale che è Viale Europa, la torre di cemento armato di Mediaset con una corona di luci. Chi l’avrebbe mai detto. Bisogna andarci a Cologno Monzese per un confronto franco col tempo. La nebbia impastata con la pioggia è la migliore accoglienza.
C’è parecchia nostalgia degli anni non vissuti. Per il francese Charles Baudelaire era la malinconia, una sindrome delle epoche d’oro. Qui ce n’è stata una e sembrava non dovesse finire più con le sue parole, le sue opere, le sue omissioni e soprattutto i suoi conflitti di ogni tipo, e invece è finita una mattina presto di giugno. La morte di Silvio Berlusconi è stata l’atto di nascita di una seconda Mediaset. Il primogenito maschio Pier Silvio Berlusconi, classe ’69, è diventato di colpo adulto. Non più soltanto il figlio che armeggia la televisione regalata dal padre sotto la stretta sorveglianza di scafati Marco Giordani o Fedele Confalonieri: se la televisione si scassa, oggi chi l’aggiusta? «Non saremo i nuovi Agnelli è un titolo che può funzionare», ammicca un alto dirigente Mediaset di riconosciuto acume.
Pier Silvio è davvero convinto di meritare un ruolo determinante in azienda e non una parte per desiderio testamentario. E lo vuole dimostrare. Appena il padre s’è congedato per sempre, Pier Silvio ha insediato il suo regno. Il discorso ai dipendenti ne fu l’epitome. È in azienda da oltre vent’anni e amministratore delegato da quasi dieci, certo, ma il terminale politico e il curatore estetico – ancora chiamava per suggerire le pettinature di conduttori e conduttrici – era indiscutibilmente Silvio. Ci siamo, pazienza. Arriva pure il momento di Andrea Giambruno. Insomma, per dirla brutalmente, a Pier Silvio non frega niente, spiritualmente ragionando, né del governo di Giorgia Meloni né dei congressi di Forza Italia. Le pretese della coalizione di centrodestra di un trattamento speciale a Mediaset – a meno che non siano funzionali al benessere aziendale, ovvio, mica sono scemi – possono essere respinte.
L’informazione del Biscione ha una struttura identitaria di destra, è la sua koinè culturale, e ciò si riflette nei palinsesti, a gradazione diversa, ma l’ingaggio di Bianca Berlinguer e le trattative per altri giornalisti nominalmente di sinistra sono una strategia di Pier Silvio: allargarsi, uscire dalla tana. «La nostra capacità lobbistica non è stata limitata al centrodestra amico, lo scorso secolo è giunta simbolicamente al centrosinistra nemico», ammicca ancora l’alto dirigente Mediaset di riconosciuto acume riferendosi alla visita di Massimo D’Alema che aprì la stagione dei grandi mescolamenti e rimescolamenti oppure, se preferite, dei placidi “inciuci”. La parabola di Cologno Monzese attualizzata: cari politici del governo, Mediaset non è casa vostra. In tema di case: dov’è Giambruno? Vabbè, ne parliamo.
In questo contesto il programma a Giambruno fu un omaggio di Silvio Berlusconi a Giorgia Meloni, un suo modo (ambiguo?) di riconoscere l’alleanza politica di Giorgia e le aspirazioni professionali di Andrea, un conflitto di interessi pensato dal produttore seriale di conflitti di interessi, un qualcosa di storto che altrimenti non sarebbe mai successo. Il frutto Giambruno sarebbe caduto col tempo – come premesso a Cologno Monzese è in corso un confronto franco col tempo – e nessuno s’è stupito dei fuorionda di “Striscia la notizia” e però tutti da Pier Silvio in giù hanno apprezzato le dichiarazioni di Antonio Ricci che ha rivendicato la sua sacra indipendenza e scagionato lo stesso Pier Silvio da qualsiasi forma di responsabilità. E di obliqua macchinazione. A tal punto che in Mediaset si sentono seccati dalle minacce di ritorsioni trapelate nei retroscena e si domandano: Meloni le approva? Giambruno non viene considerato un incidente col governo, ma un evento atmosferico prevedibile come la pioggia a novembre (d’altronde a chiunque erano note le sue intemperanze verbali e l’inchiesta interna, aperta alle testimonianze dei colleghi, ha appurato che non ci fossero i profili per il licenziamento, tant’è che l’ex fidanzato/compagno d’Italia riprende a lavorare in redazione).
Il vero incidente col governo, un rumoroso tamponamento, ossia molto fastidioso, è stata la tassa sui profitti delle banche che mozzava gli utili di Fininvest provenienti dalla partecipazione in Mediolanum. Nonostante le doverose smentite, il rapporto fra Marina B. e Giorgia M. è precipitato. Ormai da settimane l’ambasciatore plenipotenziario è Pier Silvio, che in questa veste ha dovuto gestire il taglio del ciuffo Giambruno. Capirete. La carenza di fiducia tra Palazzo Chigi e Cologno Monzese è patologica. L’uno guarda con sospetto l’altro. Sospetto, e rancore. Come Pier Silvio si scusa affermando che non controlla Ricci, così Giorgia si potrebbe scusare, se qualcuno cercasse di ferire l’integrità di Mediaset, replicando che non controlla i suoi parlamentari. Non esiste più il filtro di Silvio Berlusconi. Non funziona più il filtro di Gianni Letta. E Confalonieri, il presidente Mediaset irrinunciabile per Pier Silvio, è più defilato. Mediaset agisce in un settore zeppo di regole e basta alterare un indice (un tetto), che sia per gli affollamenti pubblicitari o per la saturazione del mercato, per scompaginare l’ordine aziendale.
Siamo dentro le oscure dinamiche politico-economiche da un po’ di righe e manca all’appello un partito che ha un legame fondativo e debitorio (più di novanta milioni di euro) con la famiglia Berlusconi. Forza Italia è “l’inutile idiota”. E va spiegata col testamento. Come fenomeno inverso a svariate dinastie italiane, gli eredi di Silvio, affastellati con due matrimoni, la moglie morganatica Marta Fascina, il fratello Paolo, l’ermetico Marcello Dell’Utri, non hanno bisticciato, e anzi si sono imposti la reiterazione degli usi (meno dei costumi) del padre. I processi più incisivi sono lenti. La consunzione di Forza Italia arriverà, troppo presto sarebbe argomento divisivo. Il partito senza capo è un covo di capi. Comanda Antonio Tajani, potrebbe comandare chiunque. La famiglia non ci mette il cognome e non vorerebbe farlo neanche alle Europee. Forza Italia, assieme ai canali di Mediaset, è un buon argine contro le vendette meloniane. Se proprio ci sarà motivo di fare opposizione per proteggere la “roba” di famiglia, è il messaggio decriptato da fonti di partito, che sia efficace. E sanguinosa. Pausa. Ci tocca fare uno sforzo e fuggire da questo provincialismo esasperato. Mediaset è la colonna portante di un gruppo con ambizioni internazionali che si chiama Mediaset for Europe. Conviene familiarizzare con l’etichetta Mediaset for Europe per non restare indietro. A proposito di Agnelli, come dire ancora Fiat per dire Stellantis. Mediaset for Europe (Mfe), proprietà di Fininvest, indirizzo legale in Olanda, è il piano (assai incompleto) di polo continentale con Mediaset Italia, Mediaset Spagna e una partecipazione del 28,87 per cento in ProSiebenSat.1 (Germania, e un po’ di Polonia e Austria). Gli indicatori economici di Mfe erano stabili tendenti al ribasso nel 2022: 2,8 miliardi di ricavi (-113 milioni), 216 milioni di utile netto (-157 milioni). Il Biscione a Milano o a Madrid è legato agli introiti pubblicitari. Mediaset Italia, seppur in flessione, lo scorso anno ha incassato 1,9 miliardi di euro di pubblicità, cioè ben sopra il 50 per cento delle risorse per radio e tivvù, ma il segmento internet – Facebook, Google etc – sta per diventare prevalente. Secondo le stime di Confindustria, il valore di quest’ultimo è di circa 3,4 miliardi di euro. Mediaset Spagna si è fermata a un’oncia da 800 milioni di euro in un Paese non appiattito sul sistema televisivo. I tedeschi di ProSiebenSat.1 non hanno riservato una calorosa ospitalità all’azionista Mediaset. Molta diffidenza. Gli affari non brillano, il titolo è piatto, e pare che abbiano accettato una maggiore cooperazione.
A Mediaset for Europe cercano sbocchi esteri. Quello che cercano davvero è scritto nei documenti finanziari: «L’obiettivo strategico a lungo termine del gruppo di ottenere una maggiore scala e un’impronta europea è considerato funzionale per lo sviluppo futuro della società, consentendo vantaggi operativi sia in termini di economie di scala e di scopo sia in termini di nuove opportunità di business, che l’attuale dimensione locale non consentirebbe (pubblicità, produzione e distribuzione di contenuti). Il gruppo Mfe punta a perseguire la creazione di un gruppo mediatico paneuropeo attraverso un processo di progressivo consolidamento cross-country: un nuovo gruppo di tv nazionali focalizzate sulla produzione di contenuti locali che potrà lavorare per costruire una piattaforma tecnologica e commerciale di grande scala a livello europeo».
A Cologno Monzese professano l’antica religione della televisione generalista (gratuita!) e popolare con qualche correzione. Probabili altri investimenti in Europa. Escluse vendite di Mediaset. Pier Silvio vuole un altro Berlusconi successore. Che abbia potere. Non una cascata di dividendi. «“Non saremo i nuovi Agnelli” è un titolo che può funzionare». Già. Chissà se dura.