Messo all’angolo nella Lega, il “Capitano” è tentato dal proporzionale e per le prossime regionali prova a rilanciare al Sud il progetto Prima l’Italia con i centristi, che serve anche al Carroccio in vista delle Politiche: e questo Giorgetti lo sa

L’ultima carta di Matteo Salvini per restare in vita: liste uniche con Cesa e Lombardo

Matteo Salvini è alle prese con i malumori, si fa per dire, dei leghisti del Nord: Giancarlo Giorgetti, i governatori Luca Zaia e Massimiliano Fedriga, e i bossiani di ferro come Roberto Castelli. Dal 30 per cento delle Europee del 2019 la Lega è scesa intorno al 15 per cento e alle ultime amministrative, al Nord come al Sud, è stata scavalcata da Fratelli d’Italia.

 

Salvini a Giorgetti & company ha detto chiaramente che «quando lui ha preso in mano il partito, la Lega era al 5 per cento» e che comunque «i voti sono suoi, non certo di una classe dirigente che non può mettere piede fuori dai propri territori».

 

Salvini sa bene che per farlo cadere devono trovare un sostituto che possa parlare agli elettori di Milano come di Napoli e Bari, e non c’è al momento una figura di questo tipo. Inoltre è lui ad avere un rapporto solido con Silvio Berlusconi e con i centristi di Lorenzo Cesa, tanto che reste in piedi il progetto di Prima l’Italia, il contenitore che dovrebbe raccogliere consensi da Roma in giù per allargare l’influenza della Lega (pardon, di Salvini) nel centrodestra.

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Alle prossime elezioni, e cioè le regionali in Sicilia, Prima l’Italia farà le liste insieme all’Udc di Cesa e al Movimento per l’autonomia di Raffaele Lombardo. Alle Politiche il progetto è quello di fare una federazione con Forza Italia, che manterrà il simbolo forse per l’ultima volta con la benedizione di Berlusconi, prima di confluire in Prima l’Italia. Ma per evitare di restare invece con il cerino in mano il prossimo febbraio, e quindi uscire di scena, Salvini deve tornare a fare quello che sa fare meglio: il populista da spiaggia. E lo farà picconando il governo il più possibile senza strappare però, perché lui i draghiani ce li ha ancora in casa Lega e, a differenza di Conte, è lui che rischia di essere messo alla porta dal contenitore politico principale.

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Ma il piano è simile a quello dell’ex premier Giuseppe Conte: girare come una trottola tutta l’estate e il prossimo autunno per il Paese chiedendo cose impossibili al governo Draghi, come il taglio delle tasse per tutti, lo stop agli sbarchi, aiuti economici per aziende e famiglie, “pace” e no alle armi, tanto per distinguersi un po’ da Palazzo Chigi. Insomma, farà il verso a Conte e, in fondo, diranno le stesse cose. Chissà, magari si convincerà a cambiare la legge elettorale così i destini incrociati dei due, in un mondo di fantapolitica che però spesso diventa realtà, potrebbero anche incrociarsi di nuovo a Palazzo Chigi. Come nei mesi felici del 2018, come nel governo gialloverde che entrambi la notte sognano salvo poi risvegliarsi e tornare nell’incubo della realtà che li vede appesi ad un filo sempre più sottile della politica italiana. Lo stesso filo per entrambi.

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