Il commento
I nuovi nomi dei ministeri nascondono confusione e lotte di potere
Made in Italy, Sovranità alimentare, Mare, Famiglia. Oltre alla propaganda bisognerà districare i conflitti di competenza tra i vari dicasteri
«Nomina sunt consequentia rerum», i nomi sono conseguenti alle cose, diceva il vate. Per il suo governo, invece, Giorgia Meloni ha capovolto il concetto: prima ha scelto i nomi, ora deve pensare alle cose. E sì, perché tra slogan identitari, slalom comunicativi e astute sottrazioni di potere sono troppi i casi in cui non si capisce chi debba fare cosa. Insomma, più del lessico meloniano qui interessano le reali competenze dei ministri. Tra i quali abbondano i conflitti, e non solo di interesse. Segue qualche esempio, ovviamente con molte domande ancora senza risposta.
Il fu ministero dello Sviluppo economico diventa in era meloniana delle Imprese e del made in Italy (Adolfo Urso). Insomma, sovranità aziendale. Ma attenzione, c’è anche la Sovranità alimentare aggregata all’Agricoltura (Francesco Lollobrigida). Cosa dovranno fare i due, spingere i nostri prodotti all’estero o impedire che arrivino quelli degli altri, come i pomodori coltivati in Polonia in 1400 ettari di serre riscaldate? Come, con i dazi? Oppure? Comunque, made in Italy è solo moda, griffe e tecnologia o anche formaggi, vino e parmigiano? E se ci sarà da correre a Bruxelles per difendere l’uno e gli altri sarà compito di Urso, di Lollobrigida o di Raffaele Fitto, ministro degli Affari europei e del Pnrr? A proposito, Matteo Salvini guida ora il ministero delle Infrastrutture che dispone di un consistente pacchetto di progetti finanziati con il Pnrr, 90 miliardi solo per le ferrovie: deciderà tutto lui da solo, o dovrà prima sottoporre ogni dossier al consenso di Fitto?
Poi: la Famiglia conquista un ministro (prima era un sottosegretario), ma si arricchisce della neonata Natalità. E cioè? Perché se si tratta di aiuti sociali ed economici, sono chiamati in ballo Lavoro ed Economia; se sotto sotto è solo una scusa per parlare di aborto allora le carte passano alla Salute. E poi, favorire solo la natalità, come dire?, made in Italy o anche degli stranieri? Chissà che ne pensa Salvini.
Ancora. Il Sud, nuovo regno del siciliano Musumeci, “fascista gentiluomo”, si appropria anche del Mare, e quindi di porti e balneari? Questi toccherebbero a Daniela Santanchè (Turismo) che generosamente dice che potrebbe rinunciarvi, ma da esperta del ramo certo dispenserà consigli; sui porti punta Salvini per farne barriere anti-immigrati, e li ha già rivendicati. Solo che Musumeci è stato messo lì da Meloni apposta per complicargli le cose. Urgono decreti, istitutivi per ministeri che non esistevano, e interpretativi per dare a Cesare quel che è di Cesare e ai cittadini chiarezza.
Ambiguità di competenze, e pure ambiguità politiche. All’Istruzione, per esempio, si affianca il Merito: dei professori o degli studenti? E chi fissa i parametri per sanzionare il poco merito o favorire il meritevole, “un’apposita commissione” o personalmente il ministro e prof. Giuseppe Valditara? Speriamo abbia almeno letto don Milani... Problemi anche per Roberto Calderoli, ministro per gli Affari regionali che dovrà conciliare le spinte leghiste per una più ampia autonomia territoriale con il rilancio del Sud e il presidenzialismo auspicati dalla premier.
Tra tante aggiunte, una sottrazione: il ministro per l’Innovazione e la Transizione digitale diventerà un sottosegretario. Speriamo che gli lascino i 40 miliardi previsti dal Pnrr. Il ministero dell’Economia, invece, resta ciò che era, con i suoi poteri e le sue competenze, però prima ancora di cominciare gli alleati già premono per flat tax, pensioni minime, pensioni anticipate, tregua fiscale, condoni... Ma questo è tutto un altro discorso. O lo stesso?