A due giorni dal lancio del nuovo torneo i dodici scissionisti hanno capitolato e l’intero progetto è saltato. Ecco dove hanno sbagliato

Se era un colpo di Stato, è fallito in poche ore. Quanto resta della Superlega ha dovuto abbandonare le sue posizioni “non negoziali” per aprire una trattativa con le federazioni nazionali e internazionali che governano il calcio. Mentre si fa la conta dei superstiti e si passa alla fase due, il negoziato appunto, protagonisti e spettatori di questa guerra lampo cercano di capire che cosa è andato storto. Ecco un breve elenco.

 

  1. Florentino Pérez, presidente della Superlega, si è nominato salvatore del calcio. È un fenomeno simile al greenwashing per cui i principali inquinatori globali si dichiarano in prima fila nella lotta all'emergenza climatica. Il Real Madrid di Pérez è cresciuto in ricavi, Covid a parte, ma non ha smesso di aggravare il suo indebitamento insostenibile (1,2 miliardi di euro). I compagni di avventura hanno fatto lo stesso per un totale stimato in 8 miliardi di euro.
     
  2. La corsa ai gusti del pubblico giovane, che sarebbe disamorato del football attuale, passerebbe per una riforma radicale delle regole Fifa. Si sente parlare di partite di Superlega più brevi e di altre novità più o meno fantasiose. Pérez ha lamentato la noia di troppe partite di calcio. Forse ha vinto troppo. Il calcio è fatto di tifosi che non si annoiano nemmeno a seguire Juve Stabia-Ternana. Si chiama passione ed è quello che tiene in piedi la baracca, Florentino incluso, da oltre un secolo e mezzo. Un calcio fatto solo di big match inflaziona il prodotto.
     
  3. Andrea Agnelli dice che i ragazzi di 10-15 anni si interessano ad altro e nella fascia fra i 16-24 il 40% se ne fregano di Ibra e Cr7. Meno male, viene da dire. Ma se quarant'anni fa si fossero applicati al football gli strumenti di marketing analysis odierni, si sarebbe scoperto che gli interessati erano molto meno di oggi, in Asia, in America del nord, fra le donne.
     
  4. A proposito di America del Nord, i richiami ispirazionali al professionismo Usa sono infondati. Il sistema della pallacanestro, con la filiera college-Nba, non ha nulla a che vedere con il sistema vivai-serie A. Il basket studentesco negli Stati Uniti è una religione che nel momento conclusivo, la cosiddetta March madness, richiama decine di migliaia di spettatori nei palazzetti, milioni davanti alla tv, pubblicità, e così via. Alla fase finale del campionato Primavera ci vanno, pandemia a parte, i parenti non oltre il terzo grado dei ragazzi in campo.
     
  5. Il piagnisteo scissionista sulla libertà d'impresa privata è privo di fondamento. I presidenti di tutto il mondo sono stati e saranno sostenuti finanziariamente dagli stati, dunque dai contribuenti, in mille modi. L'elenco storico sarebbe troppo lungo ma basta citare la legge che dal 2018 consente a campioni stranieri come CR7 di pagare una tassa flat di 100 mila euro all'anno su 31 milioni di euro di stipendio (3,2% di imposizione). Pérez e i club spagnoli hanno goduto per decenni di vantaggi fiscali scandalosi, denunciati dai loro stessi colleghi.
     
  6. Fifa e Uefa sono una Tortuga di banditi, affermano i superleghisti con l'elenco degli scandali alla mano. Chissà perché gli organi del calcio non dovrebbero avere la loro quota ragionevole di ladri e corrotti. Ma gli alti papaveri di Uefa e Fifa sono stati spesso castigati in modo più pesante rispetto ai presidenti delle squadre di calcio, non sempre ispirati al modello gandhiano. Forse perché non hanno l'immunità de facto offerta dal tifo?
     
  7. Fra i non moltissimi sostenitori della Superlega si è fatto notare che suona ridicolo contrapporsi ai ricchissimi per sostenere i diritti dei ricchi. Ridicolo ma poi non troppo. Nella storia del capitalismo esiste un momento in cui la lotta contro i cartelli imprenditoriali parte dall'interno del sistema e non da istanze bolsceviche.
     
  8. Una delle cose meno comprensibili del tentato golpe Superlega è la tempistica. Perché proprio adesso? A poche settimane dalla fine dei tornei nazionali e internazionali e dall'inizio di Euro 2021, la Uefa ha in mano il massimo del potere sanzionatorio. L'Inter può vedere uno scudetto in nerazzurro ma sarebbe quello dell'Atalanta. Cinque semifinaliste su otto tra Champions ed Europa League sarebbero escluse dalla vittoria, con la coppa dalle grandi orecchie che andrebbe automaticamente al Psg. I calciatori di maggiore richiamo non verrebbero convocati all'Europeo per nazioni. Non era meglio luglio?
     
  9. Le proteste dei tifosi non hanno prevalso quasi mai sul calcio-business. Stavolta i primi a scendere in campo contro la Superlega sono stati proprio i fan dei dodici scissionisti o, più esattamente, dei sei fondatori inglesi. Anche se le marketing analysis li considerano consumatori e indicano che molti giovani – i soliti giovani – tifano per il campione e non per il club, il tifo per la maglia tiene in piedi il football e continua a essere radicato localmente. Poi essere milanista non ha mai impedito di ammirare Totti o Falcão e CR7 è uscito dallo Stadium di Torino fra gli applausi quando aveva la maglia del Real, dopo un leggendario gol in rovesciata.
     
  10. L'insistenza sul predominio dei soliti Bayern in Bundesliga, Real-Barça in Spagna, Psg in Francia, Juve in Italia, come fattore di noia e fuga del consumatore è un falso problema. Il calcio vive sull'underdog, la squadra che vince contro pronostico. Succede di rado ma eliminare la possibilità che accada è un suicidio.