Mancano gli asili, mancano le mense, manca il tempo pieno. E anche se il numero di studenti è in costante calo, le disuguaglianze aumentano. Soprattutto per i minori con background migratorio per cui il percorso di studi è pieno di ostacoli. Come si legge nel report di Save the Children

Mancano gli asili, mancano le mense, manca il tempo pieno. Anche se il numero degli studenti diminuisce a causa del calo demografico, la scuola che ricomincia non riesce a ridurre le disuguaglianze. Anzi le certifica: «La copertura nelle strutture educative pubbliche e private nell’anno 2021/2022 è pari a 28 posti disponibili per 100 bambini tra 0 e 2 due anni», si legge nel report "Il Mondo in una classe. Un’indagine sul pluralismo culturale nelle scuole italiane" redatto da Save the Children in occasione dell’inizio dell’anno scolastico. Un dato che dimostra come l’Italia sia ancora al di sotto dell’obiettivo che l’Unione europea aveva fissato per 2010. E molto lontana dal target del 45 per cento che il nostro Paese dovrebbe raggiungere entro il 2030. 

 

In più, si capisce sempre dal report, «secondo gli ultimi dati disponibili, relativi all’anno scolastico 2021/2022, ancora solo il 38,06 per cento delle classi della scuola primaria è a tempo pieno. E solo il 54 per cento degli alunni della primaria frequenta la mensa scolastica». Così, nonostante la scuola italiana sia alle prese con un numero sempre minore di studenti, sono 71 mila in meno rispetto a 7 anni fa i bambini che si sono iscritti in prima elementare, le disuguaglianze educative che compromettono i percorsi di crescita non diminuiscono. Anzi si amplificano soprattutto per gli 800 mila studenti con background migratorio che frequentano gli istituti scolastici dell’infanzia, primari e secondari. 

 

Sono minori che, anche se sono nati o cresciuti in Italia, hanno meno opportunità rispetto ai loro compagni di scuola: solo il 53,4 per cento, ad esempio, afferma che gli insegnanti dimostrano fiducia nelle loro capacità di proseguire gli studi conto il 64,5 per cento degli studenti italiani intervistati. Oppure, mentre solo il 5,9 per cento degli studenti con genitori italiani dichiara di essere mancato da scuola per periodi prolungati, anche superiori a sei mesi - uno dei campanelli d’allarme della dispersione scolastica - afferma di averlo fatto  l’11 per cento degli studenti con background migratorio. L’8,3 per cento ha fatto lunghi periodi d’assenza perché non c’erano posti disponibili a scuola, il 3,2 per cento a causa della conoscenza limitata della lingua italiana, il 2,2 per aiutare i genitori e il 2,5 perché crede che la scuola non sia utile. 

 

Le percentuali, però, scendono nettamente tra i minori con background migratorio che hanno la cittadinanza italiana:  Solo l’1,5 per cento, infatti, afferma di non aver trovato posto a scuola. Mentre quasi nessuno sostiene di non conoscere la lingua o di dover restare a casa per aiutare la famiglia, o pensa che la scuola sia inutile. Così avere la cittadinanza italiana influisce positivamente. Anche sul livello di istruzione. 

 

Per questo, per fare in modo che il nostro Paese colga l’opportunità di riconoscere e valorizzare le diversità a scuola. Ma soprattutto affinché gli 800 mila bambini, bambine e adolescenti che sono italiani di fatto, ma non di diritto in base a una legge che risale a trent’anni fa, possano ottenere la cittadinanza, Save the Children ha lanciato la campagna “Cittadinanza italiana per i bambini nati o cresciuti in Italia. È il momento di riconoscere i loro diritti!”. Con cui chiede al Parlamento italiano di riformare la legge sulla cittadinanza e di consentire ai minori nati in Italia o arrivati nel nostro Paese da piccoli, figli di genitori regolarmente residenti, di diventare italiani prima del compimento della maggiore età.