Opere inutili
La Pedemontana di Luca Zaia è un altro ponte sullo Stretto: 15 miliardi di costi e un salasso per i conti pubblici
Nella corsa agli sprechi il presidente veneto riesce a battere anche Matteo Salvini. Per costruire meno di 100 km di superstrada la giunta regionale taglia su tpl e sicurezza. A tutto beneficio dei privati come Dogliani e gli spagnoli di Sacyr
Magari la intitoleranno a San Sebastiano la superstrada pedemontana Veneta, in sigla Spv. Il pio Luca Zaia, votatissimo presidente di regione alla difficile ricerca di un terzo mandato nel 2025, si è detto trafitto da frecce scoccate da archi amici, o ex amici, proprio come il martire di Narbona. Chi sa che dovrebbero dire i veneti che rischiano il baratro per un’infrastruttura devastante sul piano dei conti pubblici.
Il percorso di 94,5 chilometri (162 con le opere accessorie) che collega le province di Vicenza e di Treviso è costato quasi 3 miliardi di euro di sole opere più 12 miliardi fino al 2059 quando scadrà l’accordo capestro firmato con il concessionario, il consorzio Sis di Matterino Dogliani e degli spagnoli di Sacyr che controlla Spv.
Il contratto prevede che la regione paghi un canone a Sis e in cambio incassi i pedaggi. I dati del bilancio presentati in consiglio regionale il 10 dicembre scorso prevedevano un saldo negativo fra entrate e uscite di 60 milioni di euro nel triennio 2024-2026. Va ancora bene perché il canone salirà vertiginosamente negli anni successivi fino a un massimo di 450 milioni l’anno. «Gli incassi effettivi da casello del 2023 hanno portato 65 milioni di euro», dice il consigliere democrat Andrea Zanoni. «Ammettiamo anche che con il completamento del tracciato arrivino a 100 milioni di euro. Su una media di 300 milioni di canone annuo ci sarà un rosso di 200 milioni. Le conseguenze si stanno vedendo già adesso. Nella sanità le liste d’attesa si allungano. All’ultimo bando per la sicurezza stradale dei 301 comuni con le carte in regola solo 79 hanno ottenuto il finanziamento. Gli sconti agli studenti per il trasporto locale sono stati tagliati con aumenti del 30-40 per cento e Matteo Salvini è la terza volta che viene a tagliare nastri e a dire che Spv va presa a modello».
I segnali di allarme non hanno impedito a Zaia di trascorrere un Natale memorabile, coronato il 28 dicembre 2023 dall’ennesima inaugurazione alla presenza del ministro delle infrastrutture e vicepremier Salvini, di cui Zaia è stato indicato come il rivale, insieme a Giancarlo Giorgetti del Mef, quando è evidente che, di questi tempi, la guida della Lega non la vuole nessuno con un minimo di buon senso.
Meglio per Zaia restare fra le mura di casa e attendere la prossima e forse definitiva inaugurazione della Pedemontana. Entro la prima metà dell’anno, cioè a breve, dovrebbero essere conclusi i lavori del tratto finale fra Montecchio Maggiore (Vicenza) e Spresiano (Treviso) con il collegamento all’A27 Venezia-Belluno.
Solo per questo lotto è servito un finanziamento da 450 milioni di euro fornito dagli statunitensi di Gip (global infrastructure partners). Prima di loro hanno volentieri contribuito Jp Morgan, Imi, Akros, Santander, piazzando un bond da quasi 1,6 miliardi di euro garantito dalla regione a tassi molto alti. E oggi Sis chiede 361 milioni in più perché non c’è esempio di project financing che stia alla pari con la Pedemontana. «La normativa», si legge sul sito di Spv, «richiede che siano allocati in capo al concessionario almeno due dei tre rischi principali, ovvero: rischio di costruzione, rischio di disponibilità, rischio di domanda. Nel caso della Superstrada Pedemontana Veneta, sono trasferiti a Spv spa il rischio di costruzione ed il rischio di disponibilità».
Con questo schema l’accordo con Sis scarica tutto il rischio sul contribuente. Quanto ai ritardi del costruttore, sono stati attribuiti agli acts of God delle polizze assicurative: pandemia, rincari, invasione dell’Ucraina.
Per le finanze regionali poteva andare peggio. La prima convenzione con Sis nel 2009, quando la giunta era guidata da Giancarlo Galan e Zaia era vicepresidente da quattro anni, prevedeva l’esenzione del pedaggio per i settanta comuni del tracciato. Nel 2013, con Zaia numero uno, le esenzioni venivano applicate soltanto agli over 70 e agli under 22, in sostanza a chi non lavora. Il piano finanziario veniva ribaltato accollando alla regione un canone colossale di 18 miliardi in 39 anni.
La svolta definitiva risale alla terza convenzione del 2017. Con il Sis in grave difficoltà a reperire finanziamenti sul mercato, Zaia e il suo braccio destro per la Pedemontana Elisabetta Pellegrini, che nel dicembre 2022 è stata promossa alla struttura tecnica di missione del Mit di Salvini, hanno accollato alla regione un canone da 12 miliardi di euro. Per rinsaldare il patto, Zaia ha dato al concessionario 300 milioni di euro in più per accelerare le opere che erano talmente in ritardo da giustificare una rescissione del contratto. Lo Stato ha fatto la sua parte con 614 milioni di euro.
A più riprese e invano la Corte dei conti del Veneto ha chiesto che fossero applicate le penali sui ritardi, pari a un paio di milioni, e che fosse restituita Iva non dovuta per altri 20 milioni. «Il concessionario è in ritardo nella consegna dell’opera complessiva, che avrebbe dovuto avvenire il 20 settembre 2020», aggiunge la magistratura contabile nell’ultima relazione del 24 maggio 2023.
Ma perché guastare l’atmosfera? Zaia e Dogliani sono diventati ottimi amici tanto che Sis si è da poco aggiudicata la gara da 200 milioni per la Treviso-mare. A cementare il legame ci sarebbero i rapporti che il costruttore di Narzole (Cuneo) ha in Vaticano.
Spv ha distribuito decine di milioni fin dalla fase di progettazione quando il gruppo Dogliani ha incassato 34 milioni di euro, mentre alla direzione lavori c’era Stefano Perotti, ingegnere di Spm consulting. Com’è accaduto nel caso del Mose di Venezia, per i collaudi si è attivato il sistema degli alti dirigenti dell’Anas. Fra questi c’è l’attuale responsabile della Toscana Stefano Liani, ex direttore progettazione con incarico di valutare la Ragusa-Catania e la Orte-Mestre, le due opere di Vito Bonsignore oggetto dell’indagine romana sul sistema Verdini. Su Spv ha lavorato anche Eutimio Mucilli, ingegnere teatino che ha esordito con il concittadino Carlo Toto. Oggi Mucilli è oberato di incarichi. Dopo la tornata di promozioni dell’agosto 2022, è responsabile degli investimenti e realizzazioni in Anas, ad della Quadrilatero Umbria-Marche (3 miliardi di euro di costi), commissario della tangenziale di Lucca da giugno 2021 e della bretella autostradale della Val Trompia, bacino di voti leghisti. In passato è stato alla guida di Cav, la società mista fra Anas e regione incaricata di realizzare il passante di Mestre, e per almeno un biennio (2015-2016) è stato uno dei manager pubblici più pagati con un reddito annuale di poco inferiore a mezzo milione di euro.
Mentre progettisti e collaudatori festeggiano, i pedaggi restano al palo. Le prime stime del piano economico-finanziario parlavano di 33 mila veicoli al giorno. Al momento della terza convenzione questa cifra era già scesa a 18-20 mila. È un traffico di gran lunga insufficiente a pareggiare il canone annuo. Le stime della regione per il 2023 erano di 158 milioni dal casello, quasi il triplo di quelli incassati effettivamente. Nonostante il canone esorbitante, la Spv ha chiuso in passivo gli ultimi due bilanci disponibili (2021 e 2002). Ci penseranno i veneti, leghisti e non, a pagare.