Palazzo Chigi finanzia la mostra itinerante sull’esodo da Istria e Dalmazia. Il convoglio partirà da Trieste e la Rai rilancia con una fiction. Così il governo gioca la carta del revisionismo

L’impiego dei binari a maggior gloria del governo Meloni sta diventando più puntuale di un Frecciarossa. Dopo il Roma-Pompei inaugurato nel caldo torrido dello scorso luglio dalla premier e dal ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, il prossimo 10 febbraio nel giorno del ricordo dell’esodo degli italiani da Istria e Dalmazia sarà inaugurata una mostra itinerante sulle foibe. Il gruppo Ferrovie dello stato, guidato da Luigi Ferraris, metterà a disposizione un treno speciale che per due settimane accompagnerà la mostra lungo la penisola. Il convoglio partirà da Trieste, la città simbolo della cortina di ferro postbellica ma anche la piazza dalla quale Benito Mussolini annunciò le leggi razziali il 18 settembre 1938. Il punto di arrivo sarà Taranto dopo una quindicina di tappe. La mostra sarà curata dall’attore e drammaturgo Leonardo Petrillo, che tre anni fa ha collaborato con Fs per il treno della memoria dedicato al trasporto della salma del Milite Ignoto nel 1921.

 

Secondo fonti interne alla struttura tecnica di missione di palazzo Chigi, la presidenza del Consiglio metterà a disposizione dell’iniziativa un contributo intorno ai 200 mila euro, insufficiente a coprire le spese. Il resto andrà a carico delle Fs i cui vertici sono in scadenza nei prossimi mesi.

 

Nonostante lo stato comatoso delle opposizioni, è possibile che si risvegli qualche forma di polemica sul dilemma se valga di più la memoria o il ricordo. L’etimologia si limita a segnalare il fattore mnemonico contro l’aspetto emotivo che riguarda il cuore. La differenza politica la fanno i governi, anche a costo di forzature storiche. Sabato 27 gennaio 2024, anniversario dell’entrata in Auschwitz dell’Armata rossa, è designato come giornata della memoria delle vittime dell’Olocausto nazifascista in base a una legge varata dal governo Amato II (Ulivo) a luglio del 2000 e trasformata dall’Onu in ricorrenza internazionale nel novembre 2005. Nel marzo 2004, il governo Berlusconi II varò il giorno del ricordo in nome delle vittime italiane delle foibe, le stragi perpetrate dai partigiani jugoslavi.

 

Che sui morti si possa fare della buona propaganda lo dimostra l’acceso dibattito seguito ai tentativi più o meno espliciti di mettere su un livello di parità due eventi tragici ma molto diversi nei moventi e con proporzioni numeriche nell’ordine di uno a mille, a dare per buoni i calcoli di chi stima in 5-6 mila gli infoibati.

 

La tendenza non sembra essere in diminuzione con Giorgia Meloni a palazzo Chigi, nonostante le lezioni di lotta all’antisemitismo date nella conferenza stampa del 4 gennaio dal capo di un governo che schiera ex portatori di bracciali con svastica. Sempre in ambito di aziende pubbliche quest’anno la Rai prevede la messa in onda de “La rosa dell’Istria”, incentrata sul dramma degli esuli istriano-dalmati. Per evitare un nuovo caso “Il cuore nel pozzo”, la serie che nel 2005 aprì una crisi diplomatica con la Slovenia, i dirigenti Rai hanno garantito che “La rosa dell’Istria” non ha rilevanza politica e che la produzione è stata avviata prima della vittoria meloniana alle politiche.